La spinta arriva dal basso

1 febbraio 2016

Spazi e persone quando si incontrano possono creare grandi opportunità. Anche la montagna potrebbe rivelarsi una risorsa per i rifugiati così come i rifugiati una nuova chance per la montagna. Ma in un paese dove l’immigrazione è percepita e gestita solo come un problema di ordine pubblico, parlare di processi culturali e di accompagnamento all’integrazione risulta difficile. Per fare integrazione seriamente, occorre anche investire delle risorse. L’Ufficio Pastorale Migranti si trova oggi a dover accompagnare l’ospitalità che famiglie e parrocchie offrono a rifugiati usciti da percorsi di prima accoglienza (Cas – Centri di accoglienza straordinaria e Sprar – Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo). Una volta terminato tale periodo, si demanda alla comunità locale la loro presa in carico, anche dal punto di vista economico, poiché per queste persone non sono previsti progetti di seconda accoglienza, né risorse pubbliche con le quali si potrebbero tentare strade utili al loro radicamento sui territori.

Per quanto riguarda le Valli alpine, ci sono le Valli di Lanzo, per esempio, in cui si trovano grandi concentrazioni di richiedenti asilo, con enti gestori che in alcune situazioni sono riusciti a entrare in dialogo con il territorio. E a Lemie succede che, grazie alle famiglie di rifugiati con bambini, la scuola è rimasta aperta. In altre situazioni invece ci sono strutture che gestiscono l’accoglienza senza alcun tipo di legame con il territorio. E questo non dovrebbe accadere. Se da una parte si risolve il problema abitativo di singoli o nuclei familiari, dall’altra ci sarà una comunità che si porrà quesiti legittimi sui loro nuovi vicini di casa: chi sono, quanto rimarranno, cosa fanno e faranno in futuro. Bisognerebbe che qualcuno glielo spiegasse.
Le Parrocchie di Lanzo e dintorni, per esempio, vedono un gruppo di cittadini ragionare su un progetto di accoglienza. Diversi di loro stanno pensando a creare percorsi di formazione e lavoro per le persone arrivate nella cittadina, dalla raccolta di frutti, a progetti di coltivazioni idropiche, alcuni hanno addirittura interpellato la Coldiretti, altri si sono rivolti alla locale casa per anziani per creare prospettive di lavoro alle donne ospitate. E’ davvero necessario sforzarsi per fare in modo che tutta l’operazione di accoglienza non si riduca unicamente alla questione alloggiativa. L’arrivo dei richiedenti asilo, come è già successo in un paese del torinese, può diventare addirittura l’occasione di festa per la popolazione. All’arrivo di una decina di gambiani, un folto gruppo di bambini li ha accolti con striscioni in lingua inglese.
Se una realtà locale discute, si impegna, riflette, l’ospitalità diventa un progetto della comunità. Laddove invece vengono inseriti progetti di accoglienza senza coinvolgere il territorio, si registrano ostilità, diffidenza e paura. In Piemonte abbiamo assistito a esperienze come quella del Comune di Ormea, dove il sindaco si è trovato a dover governare un forte dissenso a un progetto di accoglienza. Altre come quella del Comune di Garessio, dove le difficoltà iniziali della cittadinanza ad accettare l’arrivo di richiedenti asilo hanno portato ad atti vandalici a danno della struttura che li ospitava. Eppure, con il passare del tempo, i migranti sono stati accolti dalla cittadinanza e sono riusciti addirittura a risvegliare il senso di comunità.
Oggi abbiamo delle aree, come quella del torinese, in cui è la società civile a manifestare la volontà di prendere parte al processo di accoglienza e integrazione di rifugiati. Incontri, riunioni pubbliche hanno esplicitato alle amministrazioni cittadine tale volontà. La provocazione in alcuni casi è stata accolta, e molte sono state le richieste di collaborazione da parte di assessorati e servizi sociali. Quello che poteva essere vissuto dalle parti politiche come un fenomeno scomodo e “pericoloso”, si è rivelato vicino al sentire comune di una parte della popolazione. La partecipazione da parte di nuovi comuni torinesi al bando Sprar è anche frutto di questo processo, che presto li vedrà gestire percorsi di accoglienza in stretta collaborazione con famiglie e parrocchie.
Sergio Durando

Per un glossario sull’asilo politico: Vie di fuga, Osservatorio permanente sui rifugiati dell’Ufficio Pastorale Migranti e della Caritas di Torino
www.migrantitorino.it

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