Una colata di cemento ci sepellirà

14 luglio 2010

Garibaldi A., Massari A., Preve M., Salvaggiulo G., Sansa F. (a cura di), La Colata. Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuro. Collana Principio Attivo, Chiarelettere 2010, 544 pagine, 16,60 euro

Proprio nell’anno delle new town abruzzesi, del nuovo Piano casa, delle proposte per il condono per gli abusi già realizzati nelle aree vincolate, il libro La Colata racconta con dovizia di particolari l’inarrestabile avanzata del “partito del cemento”. Gli autori – cinque giornalisti che scrivono su alcune delle più importanti testate della penisola – tracciano il ritratto inquietante di un paese in mano agli speculatori edilizi. Senza risparmiare nomi e cognomi di affaristi, banchieri, cardinali, sindaci e deputati, La Colata racconta senza censure cosa sta succedendo in tutti gli angoli d’Italia: la Sardegna in mano agli affaristi, le Langhe trasformate in shopville, il Brenta violentato, gli affari della Chiesa nelle città liguri, le grandi operazioni di Ligresti a Milano e di Caltagirone a Roma, la storia triste di Bagnoli.
Gli autori ci ricordano che tra il 1990 e il 2005 sono stati divorati 3,5 milioni di ettari di suolo, cioè una regione più grande di Lazio e Abruzzo messi insieme, ad un ritmo di 244.000 ettari all’anno (in Germania, per fare un confronto, il ritmo è quello di 11.000 ettari all’anno).
Potevano forse le Alpi sfuggire al falso mito del cemento? Naturalmente no. A valle di una stagione in cui la febbre per “l’oro bianco” e per le grandi stazioni di villeggiatura alpine sembrava definitivamente passata, il libro testimonia invece il ritorno di nuovi grandi interventi speculativi legati allo monocultura turistica: resort, nuovi impianti sciistici, seconde case. Operazioni del tutto anacronistiche, lontane da ogni scelta razionale e strategica, figlie di un modello di sviluppo divoratore di risorse ambientali e sociali. Accanto alle situazioni più eclatanti come gli scempi sulla Marmolada, vi sono innumerevoli casi speculativi che disegnano una geografia della corruzione diffusa e articolata.
I dati relativi al patrimonio di seconde case nelle Alpi italiane sono impressionanti: le statistiche parlano di 590.000 abitazioni (pari a circa il 75 % dell’intera capacità ricettiva) che per la maggior parte dell’anno risultano inutilizzate. Dato allarmante se si pensa, come ricordano gli autori del libro, che ancora troppi italiani sono senza casa perché mancano gli alloggi sociali essendo solo il 4% delle nuove abitazioni destinato all’edilizia popolare.
Ma non è tutto. Anche per ciò che riguarda la spesa pubblica appare evidente come i grandi finanziamenti siano indirizzati principalmente alla realizzazione di opere faraoniche e dalla dubbia utilità (il Ponte sullo stretto di Messina per tutti), mentre le carenze nell’infrastrutturazione di base e nella difesa del suolo – in un paese prevalentemente montuoso anche al di là del ristretto ambito alpino, dove 5.500 comuni su 8.000 sono a rischio di dissesto idrogeologico – continuano ad essere i principali fattori di arretratezza e di insicurezza del nostro paese.
La Colata vuole sfatare alcuni miti. Innanzitutto quello per cui esiste la necessità di nuove abitazioni. In Veneto, ad esempio, sono state realizzate nuove case per 780.000 abitanti con un incremento di popolazione di sole 280.000 unità. Infine non è così vero che l’edilizia è il volano dell’economia: si creano solo posti di lavoro a tempo determinato e si deturpa un patrimonio unico e irriproducibile che dovrebbe invece essere preso in considerazione per il proprio valore d’”uso” più che per quello di “scambio”, nell’ottica di un’economia improntata sull’attrattività paesaggistica e culturale.
Roberto Dini

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