Persistenze e resistenze a Paraloup

1 settembre 2011

Singolare l’idea di ragionare sull’Italia di oggi partendo dalle “macerie” del passato e del presente, cioè da quei luoghi che non sono più o non sono ancora, comunque marginali rispetto al flusso di denari e corruzioni del centro consumistico del Paese, dunque paradossalmente più capaci di futuro. Una riflessione nata dalla Fondazione Nuto Revelli alla borgata partigiana di Paraloup, nella bassa Valle Stura, dove è stato organizzato insieme all’Università della Calabria il primo festival “Ritorno ai luoghi abbandonati”, dal 6 al 10 luglio scorsi.

«Per tornare a casa ho preso la strada più impervia» recita il testo di un antico gospel. Tornare è infatti un’operazione esaltante e insieme impervia, fisica e insieme mentale, perché viviamo nei luoghi così come attraverso le idee e le parole. Non è un caso che proprio dai luoghi vengano oggi segnali di vita e tracce di racconto: siano i luoghi feriti dalle catastrofi naturali, L’Aquila, l’Irpinia (non meno che dalla loro ricostruzione) ma anche quelli minacciati come la Valle di Susa, o abbandonati nella miseria come i paesi presepe della Calabria o la stessa Paraloup, seguendo la sorte di tante borgate della montagna cuneese. Luoghi che reclamano non solo una memoria (Paraloup ospitò nel settembre 1943 la prima banda partigiana di Duccio Galimberti, Livio Bianco, Nuto Revelli, Giorgio Bocca) ma anche e soprattutto che la loro memoria diventi un’occasione di futuro.
«Ecco allora quant’è importante – recitava l’assunto del festival – rioccupare i nostri luoghi di parole rovesciate: sull’abitare e sul lavorare, sulla montagna e sulla pianura, sul nord e sul sud. Riconsiderando i troppo vuoti (i luoghi ai margini ma per questo aperti a nuove possibilità) in contrapposizione ai troppo pieni che imprigionano le nostre città e le nostre vite. Cogliendo nella fragilità dei luoghi in rovina indicazioni per un vivere e un pensare sostenibile».
Il confronto tra Alpi e Appennini risulta interessante nelle affinità e nelle differenze. Se sulle montagne del centro e del sud Italia manca quasi completamente la dimensione del turismo di massa, certo non mancano realtà di paesi abbandonati ed economie rovesciate del tutto simili alla medie valli alpine, dove l’economia agricola di un tempo ha lascito spazi vuoti di progetti e idee. Al sud come al nord si tratta di solito dei luoghi più integri dal punto di vista naturalistico e architettonico, paesi e borgate da ripensare e riabitare.
Enrico Camanni

Info: www.paraloup.it

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