La nuova giovinezza dello scialpinismo

5 dicembre 2013

Inquadrare lo stato di salute dello scialpinismo a livello italiano e internazionale non è impresa semplice, ci sono poche informazioni e sono per lo più custodite gelosamente. Una cosa è certa, sta bene e continua a crescere costantemente, attirando sempre più  praticanti. Proviamo a fare qualche numero che ci aiuti a definire il fenomeno: il mercato globale degli sci da alpinismo si attesta su circa 3.100.000 paia. Non tutte le nazioni forniscono stime esatte o attendibili del numero di praticanti attivi, ma alcune lo fanno: la Germania ne ipotizza 300.000, l’Austria 500.000. In Italia non esiste un dato certo. Skipass Panorama Turismo – ricerca presentata in occasione della fiera Skipass di Modena lo scorso 31 ottobre – ha stimato 48.000 praticanti, con un incremento del 17% rispetto allo scorso inverno. Questo numero ci sembra francamente riduttivo del fenomeno in Italia, a meno che non si vogliano considerare solamente i praticanti assidui e costanti, ma forse non basta nemmeno. Un dato più verosimile potrebbe attestarsi tra 90.000 e 110.000. Recentemente ho intervistato l’amico Reiner Gerstner, brand manager del gruppo Salewa/Oberalp, proprio per fare chiarezza su questo argomento. Mi ha spiegato che la quota dello scialpinismo sull’ammontare totale di chi va in montagna rappresenta circa il 15% su scala mondiale, ma il dato più interessante è che prevede, entro 5/7 anni, un incremento che la porterà a superare il 50% del totale! Fino a dieci anni fa il fenomeno era tutto europeo, con una quota di mercato dell’80%, da qualche stagione è in crescita l’importanza del mercato nordamericano, che ha quasi affiancato quello del vecchio continente.

Un dato che fa pensare, ma che tutto sommato riflette alcune tendenze ben evidenti. Alla base di tutto sta il nuovo concetto di sci ‘human powered’ (a trazione animale, per parlare come si mangia). La crescita della cultura sportiva, del fitness in generale, è ben evidente e sotto gli occhi di tutti, anche in un paese di tifosi più che di sportivi come l’Italia: basti vedere quanta gente inizia a correre e a frequentare palestre o piscine. Lo scialpinismo coniuga questo aspetto con la passione per lo sci e la montagna. Cosa c’è di più stimolante per chi sa sciare di affrontare la montagna in salita per conquistarsi il piatto di polenta al rifugio, oppure una bella discesa in neve farinosa, lontano da tutto e da tutti? Se a questo sommiamo che non ci sono skipass da pagare, code alle casse, folla nei parcheggi, ecco gli ingredienti di un piatto sempre più succulento.
A differenza di altri sport la componente agonistica esiste, è molto attiva, ma non predominante. Diciamo che su scala mondiale sono circa 10.000 i praticanti dello ski-alp race, principalmente suddivisi tra Italia (35-40%), (Francia 15%), (Svizzera 10%) e poi tutti gli altri, tra cui degni di nota sono Germania, Spagna e Austria. Solo negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo negli USA e in Canada, con focolai locali di appassionati. Una fetta del settore molto radicale, consolidata e totalmente addicted, ma ancora fortemente localizzata sull’arco alpino. Un fenomeno di nicchia, che rende poco appetibile la disciplina in chiave olimpica, al punto che il primo tentativo della International Ski Mountaineering Federation di entrare nel programma del CIO è stato respinto a data da destinarsi. Dove sono, dunque, tutti questi scialpinisti? Lo ski-touring è il settore principale: comprende scialpinisti classici, iscritti al CAI, gruppi organizzati, viaggiatori con sci e pelli, habitué delle vallate dietro casa nei week-end. Età media abbastanza elevata, tra i 38 e i 55 anni la fetta più consistente. C’è di tutto, in costante evoluzione, a parte qualcuno che non vuole saperne di mollare la serpentina a sci uniti, il pantalone rosso con la toppa nera sul ginocchio e gli occhiali con le protezioni laterali in pelle. Le frange più evolute, che nella recente Buyer’s Guide di Ski-alper abbiamo definito ‘Elite’ sono ottimi sciatori in grado di percorrere anche dislivelli importanti in salita. Per questo tipo di sciatori le aziende stanno studiando sci e scarponi ad hoc, performanti ma leggeri. C’è poi il mondo del Free-touring, composto da una fascia di età più giovane (24-35 anni), fatta di buoni sciatori, che prediligono l’aspetto della discesa alla fatica purificatrice della salita. È un settore in forte espansione, ed è quello che sta erodendo il maggior numero di praticanti allo sci alpino ed è anche quello che ha le prospettive di crescita più elevate. Questo genere di scialpinisti arriva dalla pista, inizia con il freeride (per quanto questo fenomeno sia circoscritto e limitato sulle nostre Alpi), assaggiando un po’ di neve fresca a bordo degli impianti, per rendersi via via conto che attrezzandosi con sci un po’ più leggeri ci si può spingere un po’ oltre e godere sensazioni tutte nuove.

Leggendo queste parole può sembrare che questo settore sia frammentario e composto da tante tribù. Non è così, il ceppo comune è lo stesso, soltanto che le aziende tecniche, intravedendo un potenziale di crescita, provano a introdurre sul mercato nuove nicchie da presidiare: non abbiamo parlato del settore performance, dello sci ripido, del climb&ski, del freeski mountaineering, dello splitboard, del telemark ski-alp, e ce ne sarebbero altre. Con più calma, magari in altre occasioni, vi spiegherò le peculiarità di ognuna di queste sotto-categorie. Una cosa è certa, gli scialpinisti sono sempre di più e sono più numerosi quelli che stanno pensando di provarci di quelli che già l’hanno fatto. Un fenomeno che pian piano assume i connotati di lifestyle, portando anche nella vita di tutti i giorni abbigliamento, letture e interessi ski-alp oriented. Che cosa serve per un’esplosione definitiva del fenomeno? Più attenzione da parte dei gestori delle località. Iniziare a fare scialpinismo non è così facile e scontato, tutt’altro, è una delle discipline più tecniche tra quelle che si possono praticare in montagna. Il neofita, per quanto buon sciatore, ha paura della montagna aperta, delle valanghe, di non sapersi orientare, di perdersi, di non saper sciare in neve fresca, di non avere la compagnia con cui andare. Zone attrezzate, in sicurezza, servite da punti ristoro e assistenza costano poco e possono incentivare sempre più sciatori a indirizzare le punte dei loro sci in salita. Chiaramente dopo averli pellati!
Davide Marta

www.skialper.it
www.raceskimagazine.it

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