A due anni dalla partenza del progetto WolfAlps, la Lessinia, Core Area 5, è ancora nel pieno di predazioni del branco di lupi formatosi in questo territorio, senza che sia stato messo in atto alcun sistema di prevenzione e protezione.
La Lessinia, altopiano a nord di Verona, è la zona prealpina occidentale del Veneto. Il settore zootecnico costituisce un forte pezzo dell’economia locale, con circa 8000 bovini, in prevalenza da latte, che vanno in alpeggio in 90 malghe su circa 48 kmq, e dipendono per la quasi totalità dall’industria del latte di pianura, con un prezzo soggetto a imposizione dei grandi produttori. Il 90,7% delle malghe attive è di proprietà privata, con uno stato spesso meno efficiente delle poche malghe a proprietà pubblica (prevalentemente nella parte settentrionale facente capo al comune trentino di Ala). I conduttori in maggioranza si recano alle malghe più volte al giorno con un pendolariato favorito dalla facilità di accesso per la non eccessiva altitudine e per la estesa rete di strade. Una conduzione che lascia ampia possibilità di azione ai predatori.

Marginale per numero, ma interessante sul piano culturale, è la presenza di ovicaprini, con il recupero di una razza di pecora, la Brogna, autoctona della Lessinia, che ha rischiato l’estinzione dopo aver caratterizzato in passato l’allevamento ovino locale. La lana era utilizzata fino al 1500 per la produzione degli allora ricercati “panni alti veronesi”, articolo molto pregiato e richiesto. La Brogna poi aveva ceduto il passo a specie monofunzionali, preposte a latte, lana o carne, mentre essa presentava un’offerta interessante nei tre campi. Per le sue caratteristiche si presta particolarmente all’allevamento biologico, è preziosa per il controllo della vegetazione boschiva e per il mantenimento della pulizia dei prati. Per salvaguardarla è nata nel 2012 “L’associazione per la promozione e la tutela della pecora Brogna”.
In tale situazione si inserisce l’arrivo del lupo. La sua capacità di sopravvivere adattandosi a nutrirsi di ogni fonte di cibo disponibile e la sua alta capacità di dispersione hanno portato Slavc (questo il nome del primo esemplare attribuito dai ricercatori dell’Università di Lubiana) in Lessinia nel 2012 dalla Slovenia, con un lungo giro attraverso l’Austria registrato dal radio collare. Dal 2013 si forma la coppia del lupo dinarico con la femmina italica, Giulietta (e quale altro nome a Verona?). Due cuccioli nel 2013, sette nel 2014. Inevitabile l’impennata delle predazioni che raggiungono i 64 capi nel 2014 (dati del Report del progetto WolfAlps “Sistemi di alpeggio, vulnerabilità alle predazioni da lupo e metodi di prevenzione nelle Alpi”, febbraio 2015). Un sasso nello stagno di un pascolo senza sistemi di prevenzione da decenni, vista la scomparsa del lupo in Lessinia da più di un secolo.
Dall’esordio del progetto WolfAlps sono passati ormai più di due anni e le tensioni sociali hanno avuto un culmine nel 2014 in concomitanza con l’accentuarsi delle predazioni. Se era quasi inevitabile che la reazione degli allevatori fosse radicale: “portateli via o metteteli in un recinto”, non riflettuta è parsa l’adesione a tale tesi, oltre che a quella del cambiamento legislativo che ne prevedesse l’abbattimento, da parte degli amministratori locali, senza che vi fosse una fase di riflessione e confronto con il mondo scientifico e con le esperienze avvenute in altri luoghi. Non ha contribuito a migliorare la situazione sia la lontananza del gestore del progetto, l’ufficio caccia regionale con sede a Venezia, sia la riservatezza (per non dire segretezza) con cui si trattavano le attività di monitoraggio e inchiesta. Ne è risultata una situazione di frizione estrema, con la Regione arroccata nello svolgimento di un progetto inviso (e sconosciuto) ai portatori di interesse del luogo.
L’inverno scorso non è accaduto nulla, solo la ricerca di intese fra Legambiente e allevatori che ha portato a una piattaforma comune verso la Regione Veneto tentando di superare l’inerzia istituzionale. Ma la stagione d’alpeggio 2015 è arrivata, e le resistenze burocratiche hanno frenato serie misure di prevenzione. Legambiente così ha deciso di avviare un servizio di guardiania notturna per scoraggiare il lupo a fare man bassa di bovini. I lupi d’ora in poi dovranno faticare un po’ di più, rivolgendosi alla fauna selvatica. Tutto questo per evitare che il clima si possa nuovamente arroventare per effetto dell’aumento delle predazioni, e che il bracconaggio aumenti, come nel 2013, quando una lupa venne avvelenata.
Angelo Mancone

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