Continuando la presentazione di chi ha scelto di vivere e lavorare in Val Saviore (alta Valle Camonica, Bs), è la volta di un ‘nuovo montanaro’ giunto sin qui da lontano: si chiama Fabio Di Priamo (cl. 1967), è romano di nascita e da sempre mosso da un’autentica passione per gli ambienti di montagna. Dopo varie esperienze lavorative ha messo radici a Cevo, dove ha creato l’Azienda Agricola Planòst e il bell’Agriturismo Valsaviore. “Di Roma non mi appartiene molto, se non un po’ di accento che mi è rimasto”, racconta. “Ho sempre avuto un grande amore per la natura e ho frequentato la montagna sin dall’adolescenza, quando andavo ad arrampicare sul Gran Sasso. Non è stato però semplice potermi trasferire stabilmente in montagna. Dopo il liceo mi sono iscritto a Ingegneria forestale a Trento, ma non riuscendo a sostenere la grande distanza da casa ho fatto ritorno a Roma e ho abbandonato gli studi preferendo un tranquillo lavoro in banca. D’altra parte non mi sentivo realizzato perché per me la vita doveva essere nelle ‘Terre Alte’. Così a trent’anni mi sono spostato prima a Mantova, poi a Verona scegliendo Rovereto come abitazione, quindi ad Andalo. In quel periodo ho seguito un corso di maestro di sci e di guida alpina immaginando di farli diventare la mia professione, ma poi ho conosciuto Silvia, che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie: ancora una volta son dovuto tornare sui miei passi per poterla seguire a Brescia, dove viveva e lavorava. Mi sono licenziato dalla banca e per dieci anni, dal 2000 al 2010, ho lavorato in città come programmatore, mantenendo la casa di Andalo per trascorrervi i fine settimana. Ma non era abbastanza: la montagna era sempre lì, nei miei pensieri. Arrivato a cinquant’anni posso dirlo con certezza: se i sogni non li realizzi prima o poi tornano indietro e vengono a chiederti il conto. Oggi sono qui perché a Brescia sono andato completamente in crisi, fin quando mia moglie mi propose di abbandonare l’idea del Trentino e di venire a Cevo, dove il padre aveva ereditato un antico fienile in mezzo al pascolo di località Planòst, a 1300 metri di altezza, che avremmo potuto ristrutturare per adibirlo a sede di un’azienda agricola e di un agriturismo”.
È così che, nel 2010, Fabio lascia nuovamente il lavoro fisso per dedicarsi anima e corpo a questo stimolante progetto, si iscrive all’Università della Montagna di Edolo, avvia l’azienda agricola e inizia la ristrutturazione del vecchio fienile, adibendo gli spazi a tre appartamenti per gli ospiti per un totale di dieci posti letto. Nel 2014 apre la prima stagione estiva. “Adesso sono orgoglioso di potere condividere il risultato di tanti sforzi e della mia grande passione con chi desidera davvero ristabilire un autentico contatto con la natura. Qui siamo immersi nel Parco dell’Adamello, in una zona risparmiata dal turismo di massa. Sono felice di constatare che tutti gli ospiti apprezzino questo posto e ottime sono le recensioni che lasciano su Booking.com, il mio principale canale promozionale”. L’Agriturismo Valsaviore è anche un piccolo centro equestre: Fabio è istruttore di equitazione ed è felice di trasmettere i suoi insegnamenti per iniziare a cavalcare in sicurezza oppure migliorare la propria tecnica, con l’intento di fare delle belle escursioni nella natura accompagnati dai suoi fidati amici cavalli. Per gli appassionati di trekking e alpinismo, da qui si può arrivare ai 2600 metri di Pian della Regina, da cui si gode di una vista a 360° sull’Adamello, le Lobbie e il Bernina; da Fabrezza, sopra Saviore, si dipartono i sentieri per la Val Salarno, mentre dalla frazione Valle si possono raggiungere il rifugio ‘Città di Lissone’ e la splendida Valle Adamè. Per coloro che preferiscono tranquille passeggiate lungo le strade agro-silvo-pastorali che solcano i boschi attorno a Cevo, in agriturismo è possibile noleggiare i bastoncini da nordic walking in estate e l’attrezzatura per il winter nordic walking in inverno. D’altra parte, pur essendo una zona molto vocata al turismo dolce e sostenibile, Fabio lamenta il disinteresse degli enti locali a valorizzarla opportunamente: “Queste zone potrebbero vivere di solo turismo”, dice, “ma manca la capacità di investire per un ritorno di risultati nel lungo periodo. Noi operatori siamo lasciati soli e dobbiamo arrangiarci come possiamo. Per i miei clienti ho realizzato un piccolo libretto dedicato delle attrattive naturalistiche del posto e fornito la mappatura dei sentieri situati anche alle quote più basse, troppo spesso mal segnalati”.
L’attività agricola dell’azienda è basata sulla coltivazione di mirtilli e ribes che vengono trasformati in composte, arnica montana per la produzione di gel curativo, artemisia genepì destinata a liquore digestivo e patate di cultivar di montagna. “Il mio approccio alla coltivazione è ancora più radicale del biologico, ed è per questo che non ho mai desiderato ottenerne la certificazione”, racconta Fabio. “Lavoro la terra soltanto in superficie attraverso una minima fresatura per non distruggere l’equilibrio e la fertilità del suolo. Il lavoro manuale è tantissimo, ma è anche vero che l’estensione delle colture è contenuta. Mi piace quando i clienti possono venire di persona a constatare la naturalità delle coltivazioni e amo la vendita diretta agli ospiti dell’agriturismo. La maggior parte di chi acquista i miei prodotti vive però a Brescia, dove mi reco a consegnare patate e confetture”. Planòst partecipa al Biodistretto di Valle Camonica e al progetto finanziato da Fondazione Cariplo “Coltiviamo paesaggi resilienti”: per tre anni ogni azienda aderente è impegnata ad adibire alcuni terreni alla coltivazione di cereali di montagna e di patate a fini sia paesaggistici che di sviluppo della filiera corta.
Pur essendo questa una scelta di vita dettata da profonde motivazioni e da autentica passione, è molto difficile riuscire a viverci a fronte di una presenza turistica concentrata soltanto nei due mesi estivi e in qualche fine settimana durante l’anno. Il lavoro da svolgere in un ambiente poco trasformato dall’intervento umano è duro e molto articolato a fronte di guadagni contenuti. “Io mi sposo bene con questo ambiente e vorrei trasmettere il mio spirito per favorire un certo target di turismo. Mi piace pensare che chi viene qua lascia la città e possa immergersi nella montagna e nel silenzio di uno scenario naturalistico autentico”.
Conclude Fabio: “Essere montanari è qualcosa che ti porti dentro ed è parte del tuo carattere, indipendentemente da dove sei nato. Nonostante le difficoltà, anche se sono di cattivo umore, dalle mie vetrate posso ammirare il Re di Castello sopra il Lago d’Arno, aprire la porta, respirare l’aria pura e sentire il profumo di resina degli abeti: tutto questo ripaga i tanti sforzi del vivere e lavorare quassù”.
Michela Capra