Meirare. Architetture migranti in Val Varaita

30 maggio 2014

Il patrimonio architettonico degli alpeggi d’alta quota è stato oggetto negli anni scorsi di una interessante esperienza di ricerca che ha indagato nello specifico i territori a cavallo tra la Valle Po e la Val Varaita, nel Cuneese.
Lo studio, che ha dato vita anche a una mostra ospitata tra il 2009 e il 2011 a Oncino, Sampeyre e Brossasco, è stato realizzato dagli architetti Barbara Martino ed Enrica Paseri, componenti del gruppo di ricerca coordinato dall’architetto Daniela Bosia del Cesmo-Politecnico di Torino, grazie ai finanziamenti della Fondazione Crt nell’ambito del “Progetto Alfieri”.
Gli alpeggi analizzati sono posizionati a monte di Sampeyre e a monte di Oncino a un’altitudine compresa tra i 1400 m.s.l.m. e i 2500 m.s.l.m., rispettivamente sul versante sud (l’adret) e nord (l’ubac) delle valli.

Il tema centrale della ricerca riguarda il “Meirare” dal toponimo Meire, meirar dal latino migrare, e legato cioè allo spostamento di uomini, animali e materiali che costituisce proprio la ragion d’essere di tali insediamenti. Questi movimenti si sono nel tempo modificati andando a operare una sorta di selezione sui percorsi esistenti: alcuni sono stati abbandonati, altri trasformati e ampliati con il conseguente abbandono o modificazione delle meire e delle borgate toccate. Il lavoro mette in luce come la costruzione degli antichi insediamenti fosse aderente al paesaggio e all’orografia naturale essendo profondamente legata alla buona esposizione, alla reperibilità di acqua e materiali da costruzione, alla disponibilità di pascoli, all’accessibilità, alla sicurezza.
Gli alpeggi costituiscono dunque ancora oggi una grande lezione di sostenibilità architettonica e insediativa, ancora di più in un momento in cui la ristrettezza in primis economica ci obbliga a ripensare nuovamente in un’ottica di ottimizzazione dei mezzi e delle risorse.

A questo proposito vengono anche illustrati spunti su come intervenire su tale patrimonio, trasformandolo o adattandolo per le esigenze contemporanee, rispettando al contempo i luoghi e l’opera degli uomini e delle donne che ci hanno preceduto. Il lavoro è stato reso possibile grazie soprattutto all’apporto degli stessi fruitori degli alpeggi attraverso interviste e testimonianze.
Da questo studio muove anche la recente tesi di laurea – in corso di svolgimento – degli studenti Simone Pavia e Riccardo Pozzali (relatori Daniela Bosia e Roberto Dini) che sta elaborando un progetto di riqualificazione e di messa in rete di alcune malghe sottoutilizzate che, pur conservando l’utilizzo produttivo dell’alpeggio, sperimenta l’integrazione con funzioni legate alla ricettività, alla didattica e alla ricerca sui temi dell’allevamento e della zootecnia.
Roberto Dini

Commenti: 1 commento

  1. architetto elisa martone scrive:

    LA BELLEZZA DEL PAESAGGIO MONTANO dipende anche dalla presenza dell’uomo-pastore-animali, vediamo tutti insieme: architetti, agronomi, protettori di animali selvatici che la sopravvivenza e la convivenza non sono affatto facili…grazie per l’interesse e chiedo s’è possibile risalire alle immagini o al catalogo della mostra !

    Cordialità

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