Daniele Gorret, Enrico Martinet, Aosta città necessaria, Liaison, Courmayeur 2009
C’è un giovane fotografo italiano, Andrea Botto, che seguo con particolare interesse perché è capace di far emergere quello che ritengo sia uno dei “caratteri” più coinvolgenti della fotografia, ovvero l’essere strumento privilegiato di analisi e riflessione sulle cose. Per Botto la fotografia, in particolare quella di paesaggio, rappresenta “una sezione, uno spaccato in un preciso punto della storia, in grado di mettere a nudo le stratificazioni di un territorio”; i suoi paesaggi mostrano i luoghi non solo per quello che sono, bensì per quello che potrebbero o avrebbero potuto essere, sia in positivo che in negativo; le sue immagini non esprimo certezze, sollevano dubbi.
Da questo punto di vista, Aosta città necessaria ha tutte le caratteristiche di un’immagine interessante e ben riuscita, a partire dalla sua “cornice”: la Liaison, piccolo editore valdostano ai piedi del Monte Bianco, che ci invita a “sentire” tra le mani un prodotto di qualità, ricercato nella sua fattura “artigianale” e nella grammatura della carta, bello da sfogliare e da conservare. Sulla copertina il titolo è accompagnato da “La cité des promesses” di Alberto Savinio, pittore e letterato che nel 1948 ha raccontato Aosta in diversi articoli apparsi per il Corriere della Sera nella rubrica “Finestra in Val d’Aosta”. Il piccolo libro ha una copertina evocativa di grandi temi, messi a nudo da un abbinamento riuscito di sguardi, capaci di indagare una complessa sovrapposizione di strati storici ed emotivi.
Si parte dal rapporto intimo ed entusiasta di Savinio con la città costruita in mezzo alle montagne: Aosta è la «città-madre che sta nel mezzo», capoluogo da cui si diramano le valli laterali della Regione e “grembo” a cui i valdostani sono tutti intimamente legati. Dallo spunto storico di Savinio, presenza costante ma un po’ disincantata, segue la riflessione più attuale di due scrittori autoctoni e contemporanei, Daniele Gorret ed Enrico Martinet, i quali attraverso percorsi nettamente distinti restituiscono la loro immagine di Aosta, più socio-antropologica la prima, più visionario-letteraria la seconda. Il saggio di Gorret “La nostalgia è necessaria” sembra un reportage fotografico; diretto, oggettivo, non lascia troppo spazio all’interpretazione dei fatti: Aosta, dopo aver subito tre “mutazioni genetiche” (urbanistica, economico-sociale e geopolitica), «vive oggi la sua età di crisi», vittima di una «maledizione che le impedisce di coordinare passato presente e futuro in un seguito dotato di senso». Martinet, per contro, ci mostra un’istantanea sbiadita, «con i bordi bianchi seghettati», raffigurante un pezzo di un “Cielo di mezzo” riflesso in una pozzanghera: un racconto a metà strada tra il nostalgico e il disincantato, in cui l’Autore e il suo alter ego sembrano invitarci a recuperare un passato autentico e a guardare di nuovo “in alto”…
Come le fotografie dei grandi maestri, la lettura di Aosta città necessaria ci lascia con una sensazione di sospensione. Le “immagini” di Gorret e di Martinet ci restituiscono una città in forte crisi di identità e sollevano più di un dubbio sul “perché” Aosta debba essere considerata (davvero) una città necessaria. Al contempo, Aosta rappresenta per gli Autori e per i lettori uno spunto per riflettere sul nostro presente, su un mondo contemporaneo anch’esso in crisi, dove i modelli della Quantità e dell’Omologazione si sono dimostrati incapaci di garantire un futuro sostenibile per le generazioni future. Un libro, quindi, che pone dubbi seri e che scuote, come un’eco proveniente da un“altrove”; un libro per tutti coloro che si sentono in cerca di una ragione necessaria per guardare in alto, e non arrendersi.
Alessandro Ottenga