Architetture intorno al Monviso

1 aprile 2015

Negli ultimi trent’anni il territorio attorno al Monviso è stato, dal punto di vista architettonico, un luogo di grande fermento che ne ha fatto un caso singolare nel panorama della montagna piemontese.
Già negli ottanta con il progetto per il rifugio Vallanta, gli architetti Maurizio Momo e Giuseppe Bellezza lasciano il segno con quello che è considerabile uno dei primi interventi di architettura contemporanea su questo territorio. L’edificio, anche una delle prime architetture nelle Alpi occidentali concepita attraverso una sorta di metafora geologica, è assimilabile a un cristallo di pietra che si staglia contro l’incombente parete del Viso di Vallanta.

Il monastero Dominum Tecum a Prà’d’mill (sempre di Momo con Aimaro Isola) si caratterizza invece per essere un “edificio-villaggio” che sotto il grande tetto accoglie spazi e percorsi che richiamano le spazialità degli insediamenti storici.
Ma la produzione architettonica sembra essersi focalizzata in particolare sul tema del recupero del patrimonio storico anticipando temi e questioni che oramai diamo per consolidate.

A questo proposito va ricordato l’importante lavoro avviato dall’architetto Renato Maurino che attraverso i suoi interventi ed i suoi manuali ha dato il là ad un nuovo modo di rileggere le architetture contadine attraverso una nuova sensibilità in grado di sintetizzare modernità e tradizione.
Tra i progetti più recenti spiccano gli interventi di recupero realizzati nel centro storico di Chianale o ancora di Balma Boves, una straordinaria testimonianza di vita contadina giunta intatta fino ai giorni nostri e recuperata nel 2005 su progetto dell’architetto Giorgio Rossi di Saluzzo. Il progetto, finanziato grazie anche ai fondi comunitari, consiste non solo nel restauro delle strutture edilizie ma anche nella sistemazione dei percorsi e degli spazi aperti (illuminazione, ecc.) al fine di rendere fruibile l’insediamento ai visitatori e trasformarlo così in una borgata-museo della cultura rurale antica.
Va inoltre ricordata anche la recente riqualificazione dell’ex casermetta del Prà nel comune di Bobbio Pellice trasformata in una piccola struttura ricettiva polivalente (con un nuovo volume inserito nella preesistenza) dagli architetti Candido Bottin e Filippo Fassio su richiesta del Cai Uget della Val Pellice.
Infine non possiamo non ricordare l’ormai celebre caso di Ostana, dove grazie al lavoro di esperti, tecnici, competenze locali ed esterne, il comune ha dato avvio ad una serie di operazioni di recupero e al reinsediamento di attività di carattere ricettivo e culturale che hanno portato ad un significativo rilancio del paese.
Ancora oggi il borgo è agli onori delle cronache per via di una nuova serie di interventi in fase di completamento come ad esempio il nuovo centro culturale presso la borgata di Miribrart progettato da alcuni docenti del Politecnico di Torino insieme all’amministrazione comunale. Il nuovo edificio, che ospiterà la scuola di cinema L’Aura, un laboratorio di architettura alpina e un centro di documentazione delle minoranze linguistiche, nasce a partire da una rivisitazione della tipologia storica del “purtun”.
In conclusione possiamo dire che un aspetto di interesse delle numerose e ricche progettualità di quest’area debba ricercarsi nel fatto che si tratta innanzitutto di interventi fortemente intrecciati con le specificità locali, con la rigenerazione prima di tutto sociale e culturale di questa terra. Vi è poi un aspetto “tecnico”, non secondario, che sta nella capacità di tenere assieme le esigenze conservative del patrimonio con quelle della sua reinvenzione. Innovazione sì ma con interventi ex-novo misurati che sappiano cogliere in profondità la “scala” e la “matericità” delle architetture e dei paesaggi che hanno storicamente plasmato questi luoghi. Questi sono aspetti fondamentali da tenere in mente nello scenario della nuova entità territoriale del parco.
Roberto Dini

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