Maria Molinari, “Un territorio immaginato. Vecchie e nuove immigrazioni in un paese d’Appennino”, Mup Editore 2020, 156 pp.
Spiegare gli effetti della globalizzazione sui territori montani non sembra poi tanto difficile. Basta fermarsi a sedere in un piccolo comune dell’Appennino, la catena montuosa più vasta del nostro Paese, a osservare e riflettere. Meglio se un piccolo comune delle terre alte ben collegato al resto del territorio, non troppo alto, ma con caratteristiche tipicamente montane, una storia e una cultura resiliente. E’ il caso di Berceto, raccontato da Maria Molinari nel suo libro “Un territorio immaginato. Vecchie e nuove immigrazioni in un paese d’Appennino”, dove la visione antropologica si radica al territorio per osservare lo scorrere del tempo e delle persone, come la risacca in riva al mare: prima la diaspora bercetese per il mondo, New York, Parigi, Losanna. Poco importa dove ma via, via dal paese in cui “non c’è nulla”, ad alimentare le comunità all’estero con il cuore sull’Appennino. Segue l’abbandono, la fine degli animali sui prati e dei campi coltivati, inghiottiti dal bosco, e la perdita di comunità. Poi pian piano i ritorni, i nuovi montanari dai paesi dell’est Europa in cerca di casa e lavoro, gli “scappo dalla città” in fuga da stili di vita infernali e i “montanari per forza” in fuga da guerre e carestie rifugiati in Italia. Fino alla creazione di una nuova Babele demografica che caratterizza, oggi, quelli che possiamo definire “montanari per scelta”, persone capaci di vedere nei ritmi e stili di vita montanari una prospettiva, un futuro sostenibile e auspicabile per le tante persone che non si ritrovano più in una società avulsa dai ritmi della natura.
Maurizio Dematteis