di Sonia Doronzo
Fin dall’infanzia ho nutrito un profondo legame con le narrazioni che si concentrano sull’esplorazione e sulla scoperta di luoghi, paesaggi naturali e degli esseri viventi che li abitano. Questo rapporto si è intrecciato indissolubilmente con la mia esperienza in Val d’Ayas, dove, bambina, mi immergevo nell’ascolto di storie antiche che svelavano i segreti di quella terra, accostandosi alle cronache più recenti delle escursioni sui ghiacciai del Monte Rosa. Quelle storie mi affascinavano e, al contempo, alimentavano il desiderio di vivere in prima persona la bellezza di quei luoghi, esplorandoli non solo con gli occhi ma con tutti i sensi, avvertendo la fatica e la meraviglia della scoperta. Ricordo con particolare tenerezza le serate trascorse a inventare racconti insieme a mia sorella e ad altri bambini del rifugio, storie ambientate proprio in quei luoghi suggestivi. Durante le passeggiate con i nostri genitori e i loro amici, quei racconti prendevano vita, trasformandosi in ricordi vividi che ancora oggi mi accompagnano. Anche ora, nella sala comune della nostra casa-rifugio a Blanchard, la carta della Val d’Ayas, appesa alla parete, continua a essere il punto di partenza per viaggi immaginari, che talvolta riescono a trasformarsi in realtà. Quelle esperienze hanno radicato in me un amore profondo per la montagna, un rispetto che si esprime nella cura e nella narrazione appassionata di ciò che essa rappresenta.
Riflettendo su questo rapporto personale con i luoghi e le emozioni che essi evocano, ho iniziato a chiedermi se un approccio simile potesse rappresentare un catalizzatore efficace anche per l’apprendimento della geografia a livello scolastico. Le montagne, e in particolare le Alpi, non sono solo un elemento fisico, ma anche un simbolo potente, che per noi bambini rappresentava un personaggio vivo e parte integrante delle nostre storie. È come se il nostro corpo, come afferma Giorda (Cristiano Giorda, professore ordinario in Geografia presso l’Università degli Studi di Torino, ndr), si fosse identificato col mondo circostante, trovando nella meraviglia e nello stupore la strada per crescere. Le emozioni e il coinvolgimento personale consentono a un luogo di radicarsi profondamente nel cuore e nella mente, trasformandolo in un aspetto intrinseco dell’anima. La geografia emozionale, in questo senso, non è solo una disciplina accademica, ma uno strumento per connettere l’essere umano con lo spazio, per rendere quest’ultimo una “sostanza viva” che ci attraversa e si rigenera nella percezione del reale. Questa prospettiva mi ha guidato nel mio percorso di ricerca.
L’umanità ha sempre avuto bisogno di raccontare storie per comprendere il mondo e costruire significato. Il racconto è un veicolo di trasmissione di esperienze, conoscenze e valori, capace di collegare generazioni e preservare la memoria collettiva. I miti e le leggende che popolano le narrazioni ci aiutano a interpretare eventi complessi, a dare forma alla nostra identità culturale e personale. La forza emotiva delle storie risiede nella loro capacità di creare connessioni empatiche e di stimolare il pensiero critico e creativo, offrendo nuovi spunti di riflessione. Ho quindi iniziato a interrogarmi sull’opportunità di portare nelle aule scolastiche un approccio narrativo ed emozionale alla geografia, per scardinare, almeno in parte, la visione nozionistica e sterile che spesso caratterizza l’insegnamento di questa materia.
Analizzando i capitoli dedicati alla montagna nei libri di testo per la scuola primaria, ho cercato di verificare se la narrazione potesse rappresentare un metodo per superare gli stereotipi, sia positivi che negativi, associati alla montagna e, in particolare, alle Alpi. Ho esplorato il concetto di geografia emozionale, soffermandomi sulle relazioni tra spazi fisici ed emozioni umane e sull’importanza delle percezioni soggettive nel processo di apprendimento geografico. L’intreccio tra paesaggio ed emozioni, infatti, è centrale per comprendere il modo in cui interagiamo con l’ambiente. Ho analizzato inoltre il ruolo della narrazione nella trasmissione delle conoscenze, considerando l’uomo come homo narrans e mettendo in luce come le storie contribuiscano alla costruzione dell’identità individuale e collettiva.
Il caso specifico delle Alpi mi ha permesso di approfondire la costruzione dell’idea di paesaggio alpino come un processo complesso plasmato da fattori storici, culturali, geografici e sociali. Era però importante evitare uno sguardo eccessivamente romantico, promuovendo invece una visione più equilibrata e inclusiva, capace di riconoscere la realtà sfaccettata di questa regione.
La ricerca esplora un ampio ventaglio di esperienze didattiche che si articolano attraverso diverse forme di narrazione, dalle suggestioni sonore alle immagini, dalle parole alla realtà aumentata. Ogni esperienza è un tassello di un percorso educativo che stimola la creatività, il pensiero critico e la capacità di osservazione degli studenti.
Il cuore della mia ricerca si è concentrato sul ruolo della scuola come contesto educativo per promuovere valori di rispetto e solidarietà. Attraverso strumenti didattici quali la narrazione, il disegno, il dialogo e le uscite sul campo, si propone un modello di educazione geografica attiva e partecipativa. Ho applicato questi principi in un progetto didattico condotto in una classe quinta primaria di un Istituto Comprensivo di Torino, coinvolgendo i bambini in un processo di co-costruzione del sapere.
Il viaggio educativo inizia con il potere evocativo dei suoni. L’ascolto diventa uno strumento per allenare la concentrazione e immergersi in mondi narrativi. Attraverso il disegno libero, i partecipanti traducono in immagini le sensazioni e le emozioni suscitate dal suono di un bosco alpino, lasciando volare la mente verso scenari immaginari. Un esempio è il disegno del “bosco incantato” fatto da una bambina con Bisogni Educativi Speciali in cui, per la prima volta, i colori hanno preso vita. L’esperienza del “viaggio sonoro nel cuore di un ghiacciaio” ha offerto ai bambini un’opportunità unica per esplorare le proprie emozioni e riflettere su temi cruciali come il cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacciai. Attraverso il coinvolgimento del senso dell’udito, l’attività si è conclusa con l’ascolto della Sinfonia delle Alpi di Strauss, stimolando nei bambini la rievocazione e la visualizzazione delle Alpi così come le immaginavano.
Anche il cinema è diventato un mezzo potente per raccontare storie e paesaggi. Attraverso il film “Le otto montagne“, gli studenti hanno potuto scoprire come le Alpi siano rappresentate non solo come ambientazione, ma anche come protagoniste. Questo viaggio cinematografico si arricchisce di un approfondimento sulla Valle d’Aosta, esplorata attraverso le immagini e i temi del film.
La fotografia offre un ponte tra passato e presente. Confrontare immagini storiche e contemporanee permette di riflettere sui cambiamenti del territorio alpino. Le emozioni catturate attraverso la macchina fotografica offrono prospettive uniche, stimolando la creatività e la capacità di osservazione.
Le Alpi sono ricche di storie, miti e leggende che intrecciano realtà e fantasia. Questi racconti tradizionali diventano un punto di partenza per considerare il territorio da prospettive diverse. L’attività invita a esplorare la geografia con un approccio creativo, mescolando elementi fantastici e reali per creare nuove narrazioni.
Il gioco diventa uno strumento educativo con laboratori che utilizzano le parole per creare testi originali ispirati alle montagne. Un esempio è il laboratorio sul vocabolario geografico, dove gli studenti approfondiscono il lessico in modo interattivo. Un’altra attività coinvolgente è la creazione di un proprio gioco narrativo ispirato al famoso “Dixit”, che unisce immagini e parole. Infine, il “racconto collettivo” promuove la collaborazione e il dialogo, trasformando la narrazione in un esercizio di democrazia.
La geografia si intreccia con la filosofia attraverso l’analisi della favola La mappa di Ermanno Bencivenga. Questo approccio stimola il pensiero critico, che viene ulteriormente sviluppato attraverso discussioni filosofiche e dibattiti liberi.
Le tecnologie di realtà aumentata aprono nuove prospettive per esplorare il territorio. Attraverso mappature tridimensionali e teatri geografici, gli studenti possono osservare il mondo da punti di vista inediti, ampliando la loro comprensione geografica.
Infine le esperienze sul campo completano il percorso didattico per arricchire la conoscenza del territorio e stimolare anche un legame emotivo con la geografia dei luoghi.
In conclusione, queste esperienze didattiche rappresentano un viaggio multidimensionale che integra suoni, immagini, parole e tecnologia per offrire agli studenti una comprensione profonda e sfaccettata del mondo che li circonda.
La narrazione è stata il filo conduttore di questa esperienza, stimolando l’interesse e l’immaginazione degli studenti e favorendo al contempo una riflessione critica sulle interazioni tra uomo e ambiente.
Questo approccio si ispira al pensiero di Paulo Freire, che vede l’educazione come un ciclo continuo di ricerca, riflessione e azione. Insegnare significa anche imparare su se stessi, riflettere sulle proprie pratiche e crescere insieme agli studenti. La geografia, intesa in questo senso, diventa un pilastro fondamentale per formare cittadini consapevoli e responsabili, in grado di affrontare le sfide globali con rispetto e collaborazione. Questo percorso educativo non solo promuove la comprensione dei luoghi, ma favorisce la valorizzazione della diversità e il dialogo interculturale, trasformando la geografia in uno strumento di pace e cooperazione globale.
L’esplorazione delle emozioni e delle narrazioni si è rivelata un metodo efficace per avvicinare i bambini ad altre geografie, incoraggiandoli a pensare alla necessità di uno sviluppo sostenibile per le regioni montane. Questo progetto ha messo radici nelle menti e nei cuori degli studenti, lasciando emergere l’importanza di una prospettiva consapevole e rispettosa nel rapportarsi ai territori. Le Alpi, spesso percepite come un margine, devono essere riscoperte come cuore propulsivo del nostro futuro, non solo in termini geografici, ma anche come spazi di connessione emotiva e culturale.
Sonia Doronzo, Autrice della Tesi co-vincitrice del Premio nazionale AIIG a tema geografia emozioni e montagna.