L’alternativa

2 aprile 2016

Nell’immaginario collettivo la pratica dello sci alpino prevede avveniristici impianti di risalita che servono smisurati caroselli dove l’azione combinata dei gatti delle nevi e degli impianti di innevamento artificiale è in grado di garantire piste innevate e lisciate come tavoli da biliardo anche negli inverni meno nevosi. Non a caso si parla di industria dello sci, di un settore economico altamente tecnologico che, nonostante la crisi economica e i danni provocati dal riscaldamento climatico, crea ogni inverno migliaia di posti di lavoro tenendo in vita intere valli alpine. Ma è possibile, in questo scenario, immaginare l’esistenza di piccole stazioni sciistiche che sopravvivono senza seggiovie, skilift, mezzi battipista o cannoni da neve?
Valter Bossa e Marta Nicolino hanno preso in gestione il piccolo comprensorio di Pian Muné in Valle Po, Provincia di Cuneo, a dicembre 2012 dopo che il Comune di Paesana si era dichiarato incapace di coprire le spese di revisione e adeguamento della seggiovia.

«Abbiamo dovuto fare di necessità virtù – ricorda Marta – rimboccandoci le maniche e inventandoci di sana pianta una nuova forma di fruizione di queste montagne. Siamo partiti aprendo il ristorante all’arrivo degli impianti e utilizzando il gatto delle nevi per battere la pista e ci siamo presto resi conto che esisteva un discreto bacino di ciaspolatori e scialpinisti interessati a raggiungerci durante le loro escursioni. Così abbiamo continuato ad ampliare l’offerta segnalando e tracciando un’ampia gamma di percorsi di diverse difficoltà a lunghezze e abbiamo avviato un importante lavoro di promozione attraverso internet e i social media finché, all’inizio di questo inverno, abbiamo riaperto gli impianti e abbiamo inaugurato un nuovo bellissimo rifugio alla base delle piste».
Marta però rimane con i piedi per terra, nonostante lei e il compagno siano riusciti a resuscitare una storica stazione sciistica partendo praticamente da zero. «Negli scorsi inverni abbiamo registrato un elevato numero di presenze, ma quest’anno osserviamo che con la seggiovia in funzione il numero medio di frequentatori nel weekend è raddoppiato. Funziona l’idea di un comprensorio adatto alle famiglie, dove i bambini possono avvicinarsi allo sci, mentre i genitori si intrattengono con un’escursione sulla neve oppure rilassandosi al sole della terrazza. Questo aspetto è sempre stato il valore aggiunto delle piccole stazioni che offrono prezzi ridotti e servizi alla portata di tutti».

Se i gestori di Pian Muné hanno subìto l’iniziale impossibilità ad aprire la seggiovia, a Beaulard in Alta Valle di Susa una stazione sciistica è rinata dove gli impianti erano stati smantellati ormai da una ventina d’anni. «Nell’inverno 2013-2014 abbiamo costituito la società Promont Ski – esordisce Daniele Chareun – con l’idea di ricreare una località sciistica nel paese dove siamo nati, dove abitiamo e dove abbiamo mosso i primi passi sulla neve. Siamo tre soci che hanno investito il proprio denaro per portare avanti un sogno creando una stazione sostanzialmente priva di impianti. Infatti abbiamo acquistato un gatto delle nevi per battere le vecchie piste che conducevano al Rifugio Guido Rey e alla punta Chamosset. È stato un modo per attirare molti scialpinisti alle prime armi che volevano cimentarsi con l’attività su un terreno sicuro e tracciato. Inoltre abbiamo creato il parco Le Manavelle con un tapis roulant per chi vuole imparare a sciare e una pista di snow tubing per chi vuole provare l’ebbrezza di scivolare su un percorso con salti e curve paraboliche. Con la crisi economica osserviamo che le famiglie e le scuole preferiscono una piccola stazione come la nostra rispetto alla vicina Bardonecchia».
Poco lontano da Beaulard, nella vicina Val Chisone, il comune di Pragelato ha scientemente scommesso su un cambio di prospettiva nell’offerta turistica. «Dall’inizio dello scorso inverno – ragiona Daniele Rochail, vicesindaco – abbiamo creato il Pragelato Natural Terrain riaprendo i vecchi impianti sciistici della località per la pratica del freeride. In pratica, abbiamo rimesso in funzione una seggiovia e uno skilift, ma non battiamo le piste. La nostra è stata una decisione strategica assunta per offrire ai turisti una proposta diversa, ma complementare a ciò che si può trovare nei comuni limitrofi che fanno parte del grande comprensorio sciistico della Via Lattea. Coloro che visitano le nostre valli per le piste possono trovare anche un’offerta più selvaggia, immergendosi in un ambiente naturale meno compromesso dalle infrastrutture, per praticare il fuoripista che tutte le indagini di mercato considerano una tendenza in forte crescita».
Sembra che tra i colossi dello ski business, stia nascendo un’offerta sciistica artigianale confezionata con le risorse a disposizione e ritagliata a misura del territorio in cui si pratica. Piccolo è bello!
Simone Bobbio

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