La Cina ai piedi del Monviso

1 febbraio 2016

L’immigrazione internazionale ridisegna da tempo, in Italia, i rapporti culturali, le strutture sociali produttive e il panorama urbano anche di piccoli comuni pedemontani, trasformatisi enormemente nell’ultimo ventennio. Barge e Bagnolo Piemonte non sono esenti da tale fenomeno. Questi piccoli paesi in provincia di Cuneo, distanti fra loro appena quattro chilometri e confinanti con il territorio della Val Pellice (in Provincia di Torino), si caratterizzano per un’attività economica particolare, legata all’estrazione e alla trasformazione della pietra; essa ha favorito fra il 1955 e il 1975 l’immigrazione di lavoratori provenienti dalla Sardegna e, a partire dagli anni 90, di quelli provenienti da paesi stranieri, in particolare dalla Cina. La maggior parte dei cinesi giunti in questi due centri per lavorare la pietra proviene dalla provincia dello Zheiiang e questo rappresenta un caso, non solo a livello nazionale (i cinesi sono qui secondi, come rapporto percentuale sulla popolazione, rispetto a quelli di Prato), ma anche a livello europeo. Alla fine del 2015 nel comune di Barge la percentuale di cittadini non italiani superava il 18% e i cittadini cinesi nei due centri superavano le 1400 unità. Ancora più significativa la percentuale di minori stranieri presenti nelle scuole, con punte del 30% nell’Istituto comprensivo di Barge. I comuni e gli enti locali si interrogano perciò da molti anni su questa sfida. Se da un lato l’immigrazione ha permesso il mantenimento di posti di lavoro che sarebbero diminuiti, di scuole che sarebbero state accorpate, e di un’economia legata alla pietra notevolmente cresciuta, dall’altro, però, la presenza di una cospicua comunità straniera ha determinato difficoltà in tutti gli ambiti della vita quotidiana dei due paesi. Le differenze culturali sono profonde, le incomprensioni e gli stereotipi dietro l’angolo ed é oggettivo che il problema linguistico sia ancora il maggior ostacolo per gli adulti.

Il Consorzio socio-assistenziale Monviso Solidale, la cooperativa sociale Con.tatto, l’associazione famigliare “Insieme per”, i comuni e i due istituti scolastici comprensivi si sono mossi durante questi anni per trovare risorse da destinare a percorsi di inclusione sociale: nel corso del tempo hanno costruito sportelli informativi specifici, che aiutassero i cinesi di Barge e Bagnolo nelle questioni amministrative, attivato percorsi di mediazione in ambito sociale, scolastico e sanitario, corsi di alfabetizzazione, corsi di cinese all’interno delle scuole ed hanno costruito spazi extra-scolastici dove i minori si potessero incontrare e anche scontrare. Tante sono state le iniziative nel tempo, anche se è stato difficile reperire risorse da investire; le si è ricercate attraverso una continua progettazione, ma purtroppo sono risultate non continuative. Costruire reali percorsi di inclusione con queste premesse è stato molto complicato, anche se, per fortuna, per favorire l’integrazione, durante questo ultimo decennio l’impegno di una serie di persone è stato quello di creare un sistema di azioni coordinate. Lo scorso anno, una delle attività più interessanti ha riguardato gli adolescenti cinesi, da sempre destinatari degli interventi del Monviso Solidale, in quanto, come tutti gli adolescenti non italiani, condannati spesso a vivere una doppia solitudine: interna dovuta ai retaggi delle proprie origini, esterna dovuta alla mancanza di socializzazione, con conseguente grande difficoltà a interpretare la nuova realtà e ad affermare le proprie potenzialità. Le relazioni instaurate nel corso del tempo e il lavoro inedito di Francesca Bono e Fabio Ferrero hanno permesso ad alcuni ragazzi di partecipare a un laboratorio annuale di auto-narrazione per indagare i propri rapporti con i pari, con le famiglie e sulle difficoltà del futuro. Da questo lavoro, con forte connotazione sociale, è scaturito uno studio teatrale denominato “Bitter Story”, portato sul palcoscenico da undici adolescenti cinesi, per raccontare il proprio spaesamento: ciò che era partito come intervento sociale è diventato una produzione culturale autonoma, che fra poco diverrà anche un documentario. Tutto questo sforzo ha permesso agli adulti di comprendere meglio la complessità delle appartenenze culturali-sociali degli adolescenti sinofoni e ai ragazzi di affermare e dimostrare le loro qualità. Troppo spesso siamo abituati a raccontare gli “altri” attraverso interpretazioni, ma facendoli poco parlare. Gli immigrati, d’altronde, non fanno altro che amplificare le criticità di sistemi ormai vecchi, che faticano a modificarsi, cristallizzati in una comunità sempre più complessa che invece si è modificata nel corso del tempo. Cogliere la sfida può essere una buona occasione per riflettere sui cambiamenti di cui il paese ha bisogno da tempo, per costruire politiche che includano gli immigrati e, conseguentemente, siano attente verso tutte le persone che sono ai margini delle comunità, troppo spesso spinte verso l’esterno. La presenza di cittadini immigrati nelle nostre comunità può dunque essere un fattore positivo, ma solo se si è convinti che l’inclusione sociale non avviene naturalmente e se non ci facciamo distrarre dall’emergenza. Le comunità di immigrati insediate da tempo sui territori pedemontani necessitano di interventi continui e non debbono essere dimenticate solo perché oggi le priorità si sono spostate verso i richiedenti asilo. Non si commetta l’errore di dimenticarsi di qualcuno per concentrarsi su altri. Gli uni e gli altri necessitano della nostra attenzione.
Pietro Schwarz, Coordinatore progetti in favore della popolazione immigrata, Consorzio Monviso Solidale

www.monviso.it

Commenti: 2 commenti

  1. Gian Giacomo Migone scrive:

    complimenti vivissimi. Esistono confronti su quanto fatto in condizioni analoghe? Ad esempio, a Prato. O insieme con altre comunità o presenze etniche omogenee, non necessariamente cinesi? Questa esperienza è in qualche modo generalizzabile?

  2. dora marucco scrive:

    molto interessante. Sono d’accordo sull’importanza di trovare il modo di far parlare i diretti interessati: il teatro è un mezzo molto efficace.
    Condivido anche la preoccupazione di sopravalutare le emergenze, dimenticando la realtà ordinaria.

Replica








Web design e sviluppo: Resonance