C’è un passaggio nel film “Io sto con la sposa” (vedi la notizia di seguito) che racconta bene il “Passo della Morte” che divide il confine italiano da quello francese sopra Ventimiglia. I protagonisti ci arrivano arrampicandosi lungo un sentiero nella macchia mediterranea che presto si trasforma in roccia, e si fermano in ruderi di case con scritte arabe sui muri che inneggiano alla speranza, per continuare all’imbrunire e passare il confine segnato ancora dal filo spinato nella notte, per non essere visti.
Purtroppo “Io sto con la sposa” non è una fiction, ma un lucido documento di come per migliaia di persone in transito le Alpi siano un “muro naturale” difficile da valicare. Quello stesso Arco alpino che per altri simboleggia “la spina dorsale d’Europa”, o “l’Euroregione alpina”. Succede spesso che dopo essere stati bloccati alla frontiera di Ventimiglia, in territorio italiano, alcuni migranti diretti verso l’Europa del nord tornino a Milano, sperando di riuscire a passare la frontiera austriaca al Brennero. Ma ci sono anche quelli che non ce la fanno, e sono sempre di più, e allora tornano per provare a passare la montagna a piedi, seguendo i sentieri che aggirano la massa rocciosa della Giraude, altura a forma di torre che si eleva sulla cresta montagnosa e finisce a picco sul mare alla frontiera franco-italiana. Qualcuno gli ha raccontato di questo sentiero e per pochi spiccioli si rende anche disponibile a indicargli la partenza dalla parte italiana, poi buona fortuna. Si parte da Grimaldi, ultimo paese italiano prima della frontiera, lungo un sentiero che sale verso la montagna e scende su Mentone attorniando la torre rocciosa. I residenti lo chiamano per l’appunto “Passo della Morte”, perché una volta superata la barriera di filo spinato che delimita ancora la frontiera bisogna tenere la destra, e chi prosegue diritto rischia di precipitare nel vuoto. Come purtroppo negli ultimi anni è successo ad alcuni immigrati poco esperti.
Enzo Barnaba, abitante di Grimaldi e studioso della storia delle Alpi marittime, intervistato dal collega francese Frédéric Lafargue racconta: «Tre mesi fa gli elicotteri sono venuti per salvare un Sudanese aggrappato alla parete». Ed è la storia che si ripete, perché «gli antifascisti italiani, gli ebrei che fuggivano le leggi razziali di Mussolini nel 1938, gli jugoslavi negli anni 1990 e, nel 2011, i tunisini durante le Primavere Arabe… in tutti i tempi, il Passo della Morte è stato attraversato dai migranti». Il fenomeno degli incidenti lungo il “Sentiero della morte”, con l’acuirsi della crisi internazionale delle migrazioni, da qualche anno è tristemente in aumento, e i montanari residenti nella primavera dell’anno scorso si sono organizzati, stanchi di veder transitare persone abbandonate al loro triste destino: la “Società Operaia di Mutuo Soccorso di Grimaldi” insieme all’associazione “Randonneurs du Pays mentonnais”, ha ritracciato il vecchio sentiero che la vegetazione e i cinghiali avevano a tratti cancellato, invitando la popolazione e le associazioni italiane e francesi del circondario a collaborare risalendo e ripulendo i sentieri fino ad incontrarsi dove il filo spinato segna la frontiera. Le due parti del sentiero sono state unite in un unico tracciato ribattezzato “Il sentiero della Speranza/le sentier de l’Espoir”. Ma le persone in fuga continuano a passare rischiando la vita, e la popolazione montanara che ha fatto la sua parte come tutti noi europei è in attesa che prima o poi i paesi Ue riescano a mettere in campo una vera politica comune sul tema delle migrazioni.
Maurizio Dematteis