Daniele*, pisteur

6 luglio 2016

Avevo 24 anni e mi trovavo in montagna a gestire un rifugio alpino, da solo, un mese all’anno. Un giorno un cliente ha un brutto incidente, era notte e l’elicottero del soccorso alpino non sarebbe arrivato prima dell’alba. Mi sono trovato a gestire una situazione di emergenza per la quale non ero assolutamente preparato. Per fortuna con l’aiuto di un medico, al telefono, e un po’ di fortuna tutto si è risolto per il meglio. Quella situazione mi fece riflettere sul fatto che per vivere in un luogo di montagna isolato è necessario avere le basi per un intervento di primo soccorso. Nacque così la volontà di frequentare un corso da “soccorritore” e incappai per caso in quello da Pisteur Sécouriste.
Il rifugio, aperto prevalentemente in estate, mi lasciava l’inverno libero e iniziai la mia avventura sulle piste da sci con la qualifica di “pisteur”. Ci sono lavori a cui, a seconda dell’epoca in cui si vive, viene data più o meno importanza. Oggi la società ne attribuisce moltissima alla figura di chi si occupa di gestire le emergenze in generale, basta pensare a quante serie televisive raccontano del primo soccorso o del soccorso in situazioni difficili.
Sarebbe facile raccontarvi di quegli interventi d’avventura nella bufera dove il pisteur è riuscito a riportare a casa dei dispersi; oppure di quello eroico in cui ha salvato un surfista appena in tempo sul ciglio di un precipizio; o ancora di quello commovente quando si arriva troppo tardi e non c’è più niente da fare o dello sguardo agghiacciato delle persone tratte in salvo da una valanga. Ma ho avuto la fortuna di lavorare sempre con persone splendide e anche durante le giornate un po’ monotone, con pochi interventi d’emergenza (per fortuna erano la maggioranza), potevo comunque passare dei bei momenti. I ricordi più belli sono le indimenticabili giornate passate insieme ai colleghi a proteggere gli ostacoli lungo la pista o ad installare la segnaletica, e il lavoro in alcuni casi sembrava un pretesto per continuare a stare insieme a sorridere della vita in quegli ambienti spettacolari. Mi è rimasto un aspetto che mi ha segnato durante la mia vita da pisteur, e che non sono riuscito del tutto ad affrontare con professionalità: l’emozione degli interventi di soccorso nei confronti di bambini. Non riuscivo ad astrarmi dal dolore che provavano, e ciò mi ha a volte ostacolato nel compiere nel migliore dei modi il mio lavoro. Ogni volta che dovevo intervenire in una situazione in cui era coinvolto un bimbo mi sentivo caricato di una responsabilità immensa. Ma ogni lavoro ha i suoi aspetti positivi e negativi, e sta a noi cercare di nobilitarlo, renderlo piacevole e utile a noi e agli altri!

* Nativo della Valpelline (Ao), già direttore di pista presso gli impianti di risalita dell’adiacente Valtournenche, è tornato nella sua valle natia dove è animatore dell’Associazione di promozione del turismo dolce Naturavalp; con l’aiuto della moglie gestisce il Rifugio Crête Sèche e ha creato il b&b Alpe Rebelle.

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