La valorizzazione delle vocazioni territoriali come vantaggi competitivi e lo sviluppo di competenze elevate attraverso l’alta formazione, sono allo stesso tempo obiettivi strategici e fattori trascurati nelle comunità alpine. Di queste due questioni si parla poco e potrebbero non solo essere motivo di percorsi di sviluppo per le comunità delle Alpi, ma rappresentare anche scelte strategiche per l’innovazione necessaria in questa fase di stagnazione e difficoltà. Appare evidente che per pensarci e confrontarsi bisogna, almeno in una certa misura, andare oltre i ragionamenti di piccolo cabotaggio. Sono ragionamenti a cui la crisi sembra costringere e a cui erroneamente quasi tutti sembrano adeguarsi. Le due questioni sono tra loro congiunte e riguardano la prima: la capacità delle popolazioni locali di riconoscere che i modi migliori di valorizzazione delle distinzioni specifiche sono connessi alla loro collocazione internazionale; e la seconda: l’inserimento di professionalità di alto profilo in grado di aumentare il know-how spendibile. Non è difficile, purtroppo, constatare come non si investa decisamente in nessuna delle due direzioni.

Uno dei problemi principali delle economie locali è la loro scarsa propensione a valorizzare, migliorandoli e perfezionandoli, i vantaggi competitivi distintivi dei luoghi. Una propensione alla genericità delle iniziative e delle scelte economiche; un impoverimento della qualità; l’adozione di forme di standardizzazione basate sull’imitazione di criteri e contenuti operativi poco adatti alle specificità locali, fa perdere di vista e trascurare le vocazioni specifiche dei luoghi, delle valli e dell’intero arco alpino. La connessione tra la valorizzazione delle vocazioni specifiche e il perseguimento di vantaggi competitivi inimitabili è nota. Per un sistema locale è una via decisiva, soprattutto in tempi di forte propensione da parte di importanti quote di mercato a preferire prodotti e servizi di qualità, connotati culturalmente e territorialmente. Sia le città che le valli, però, tendono più alla standardizzazione che alla valorizzazione delle proprie distinzioni. Quando qualcuno segue la strada della distinzione viene evidentemente premiato dai risultati, mentre è evidente che le vie della genericità comportano costi e fallimenti, ma questi ultimi sembrano non bastare a far cambiare idee e comportamenti.
Una delle ragioni per cui si persiste nella stagnazione è connessa strettamente alla seconda questione: la necessità di investire in alta formazione per far fronte alla carenza di competenze adeguate al tempo presente. Solo la conoscenza è fonte di idee e scelte efficaci. Né le idee, né la capacità di portarle avanti vengono dal nulla. Noi intuiamo, riflettiamo, creiamo vie innovative per nuovi percorsi o per migliorare o perfezionare sotto forme inedite risorse tradizionali. L’humus di questa possibilità è la conoscenza diffusa, il know-how incorporato nei decisori e distribuito in tutti quelli che operano nelle imprese e nelle istituzioni del territorio. Ebbene, si guardi quali sono le azioni formative nel contesto alpino volte a sviluppare competenze in questa direzione; si guardi quali e quanti sono gli investimenti realmente mirati a questo scopo e quante comunità, con le loro imprese e istituzioni, tendono a dotarsi di competenze simili: per contarle bastano le dita di una mano e avanza qualche dito. Bisognerebbe prenderne atto e cominciare a occuparsene.
In questa direzione da ormai tre anni la tsm-step Scuola per il governo del territorio e del paesaggio di Trento, in partnership con l’Università di Torino, propone un percorso di alta formazione per giovani laureati e per professionisti sul tema della gestione dei beni naturali con particolare attenzione ai beni Unesco. Il Master World Natural Heritage Management ha l’obiettivo di sviluppare professionalità innovative nel management dei beni naturalistici, ambientali e paesaggistici, per la loro tutela e valorizzazione adottando un approccio che privilegia l’esperienza e la pratica diretta sul campo attraverso la combinazione di laboratori didattici, di testimonianze di manager e professionisti, di viaggi di studio internazionali, di progetti di ricerca applicata e di stage. Le potenzialità connesse alla valorizzazione dei beni naturali, che rappresentano una delle vocazioni specifiche dei territori alpini, e il riconoscimento Unesco alle Dolomiti possono trovare in questa iniziativa un interessante laboratorio per comprendere nuove opportunità per l’evoluzione delle società e delle economia alpine.
Ugo Morelli

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