Di Vanda Bonardo
Il 31 ottobre scorso il Senato ha approvato il testo della nuova legge sulle aree montane, il DDL 1054, denominato Disposizioni per lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane. Il titolo ambizioso lascia intendere buoni propositi da parte dei legislatori, non solo su aspetti come quelli riguardanti gli incentivi economici per le comunità montane e CIPRA non può che riconoscerne lo sforzo legislativo. È apprezzabile che, dopo tanti anni, si mettano al centro dell’interesse legislativo i territori montani italiani con un’attenzione ai diversi aspetti essenziali al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile nelle aree montane. Ma il testo liberato dal Senato nel suo complesso non pare abbia i requisiti che la titolazione poteva rappresentare anche per quel che concerne il capitolo incentivi. Un provvedimento legislativo troppo frammentato, poco strutturato e piuttosto incompleto per riuscire a definire un orizzonte complessivo di sviluppo dei territori montani in un’era di grandi cambiamenti come quella che stiamo vivendo. La principale preoccupazione di CIPRA è a riguardo della mancanza di aspetti essenziali come il riferimento agli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo e avranno sull’ambiente, l’economia e la società montana e sull’effettiva implementazione delle misure proposte nei DDL Montagna.
I cambiamenti climatici, come sottolineato dai più recenti report dell’IPCC e dalla comunità scientifica tutta, rappresentano una minaccia significativa per le aree montane: territori che stanno già subendo un impatto significativo. Basti pensare che solo nelle Alpi, le temperature sono aumentate di 2°C, un tasso due volte più grande rispetto alla media dell’emisfero settentrionale. Eppure, nello strumento legislativo in oggetto gli impatti dei fenomeni estremi e degli effetti dovuti al cambiamento climatico sui territori sono trattati in modo insufficiente. Il testo di legge non include riferimenti specifici al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, e con essi le azioni concrete di sinergia con i ministeri competenti per promuovere azioni di mitigazione e adattamento sui territori.
Questa mancanza si può riscontrare anche su tematiche chiave per l’economia montana quale il turismo. Settore che necessita di un approccio a lungo termine per favorire azioni di adattamento delle economie locali. Il DDL poteva costituire una buona occasione per promuovere azioni di transizione e destagionalizzazione del settore turistico invernale, favorendo pratiche turistiche che rispettino l’ambiente e migliorino la qualità della vita delle comunità locali, evitando impatti negativi sull’ecosistema e sulle risorse naturali.
Un’ulteriore lacuna che CIPRA vuole sottolineare in merito al DDL Montagna è l’assenza di un coinvolgimento attivo della società civile. Le comunità locali, le associazioni ambientaliste e i cittadini tutti devono avere un ruolo centrale nelle decisioni che riguardano i loro territori. Senza il loro contributo, c’è il rischio di implementare misure non condivise dalle popolazioni locali.
Inoltre, la legge nazionale dovrebbe individuare il contesto all’interno del quale formulare indirizzi e politiche che a livello locale successivamente le Regioni, in particolare, andrebbero a definire con specifici provvedimenti normativi. In tale ambito risultava più condivisibile il quadro di obiettivi e governance disegnato dall’Art. 1 del DDL proposto a suo tempo dal senatore Borghi (e più in generale dagli altri due DDL Borghi e Gelmini). Si auspica che il provvedimento, a breve in esame alla Camera, per questo articolo, come per gli altri, venga implementato dalla discussione. Altresì si ritiene che esso possa essere arricchito dai riferimenti di contesto internazionale che coinvolgono, a titolo e con modalità diverse, lo stato italiano e le regioni (Convenzione delle Alpi; politiche Europee; EUSALP; ecc.).
Per il suo valore di atto di indirizzo e coordinamento la legge dovrebbe fornire da una parte un’indicazione specifica di lettura trasversale ed integrata di tutte le politiche che agiscono sulle aree montane, dall’altra dare indicazioni operative perché vengano definiti ed elaborati documenti a livello regionale e locale intorno a questi tre temi che oggi devono essere affrontati con assoluta urgenza: Piani di adattamento climatico; Piani di manutenzione territoriale; promozione di forme di partecipazione decisionale e forme di associative di gestione territoriale. In tale ultima direzione sarebbe utile che il testo di legge facesse esplicito riferimento a nuovi strumenti organizzativi come le Green Communities, le Associazioni Fondiarie, gli Accordi di Foresta, i Contratti di Fiume e di Foresta, come opportunità riconosciute da questa legge, in accordo con le normative già esistenti, per la costruzione di luoghi di gestione territoriale multifunzionale con la partecipazione dei diversi soggetti presenti sul territorio.
Infine, si sottolinea come il DDL non affronti il tema relativo all’organizzazione istituzionale dei Comuni montani. Attualmente solo tre Regioni in Italia hanno mantenuto le Comunità Montane e solo alcune di esse hanno agevolato la formazione di Unioni montane di Comuni. Sebbene questa materia, come molte altre oggetto del DDL, sia costituzionalmente in capo alle Regioni, queste ultime vi provvedono attraverso propri ordinamenti ma che devono auspicabilmente trovare indirizzi e norme quadro che permettano una visione generale comune e un’azione coordinata sovraregionale. La mancanza di un ente che garantisca servizi associati tra Comuni, investimenti e progetti per lo sviluppo socio-economico dei territori costituisce un grave vulnus in un’era di grandi cambiamenti come quella che stiamo vivendo, innanzitutto per quel che concerne servizi come la scuola e la sanità i cui problemi non possono essere risolti con modesti aiuti come un punteggio più elevato e poco altro. L’assenza di un luogo dove si pratichi la governance del territorio impedisce lo sviluppo di tutte quelle attività di pianificazione e progettazione indispensabili per affrontare concretamente i cambiamenti climatici e sociali con scelte innovative dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Non ultima la necessità di una governance che abbia come paradigma di riferimento quello della metro-montagna a partire da una corretta gestione delle risorse naturali di cui la montagna dispone.