Melting pot tra gli ulivi

16 marzo 2010

«I primi a venire sono stati dei turisti olandesi alla fine degli anni ‘60, sono arrivati per caso, per turismo e hanno deciso di comprare una casa e stabilirsi», spiega Fausto Molinari, sindaco di Airole, poco più che trentenne, a differenza di molti dei nuovi abitanti del suo comune. «In gran parte sono pensionati che hanno deciso di venire a vivere ad Airole soprattutto per via del clima quasi sempre mite, specialmente rispetto a quello dei paesi da cui provengono: Germania, Olanda, Svezia, Finlandia, Inghilterra».
Non tutti gli stranieri che si sono trasferiti ad Airole sono in pensione. Steven Taylor, ad esempio, era il direttore di una discoteca di Manchester fino a quando alcuni anni fa; a oltre 40 anni si è innamorato di questo borgo di montagna affacciato sul mare e ha deciso di cambiare vita, lasciando casa, amici e lavoro e diventando il guardiano di un condominio.
«Ho deciso di venire qui perché è un posto bellissimo – racconta con il suo forte accento inglese –. E poi la gente che ci abita è gentilissima, mi hanno accolto with their open arms, come dite voi in italiano?».
La presenza dei nuovi abitanti stranieri ha in parte contrastato gli effetti di decenni di emigrazione delle famiglie airolesi verso la costa e le fabbriche francesi, permettendo anche il recupero di molte abitazioni del centro storico.
«Alcune vie del centro del paese erano chiuse per il pericolo di crolli. Ora invece molte case sono state ristrutturate, anche grazie all’esempio dato dagli stranieri» ricorda il sindaco.
In un paese così piccolo, dove perfino il parroco è di origine indiana, sembrerebbero inevitabili dei conflitti tra i nuovi abitanti e la popolazione originaria.
«Invece non ce ne sono mai stati – conclude Molinari –. Gli unici ad avere avuto qualche perplessità sono stati alcuni anziani che si stupivano del fatto che si vendessero le case a quegli stessi tedeschi che durante la guerra avevano bombardato il paese».
Giacomo Pettenati

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