I contratti di transizione ecologica

10 gennaio 2020

Il XXI secolo ha portato ad un importante “cambiamento di paradigma” nell’interpretazione delle dinamiche socio-economiche.  Nel panorama occidentale la pluralizzazione degli stili di vita sposta l’accento dalla dialettica novecentesca stato-mercato, centrata sul lavoro salariato e sull’universo urbano, alla relazione fra flussi e luoghi (Bonomi 2018) che focalizza il tema del territorio come catalizzatore di conflitti e come oggetto di médiance culturale (Berque 1992). I territori un tempo marginali acquistano così nuovo valore (la campagna periurbana, la montagna, le aree interne).
Il cambio di paradigma ha introdotto forme di ricostruzione della relazione fondativa fra la città e la campagna (Cattaneo 1858, Magnaghi, Fanfani 2010) che il paradigma novecentesco aveva cancellato. La città diviene adesso un dispositivo complesso che pone attenzione al movimento, ai flussi, ai metabolismi ecologici (energia, acqua, alimenti, biodiversità) nel quadro del benessere umano (e animale) che necessita di riconoscimento e di radicamento socio-antropologico nei contesti di vita. Grazie anche alla normativa europea che indirizza verso la multifunzionalità e il biologico l’agricoltura torna a dialogare con la città offrendo beni e servizi per i cittadini (alimenti freschi, loisir, vendita diretta, occasioni culturali, didattica, paesaggi curati, ecc.)  mentre la città si attrezza ad offrire opportunità per la campagna (mercato, recupero delle acque reflue, compost, infrastrutture verdi, ecc.). La territorializzazione del ciclo alimentare ad esempio impone una riorganizzazione negli scambi urbano-rurali (Donadieu 1998) ed emergono così forme di organizzazione politica orientate al patto sociale fra coalizioni composite di attori e istituzioni disponibili all’ascolto e alla co-costruzione del progetto comune (Poli 2019), che con difficoltà in Italia si traducono in azioni di governo del territorio.
Come noto dopo la stagione dei patti territoriali, si stanno diffondendo su ampia scala i contratti di fiume, con il coinvolgimento di un’ampia soggettività di attori pubblici e privati. Nel panorama europeo fra le recenti forme pattizie di governance si possono annoverare i Contrats de transition écologique (Cte) lanciati dal Ministero francese della transizione ecologica e solidale nel 2018, in cui a differenza della situazione italiana emerge una solida partecipazione istituzionale con la messa in campo di azioni di sostegno e di accompagnamento reali attuate da istituti locali di mediazione fra istituzioni centrali e progettualità locale. Su questi temi si sono svolti gli ultimi due convegni annuali della Società dei Territorialisti/e. Nel 2018  a Castel del Monte “La democrazia dei luoghi. Azioni e forme di autogoverno comunitario” (in pubblicazione: A. Barbanente – a cura di -, “Verso la democrazia dei luoghi. Società, istituzioni, economie”, Firenze University Press, Firenze 2020; F. Baratti, A. Barbanente, O. Marzocca – a cura di -, “La democrazia dei luoghi. Azioni e forme di autogoverno comunitario”, Scienze del territorio, n° 8/2020; M. R.Gisotti, M. Rossi – a cura di -, “Territori e comunità. Le sfide dell’autogoverno comunitario”, SdT Edizioni, 2020); nel 2019 a Camaldoli “La nuova centralità della montagna”, con la collaborazione di numerose associazioni culturali e istituzioni tanto delle Alpi che degli Appennini (Leggi più informazioni sul convegno).
Ma cosa sono questi Contratti di transizione ecologica? I Cte sono strumenti di natura pubblico-privata e raccolgono progettualità locale per accompagnare e sostenere istituzionalmente la trasformazione ecologica dei territori. I contratti sono “una co-costruzione con i territori per una transizione ecologica generatrice di attività economiche e di opportunità sociali. I progetti sono concreti, al servizio del quotidiano di abitanti e lavoratori, partecipano all’evoluzione delle istituzioni locali, delle associazioni e delle imprese” (leggi la traduzione dal francese di chi scrive del documento). I progetti di natura volontaria coinvolgono coalizioni locali  di attori (associazioni, cittadini, realtà socio-economiche), assieme a strutture amministrative multilivello (stato, regioni, dipartimenti) e organismi pubblici di cooperazione intercomunale che condividono l’impegno nella transizione ecologica, affrontando la sfida di un’ecologia in grado di alimentare economie locali.

Fig. 1. Gli attori del progetto

I contratti agiscono strategicamente su più assi in relazione alle caratteristiche locali (energie rinnovabili, efficacia energetica, mobilità, ruralità, agricoltura, economia circolare, edificato, biodiversità, ecc.) con tre la finalità di :
- Dimostrare tramite l’azione che l’ecologia è un motore dell’economia, e sviluppare impegno locale attraverso la transizione ecologica (strutturazioni di filiere, sviluppo di nuove formazioni)
- Agire con tutti gli attori del territorio pubblici e privati per tradurre concretamente la transizione ecologica
- Accompagnare operativamente le situazioni di riconversione industriale di un territorio (formazioni professionali, riconversioni dei siti).
La messa in opera dei Cte è nella fase iniziale e non è possibile ancora valutarne i risultati:  dopo il lancio nel 2018 con 19 progetti locali, nel 2019 sono arrivati altri 61 progetti.


Fig. 2 I Contratti di transizione ecologica. Part. della Francia continentale. In blu prima fase  2018:  19 territori fra metropoli e  contesti di oltremare; In verde seconda fase 2019 : 61 nuovi territori previsti.


Il 25 aprile 2019 è stato siglato il primo Cte di montagna nel Polo di equilibrio territoriale rurale (Petr) del Briançonnais, Écrins, Guillestrois, Queyras (per approfondire). Si tratta di un territorio fra i più elevati d’Europa, con un’altezza media superiore ai 1800 metri. Situato in terra occitana al confine col Piemonte, l’area si trova a circa 110 chilometri da Torino, 120 da Grenoble e 270 da Marsiglia, ed è il punto d’incontro di tre importanti bacini economici. Le parole di Philippe Leroy Presidente del Petr descrivono bene lo spirito con cui il progetto è stato messo in campo: «Nous vivons sur un territoire qui a une communauté de destin et qui a décidé de faire ensemble pour une communauté de projets. Dans un contexte de crise financière, sociale et environnementale, les collectivités doivent faire preuve d’imagination et d’intelligence collective pour redonner de l’espoir à nos concitoyens.[…] Le Petr est l’instance idoine de concertation permettant d’élaborer des projets à l’échelle du territoire, d’encourager et de développer la dynamique autour de projets communs de développement et de solidarité territoriale. Dans un esprit de coopération et de confiance mutuelles, entre collectivités mais aussi avec le monde de l’entreprise et les citoyens, je suis prêt à faire avancer ces dossiers pour mettre en œuvre la résilience dont notre territoire est capable».
Il contratto è stato firmato dallo Stato, il Petr, il Dipartimento Hautes-Alpes, l’Ademe, e la Cassa dei Depositi- Banca dei territori. Il primo modulo prevede un programma di tredici azioni con un budget di 5,8 milioni di euro, di cui l’86 % di origine privata. Le principali azioni previste sono:
- Un polo di economia circolare locale alimentare con il reinserimento dei lavoratori e l’impiego di disabili per l’orticoltura, la raccolta a cavallo di rifiuti alimentari dei ristoranti e delle mense di Briançon.
- Un sito di compostaggio.
- La metanizzazione di parte dei rifiuti per il riscaldamento delle serre agricole.
- La creazione di una stanza di trasformazione per vegetali e di un luogo di stoccaggio alimentare.
- Una piattaforma di raccolta differenziata e di centri di raccolta dei rifiuti aziendali.
- La produzione di elettricità da fonti rinnovabili per la stazione di sci della Serre-Chevalier.
- Il miglioramento dell’autosufficienza energetica dei rifugi delle Hautes-Alpes.
In conclusione, il recente riconoscimento di valore delle aree montane, testimoniato da molti convegni scientifici e da una forte mobilitazione sociale, necessita di un impegno istituzionale nel sostegno all’autorganizzazione e all’autogoverno locale tramite forma pattizie di governo del territorio che rafforzino il ruolo progettuale e aperto della comunità locale. L’esempio del recente contratto di transizione ecologica nella montagna del Briançonnais, Écrins, Guillestrois, Queyras rappresenta un punto di partenza in questa direzione, che ci auspichiamo efficace e in grado di diffondersi presto anche in oltralpe.
Daniela Poli

Nota dell’autrice: desidero ringraziare Pierre Donadieu, geografo e professore emerito  dell’ENSP Versailles-Marseille, per aver discusso con me l’organizzazione dell’articolo e avermi fornito le indicazioni sui Contrats de Transition Ecologique (CTE) francesi.

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