Con i tempi che corrono fare un’indagine sui servizi offerti a chi vuole aprire un’impresa, per di più in montagna, è un esercizio prevalentemente teorico, anche se non mancano finanziamenti e opportunità per incentivare iniziative private. Per un giorno ho immaginato di avere un progetto da realizzare in ambito alpino e di affidarmi per il suo avvio alle istituzioni pubbliche e private del territorio che offrono servizi per attività imprenditoriali. Intendo quindi seguire un percorso classico ormai identificato con l’espressione inglese di start up: partendo da una buona idea, come posso procedere per ottenere accesso al credito e consulenze sulla burocrazia da affrontare?
Per un novizio, i principali strumenti di raccolta delle informazioni sono internet e il buon vecchio telefono. Dopo una prima ricerca informatica si scopre che in Italia esistono numerosi strumenti per agevolare la piccola e media impresa, colonna vertebrale dell’economia produttiva nazionale. Gli enti locali hanno attivato sportelli e servizi di consulenza per le imprese già esistenti e per quelle che vogliono nascere. I Comuni propongono il Suap, Sportello unico attività produttive, e strutture analoghe sono offerte dalle Province, dalle Regioni e dalle associazioni di categoria come Cna, Camere di commercio e Unioni industriali.
In passato la Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia aveva creato una società partecipata, la Agemont – Agenzia per lo sviluppo economico della montagna, con il compito di sostenere le attività produttive nelle aree oggettivamente svantaggiate del territorio. Per molti anni, a partire dal 1989, la Agemont ha fornito informazione e assistenza alle aziende delle montagne friulane, adottando anche una serie di dispositivi finanziari per «assumere partecipazioni temporanee in imprese già costituite o da costituire, anche attraverso la gestione di fondi appositamente dedicati». Da un paio di anni, tuttavia, questo strumento propulsore dell’economia locale ha sostanzialmente perso il suo ruolo e si trova in una situazione di stallo.
A questo punto della ricerca appare evidente che le politiche nazionali a favore dell’imprenditoria sono le medesime per tutto il territorio nazionale, salvo le Regioni a statuto autonomo. Evidentemente ci troviamo in un periodo di oggettiva difficoltà per le attività economiche di pianura, figurarsi se si possono prevedere investimenti e agevolazioni in aree considerate isolate e marginali.
Occorre allora volgere lo sguardo un po’ più in su e concentrarsi sulla dimensione europea per individuare strategie generali volte a sostenere l’economia dei territori svantaggiati. Nel disegno della Ue, lo «sviluppo integrato, endogeno e sostenibile delle aree rurali» è affidato al programma Leader, che sulla dimensione locale si concretizza con i Gal – Gruppi di azione locale, che presentano i progetti di finanziamento a cui possono partecipare enti pubblici e soggetti privati. In Italia, la maggior parte dei Gal si trova in aree montane e molti di essi hanno avviato una serie di iniziative concrete per favorire l’imprenditoria. Uno dei più attivi è il Gal Montagne Biellesi che possiede un proprio sportello per la «creazione e lo sviluppo di impresa». Finalmente una ghiotta opportunità di parlare con una persona in carne e ossa!
Risponde al telefono Fabrizio Ceria, responsabile del servizio. «Lo sportello è nato esattamente un anno fa, a febbraio 2012. Abbiamo scelto di focalizzare l’operato di questo ufficio su due delle quattro linee guida del progetto Leader: i servizi agli abitanti e il turismo. Finora abbiamo chiuso il primo bando per la creazione di microimprese nel settore dei servizi agli anziani e ai giovani. Purtroppo nessuno dei progetti candidati ha superato la selezione, tuttavia una parte dei finanziamenti è stata utilizzata per sostenere attività già presenti sul territorio. Per quanto riguarda il turismo stiamo seguendo alcuni possibili imprenditori che hanno buone probabilità di aggiudicarsi i prossimi bandi». Ceria mi spiega che la procedura da seguire per le candidature è piuttosto complicata, ma questo risponde al fatto che è innanzitutto importante valutare attentamente la tipologia di progetto e le reali motivazioni di chi lo propone.
«Mi capita spesso di ricevere telefonate di impiegati di città, stufi della routine quotidiana, che sognano di trasferirsi in montagna per condurre un’esistenza bucolica. Ma avviare un’attività imprenditoriale non è esattamente questo. Anche per una micro impresa è necessario effettuare una serie di studi di mercato, individuare l’area di produzione più adatta e dotarsi delle strutture adeguate. Poi ci sono i passaggi burocratici tra cui la presentazione di un business plan certificato che attesti la solidità del progetto. In conclusione, però, è possibile accedere a un finanziamento che copre fino al 40% dell’investimento: un buon incentivo, soprattutto in questo periodo di crisi».
Insomma, restando sempre nelle sfere della teoria sembra che, grazie all’Europa, non manchino possibilità per avviare attività imprenditoriali nell’ambito dei servizi, del turismo e del comparto rurale. Ma per ora altri settori economici, come l’artigianato, la produzione manifatturiera e l’innovazione rimangono esclusi, nella speranza che vengano considerati nella prossima programmazione.
Simone Bobbio