Il 21 novembre presso il Museo Nazionale della Montagna al Monte dei Cappuccini di Torino si è svolta la XIII Conferenza delle Alpi, l’incontro biennale in cui ministri e alti rappresentanti degli stati alpini si incontrano per prendere decisioni concrete in seno alla Convenzione delle Alpi. Per quanto è emerso dalla conferenza stampa e dagli incontri pubblici organizzati a margine della Conferenza, verrebbe la tentazione di concludere qui l’articolo.
Sì, perché oltre alle parole e alle formalità, gli elementi realmente comunicabili sono piuttosto deboli: riportiamo di seguito quelli più significativi. La Convenzione adotta le “Linee Guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici a livello locale nelle Alpi” preparate sotto la guida italiana e assume una posizione comune sul medesimo tema con la Convenzione dei Carpazi. Inoltre sarà presente a Expo 2015 con la cosiddetta “Settimana della montagna” dal 4 all’11 giugno prossimo. Sempre durante il biennio guidato dall’Italia, è stata pubblicata la quarta Relazione sullo Stato delle Alpi, dedicata al turismo sostenibile, che ha mostrato come in certe aree maggiormente accessibili si sia registrato un incremento demografico. Infine, nell’ambito della Strategia Macroregionale per le Alpi (Eusalp), la Conferenza ha ribadito la propria disponibilità a svolgere un ruolo attivo all’interno della politica europea. Questo il succo delle conclusioni ufficiali della XIII Conferenza delle Alpi.

È però doveroso riportare una serie di riflessioni a margine per completare la restituzione dell’evento. Intanto, come non tacere l’assenza del Ministro Italiano dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, che ha svolto gli onori di casa la sera prima dell’inizio della Conferenza, disertando poi i lavori del giorno successivo e cedendo l’incombenza alla sua sottosegretaria Barbara Degani. Le delegazioni straniere non hanno certamente apprezzato il gesto che ha svalutato la loro presenza e l’impegno italiano sui temi trattati.
Si impone poi una considerazione sul senso di questi summit da cui emergono risultati poco concreti. Da un punto di vista operativo, l’effettivo incontro tra delegazioni non genera risultati immediatamente osservabili: infatti le decisioni, prese in anticipo sulla Conferenza, sono già a disposizione dei giornalisti prima ancora del termine dei lavori. Per giustificare un tale dispiegamento di energie e denari resta la dimensione mediatica che la presenza dei ministri di 6 paesi europei sarebbe in grado di suscitare. Ma, anche in questo caso, gli organi di stampa locale e nazionale non hanno colto l’occasione per puntare i riflettori sulla Conferenza, né per dare visibilità alla Convenzione delle Alpi che tutela e protegge un territorio di inestimabile valore i cui versanti meridionali sono interamente all’interno dei confini nazionali. Resta la dimensione pubblica che l’organizzazione della Conferenza ha cercato di stimolare programmando una serie di eventi pubblici, andati deserti o quasi.

La Convenzione delle Alpi è una “costituzione” all’avanguardia che contempla principi ideali, su cui tutti si dimostrano d’accordo a parole, e linee d’azione concreta su cui alcuni governi degli Stati alpini, in primis quello italiano, si dimostrano spesso insensibili. Di conseguenza ogni compromesso tende irrimediabilmente al ribasso offuscando quanto di positivo viene sancito nella carta e nei protocolli che rimangono di fatto inapplicati. E sconosciuti al pubblico.
Simone Bobbio