Al Mindino il vento non fa il suo giro

28 febbraio 2011

È stata bocciato dal Consiglio dei Ministri il progetto di parco eolico proposto da un’impresa milanese sulla dorsale del Monte Mindino, nei comuni di Garessio, Pamparato e Viola. Il parco eolico del Mindino, se autorizzato, sarebbe stato il primo grande parco ad alta quota delle Alpi. La questione merita una riflessione.
Il ricorso all’energia eolica, fino a pochi anni fa marginale per le Alpi a causa dell’orografia (i crinali, uniche zone con una quantità di vento sufficiente a giustificare l’investimento, spesso non sono raggiunti da strade) e della scarsità stessa di venti (che per l’efficienza di un parco eolico devono essere costanti e non a raffiche) sta diventando ora sempre più assiduo. Le prime installazioni sono state realizzate sui crinali delle Alpi Liguri, tra Liguria e Piemonte, ma di recente sono stati presentati progetti anche in regioni come Lombardia e Alto Adige. A rendere allettante il business dell’eolico sono i cosiddetti certificanti verdi. Se il ricorso all’energia eolica – così come alle altre fonti rinnovabili – va visto in termini positivi per il contributo che può dare alla protezione del clima, è comunque giunto il momento di fare qualche riflessione sugli effetti che questa tipologia di impianti può avere in un contesto come quello alpino ed in particolare in alta montagna. Anche se l’impatto visivo di questi impianti è tutt’altro che trascurabile, sarebbe sbagliato ridurre a una questione di sky-line le problematiche dell’eolico. Eppure è ciò che sta avvenendo. Così, per i più, è il solo impatto paesaggistico a contrapporsi alle (vere o presunte) ricadute economiche per i comuni disponibili ad ospitare tali impianti. È emblematico quanto sta accadendo in Alto Adige: un progetto di parco eolico costituito da 7 torri da posizionare lungo il fondovalle della Val Venosta è duramente contrastato dai locali che “vedono” modificato il paesaggio in cui vivono, mentre un progetto molto più grande (22 torri, ad alta quota, nei pressi del Brennero) è quasi tollerato in quanto “non visibile”. Per realizzare un parco eolico è necessario costruire strade di accesso per il trasporto dei componenti e piazzole da minimo 40 metri di lato dove installare una singola torre mediante profondi ancoraggi in cemento. Dovrebbe essere chiaro che le conseguenze possono essere diverse da un luogo all’altro, che l’impatto su un crinale di alta quota è massimo e che sommato ad altri effetti negativi (si pensi a quelli sull’avifauna) l’aspetto visivo, per quanto possa essere importante, non è l’unico da considerare. Non è detto che ci si debba sempre opporre all’eolico: nello stesso comune di Garessio sono già ora in funzione cinque torri, ma su un crinale a quota minore e raggiungibile con una strada provinciale. Ci sono e ci saranno altri progetti. Sarebbe opportuno definire delle linee guida per i nuovi parchi eolici e per la localizzazione dei siti adatti ad ospitarli così come sarebbe opportuno chiarire gli aspetti economici che stanno dietro al boom dell’eolico. Chi ci guadagna realmente? Che cosa succederà quando verranno meno (e prima o poi sarà così) gli incentivi alle rinnovabili? Che peso ha la produzione di un parco eolico rispetto alla “sete” energetica del sistema? La corsa alle rinnovabili ad ogni costo rischia di diventare pericolosa. Nel caso dell’eolico l’alta quota poco si presta ed è necessario riflettere prima di correre  il rischio di trovarsi tra qualche anno pali arrugginiti sulle dorsali alpine.

Francesco Pastorelli

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