Ognuno è marziano agli occhi degli altri

5 marzo 2020

A distanza di tre anni dall’inizio del progetto Corpo Links Cluster si raccolgono i frutti di un lavoro capillare, che ha visto protagonisti i territori alpini che uniscono Torino e Chambery. Mercoledì 11 dicembre, a Torino, si è svolto il 9° cluster sul tema “Turismo dolce. Elementi di ricerca scientifica, sviluppo, nuovi approcci e offerte culturali nelle realtà montane”. Presso la Sala Pasolini del Teatro Gobetti si sono dati appuntamento i partner del progetto per incontrare alcuni degli attori territoriali operanti nel campo del turismo conosciuti nel corso dei tre anni di lavoro comune.
Il Teatro Stabile di Torino, nella persona del presidente Lamberto Vallarino Gancia, e Torinodanza Festival, nella persona della direttrice Anna Cremonini, hanno aperto l’incontro ringraziando i partner francesi e italiani per i risultati fin qui ottenuti, utili nel valorizzare i territori di montagna e sviluppare progettualità condivise.

Marie-Pia Bureau, direttrice di Malraux – Scène nationale, ha portato l’esperienza positiva francese, a partire dal rapporto con il mondo del turismo. Se il primo anno il progetto è stato di indagine e sperimentazione, dal secondo anno si è lavorato sui territori cercando di superare la diffidenza nei confronti dei soggetti artistici che avevano una lettura dell’arte in montagna come sola occasione di animazione. E’ stato necessario quindi uno sforzo di ascolto dei territori, che ha portato il terzo anno alla progettazione della prima esperienza di festival nata dalla condivisione, dallo scambio e dalla partecipazione.
«Ognuno è marziano agli occhi degli altri», ha affermato Luca Dal Pozzolo, direttore dell’Osservatorio delle culture in Piemonte e responsabile dell’area ricerca della Fondazione Fitzcarraldo. Introducendo al tema del cluster, Dal Pozzolo ha riconosciuto al progetto Corpo Links Cluster il pregio di aver messo insieme una trasversalità di proposte e punti di vista, dove “l’operatività ha superato l’enunciazione”, in quanto i risultati sono stati pratici e visibili. Riflettere sul tema del turismo dolce in montagna significa condividere buone pratiche e il loro racconto è una buona occasione per avere spunti di riflessione.
Nadine Buès dell’Université Savoie Mont Blanc ha introdotto la relazione del ricercatore Benoit Régent, autore dello studio sul rapporto tra cultura e territorio, che ha ribadito come dalle indagini emerga che «non si va a teatro per il prezzo e la distanza, ma si è interessati ai festival che programmano attività multidisciplinari ed eventi culturali lontani dai luoghi tradizionali». Come mobilitare nuovi pubblici, dunque? La risposta sta nel rapporto più stretto che si deve promuovere tra cultura e territorio, valorizzando la storia locale.

L’antropologa Marianna Bertolino ha raccontato lo studio nelle Alpi Occidentali condotto nel 2015 dall’associazione Dislivelli nell’ambito del progetto Sweet Mountains, che ha avuto come primo obiettivo la raccolta di dati relativi al turismo sostenibile, dolce, lento in montagna per avere un osservatorio sui territori, dove fondamentale è stato il coinvolgimento delle associazioni locali. Le conclusioni dello studio hanno portato alle stesse conclusioni di Benoit Régent: i motivi che spingono le persone a recarsi in montagna sono la natura, lo sport e poi la cultura, intesa come visita a parchi, la conoscenza del patrimonio storico artistico, i musei e l’enogastronomia.
Dal 2015 però sulle Alpi sono nati molti festival che esaltano il rapporto tra cultura e natura. «I festival traducono i territori in un linguaggio nuovo, che tutti possono capire e qualche volta sono organizzati dagli stessi abitanti dei territori», afferma Enrico Camanni, vice-presidente dell’Associazione Dislivelli. Rimane però una grande criticità da affrontare: la poca consapevolezza e volontà delle amministrazioni locali a rivedere l’offerta culturale e turistica.
Seguono le riflessioni e testimonianze di chi lavora e vive in montagna. E’ il caso di Silvia Rovere, sindaca di Ostana, comune che ha rischiato di morire negli anni ’80. «Il bello porta il bello», afferma, perché partendo dalla tradizione occitana, dal patrimonio architettonico preservato del comune, si è fatto spazio un nuovo modello di turismo dolce che va a rispondere a una nuova richiesta delle persone: si cercano natura e coccole più che passatempi e tecnologia.
«Le popolazioni sono sopravvissute nei secoli perché sono state capaci di riorganizzarsi e hanno investito sulla comunità», ha affermato Daniele Pieiller, presidente dell’Associazione NaturaValp. Pieiller riflette sulla necessità attuale di ripartire dalla comunità per fare rete e creare nuovi modi di vivere la valle superando il binomio sci-montagna. Dello stesso parere è Valentina Iorio dell’Agrap, Associazione gestori rifugi alpini e posto tappa del Piemonte, che nel suo intervento porta il caso della Valle di Susa, dove l’investimento sul turismo dolce è ancora carente e un lavoro in rete di studio e promozione di un nuovo modo di vivere la montagna è auspicabile. A favorire i processi potrebbe essere lo sviluppo di quelle infrastrutture che connettono i territori montani alla città, ha affermato nel suo intervento la guida turistica Ambientale Alessandra Masino. La montagna raccontata dalle guide alpine, ha sottolineato Giulio Beuchod, Presidente del Collegio regionale delle Guide Alpine del Piemonte, dovrebbe superare il mito di quello che era e valorizzare la montagna per come è ora in un’ottica d’innovazione.
Ma allora, qual è la metodologia che il turismo dolce dovrebbe adottare? «I turisti devono ricevere ascolto – ha affermato Michela Formento dell’Associazione Ecoturismo Marittime -, ma anche la comunità deve essere ascoltata». Il turismo dolce secondo Formento non è da considerarsi un modello arretrato di turismo, ma innovativo, che la gente ricerca. Anche se oggi viene percepito ancora come un settore poco strutturato e poco riconosciuto sulle nostre Alpi. Francesco Pastorelli, direttore di Cipra Italia, condivide le riflessioni dei partecipanti al cluster sulle potenzialità e i limiti dei territori nella costruzione di percorsi di turismo dolce duraturi. Afferma che una grande potenzialità per la cultura potrebbe essere quella di agire sulla stagionalità, facendo una programmazione fuori dalle stagioni forti e trasformando il limite delle distanze in un’opportunità per i turisti di vivere appieno un luogo sconosciuto, grazie però a strutture turistiche adeguate. La sfida è far convivere qualità ed etica, due elementi fondamentali nel turismo sostenibile, dove le azioni messe in atto non siano solo sui territori, ma anche per i territori.
La sfida è la sostenibilità, in tutti i suoi aspetti. E’ necessario saper tradurre in sviluppo economico di un territorio la valorizzazione della sua cultura, superando gli individualismi e puntando su un’identità comune condivisa. Federico Rial di Paysage à manger, Valle d’Aosta, porta l’esempio del progetto di riscoperta e produzione di 60 varietà di patate tipiche delle Alpi, realizzata con fatica grazie all’aiuto della Fondazione svizzera ProSpecieRara. Aldo Buzio di Ideazione srl porta l’esempio del progetto di incubatore di impresa giovanile in montagna promosso dalla Fondazione Garrone insieme a Cariplo: dopo 7 campus di formazione realizzati e la selezione di decine di idee di impresa, è sempre più evidente che i giovani imprenditori interessati a investire in montagna sono spinti da una visione di sostenibilità in montagna come motore di sviluppo. Puntare sulle giovani generazioni può essere una strada per facilitare il passaggio tra il “fare comunità” e il “diventare comunità”, ribadisce Monica Re del Collegio Regionale delle Guide Alpine del Piemonte.
«La montagna produce un’orografia nella mente delle persone e per le persone», conclude Luca Dal Pozzolo. «Il tema della comunità è da ripensare in termini di società locale, di costruzione comune e radici del futuro».
Marcella Rodino

www.corpolinkscluster.eu

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Chacun est martien aux yeux des autres

Trois ans après le début du projet Corpo Links Cluster, on récolte les fruits d’un travail très ramifié dont les protagonistes ont été les territoires alpins qui relient Turin et Chambéry.
Mercredi 11 décembre, à Turin, s’est tenu le 9ème cluster sur le thème “Tourisme doux. Éléments de recherche scientifique, développement, nouvelles approches et offres culturelles dans les réalités de montagne”. Le projet transfrontalier inscrit au programme Italie – France ALCOTRA 2014-2020 propose un nouveau modèle de coopération transfrontalière entre deux importants centres de production artistique (Espace Malraux de Chambéry et Teatro Stabile di Torino ‐ Teatro Nazionale), les opérateurs touristiques territoriaux, les partenaires économiques et les chercheurs universitaires.
Dans la Salle Pasolini du Teatro Gobetti se sont donné rendez-vous le 11 décembre les partenaires du projet (le chef de file Espace Malraux ‐ Scène Nationale de Chambéry et de la Savoie, Teatro Stabile di Torino ‐ Teatro Nazionale / Torinodanza Festival, Association Dislivelli et Université Savoie ‐ Mont Blanc) qui ont rencontré, à l’occasion du cluster, différents acteurs territoriaux avec qui ils ont travaillé pendant trois ans.
Le Teatro Stabile di Torino, en la personne du président Lamberto Vallarino Gancia, et Torinodanza Festival, en la personne de la directrice Anna Cremonini, ont ouvert la rencontre en remerciant les partenaires français e italiens pour les résultats obtenus par le projet Corpo Links Cluster, tous animés de l’intention de valoriser les territoires de montagne et de développer des projets partagés, visant à réaliser des processus participatifs et de nouvelles façons de vivre les territoires. Chacun préservant ses spécificités.


Marie-Pia Bureau, directrice de Malraux – Scène Nationale, a fait part de l’expérience française, à partir de la relation avec le monde du tourisme. La première année le projet a été développé sur la recherche et l’expérimentation, mais à partir de la deuxième année on a travaillé sur les territoires en essayant de surmonter la méfiance envers les sujets artistiques qui considéraient l’art en montagne comme seule chance d’animation. Il a fallu un effort d’écoute des territoires, qui a porté, la troisième année, à la réalisation de la première expérience de festival, née grâce à la mise en commun, à l’échange et à la participation.
“Chacun est martien aux yeux des autres”, a affirmé Luca Dal Pozzolo, directeur de l’Observatoire des cultures en Piémont et responsable du secteur de la recherche de la Fondation Fitzcarraldo. En introduisant le thème du cluster, Dal Pozzolo a reconnu au projet Corpo Links Cluster le mérite d’avoir mis en place une transversalité de propositions et points de vue, où “l’opérativité a dépassé l’énonciation”, puisque les résultats ont été concrets et visibles. Réfléchir sur le thème du tourisme doux en montagne signifie partager de bonnes pratiques, et leur récit est une bonne occasion d’apporter des éléments de réflexion.
Mais commençons par la recherche. Nadine Buès de l’Université Savoie Mont Blanc a introduit la rélation du chercheur Benoit Régent qui pour le projet a réalisé une étude sur le rapport entre culture et territoire avec l’objectif de développer des liens entre les artistes et les populations locales, en fixant un cadre méthodologique pour les sujets et les territoires à l’avenir. La recherche s’est déroulée en deux phases: la première a analysé 249 questionnaires et 70 entretiens. Deux catégories ont été dégagées, celle des “non publics” et celle des “publics”. Les premiers considèrent la culture un produit, tandis que pour les seconds la culture est “une expérience”. On ne vas pas au théâtre pour le prix et la distance, mais on est intéressés aux festivals qui envisagent des activités multidisciplinaires et des événements culturels à l’écart des lieux traditionnels. Alors, comment mobiliser de nouveaux publics? La réponse réside dans la rélation plus étroite qu’il faut promouvoir entre culture et territoire, en valorisant l’histoire locale. L’exemple utilisé par Régent est celui de la Savoie qui face à une augmentation des sites d’intérêt, présente un système d’offre culturelle dont les structures sont classiques et peu diversifiées. L’étude a commencé par l’analyse de projets internationaux, comme Horizon – Ars Nature Festival, né pour donner une visibilité à un territoire, et atteignant 22000 participants, mais grâce à un grand travail d’engagement du territoire, des acteurs locaux, et grâce à la participation des habitants et à la valorisation des compétences spécifiques de tous. Les systèmes d’autofinancement, les réunions publiques et de communication sur le territoire ont permis au Festival de devenir un outil de promotion historico-culturelle du lieu.
“La distance physique ne doit pas effrayer; ce dont on doit s’occuper est la distance mentale”, affirme Dal Pozzolo en reprenant la parole. Il est essentiel de faire sortir la culture des territoires de montagne afin de la proposer à nouveau d’une façon contémporaine à travers l’art et le sport.


L’anthropologue Marianna Bertolino a raconté d’une étude sur ce même thème dans les Alpes occidentales menée par l’Association Dislivelli en 2015 dans le cadre du projet Sweet Mountains, dont le premier but était de collecter des données concernant le tourisme soutenable, doux, lent, en montagne, pour avoir un observatoire sur les territoires. L’engagement des associations locales a été fondamental. Les conclusions de l’étude ont été les mêmes de Benoit Régent: les raisons pour lesquelles les gens se rendent à la montagne sont la nature, le sport, et puis la culture, entendue comme visite des parcs, connaissance du patrimoine historico-artistique, les musées et l’œnogastronomie. Depuis 2015 toutefois sont nés beaucoup de festivals qui exaltent le rapport entre culture et nature. “Les festivals traduisent les territoires dans un langage neuf, qui tout le monde peut comprendre et qui sont souvent organisés par les habitants des territoires”, affirme Enrico Camanni, vice-président de l’Association Dislivelli. Néanmoins il subsiste un point critique: le manque de conscience et de volonté des administrations locales à réviser l’offre culturelle de leurs territoires. Dans la salle se trouve la musicienne et co-fondatrice du festival Etétrad en Val d’Aoste, qui raconte d’un public curieux et respectueux des lieux, intéressé à vivre l’expérience d’une façon profonde. Le succès de l’initiative aujourd’hui a conduit les organisateurs à de nouveaux objectifs. Tout d’abord celui de chercher, dans les prochaines éditions, de faire dialoguer la musique avec d’autres arts, comme la danse et le théâtre.
Cela a été suivi par les refléxions et les témoignages de ceux qui travaillent et vivent en montagne. Comme Silvia Rovere, maire de Ostana, commune qui a risqué de mourir dans les années 80. “Le beau porte le beau”, dit-elle, puisque en partant de la tradition occitane, du patrimoine architectural préservé de la commune, un nouveau modèle de tourisme doux est apparu, qui répond à une nouvelle demande des personnes: on cherche la nature et les “câlins” plutôt que les passe-temps et la technologie.
“Les populations ont survécu pendant les siècles parce qu’elles ont été capables de se réorganiser et ont investi dans la communauté”, a dit Daniele Pieiller, président de l’Association NaturaValp. Pieiller réfléchit sur la nécessité actuelle de repartir de la communauté pour faire réseau et créer de nouvelles façons de vivre la vallée, tout en dépassant le binôme ski-montagne. Du même avis est Valentina Iorio de l’Agrap, qui dans son intervention a parlé du cas du Val de Suse, où la recherche sur le tourisme doux est cruciale, et un travail en réseau d’étude et de promotion d’un nouveau mode de vivre la montagne est souhaitable. À favoriser les processus pourrait être le développement des infrastructures qui relient les territoires de montagne à la ville, a dit dans son intervention Alessandra Masino, guide touristique environnementale. La montagne racontée par les guides de montagne, a souligné Giulio Beauchod, président du Collège Régional des Guides de Montagne du Piémont, devrait dépasser le mythe de ce que c’était et valoriser la montagne comment elle est maintenant, dans une optique d’innovation.
Donc quelle est la méthode que le tourisme doux devrait adopter? “Les touristes doivent être écoutés – a dit Michela Formento de l’Association Ecoturismo Marittime -, mais la communauté aussi doit être écoutée”. Le tourisme doux selon Formento ne doit pas être considéré comme un modèle de tourisme en retard. Il peut donner cette impression au moment où, par rapport à la ville, il offre un éventail moins large de services.
Le tourisme doux en montagne, en effet, ne constitue pas encore un secteur stable et reconnu dans nos Alpes. Francesco Pastorelli, directeur de Cipra Italia, partage les réflexions des participants au cluster sur le potentiel et les limites des territoires dans la construction de parcours durables de tourisme doux. À son avis, il faudrait travailler sur la saisonnalité, en créant une programmation hors saison, et transformant la limite de la distance en opportunité pour les touristes, afin de vivre pleinement un endroit inconnu, grâce aussi à des structures touristiques adéquates. Le défi est de faire coexister la qualité et l’éthique, deux éléments fondamentaux du tourisme soutenable, où les actions proposées doivent non seulement être sur les territoires, mais conçues pour les territoires.
Le défi est la durabilité, dans tous ses aspects. Il faut être capables de traduire en développement économique d’un territoire la valorisation de sa culture, en dépassant les individualismes et en misant sur une identité commune partagée. Federico Rial de Paysage à manger – Slow Food Val d’Aoste donne l’exemple du projet de redécouverte et production de 60 variétés de pommes de terre typiques des Alpes, réalisé avec beaucoup d’efforts grâce au concours de la fondation suisse ProSpecieRara, malgré la difficulté à proposer le produit au sein des communautés. Aldo Buzio de Ideazione srl donne l’exemple du projet en cours d’incubateur de jeunes entreprises  en montagne. Après 7 stages de formation, 10-15 idées d’entreprise avec autant d’entrepreneurs, ont été selectionnées. Beaucoup d’entre eux vivent en ville, mais sont prêts à découvrir un environnement nouveau, en partageant une vision de durabilité en montagne comme moteur de développement. Miser sur les jeunes générations peut être une façon pour faciliter le passage entre “faire communauté” et “devenir communauté”, souligne Monica Re du Collège Régional des Guides de Montagne du Piémont.

“La montagne produit une orographie dans les esprits des gens et pour les gens”, conclut Luca Dal Pozzolo. “Le thème de la communauté est à repenser en termes de société locale, de construction commune et de racines de l’avenir”.
Marcella Rodino

www.corpolinkscluster.eu

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