Fino al tardo Medioevo la coltivazione dell’ulivo era diffusa in gran parte delle vallate alpine e la produzione di olio era un’importante fonte di reddito per le popolazioni della bassa e media montagna. Risale all’inizio del VI secolo il più antico documento che attesta la coltivazione di ulivi sulle Alpi: si tratta dell’atto di fondazione dell’abbazia di Saint Maurice d’Agaune, nella valle del Rodano, nel quale vengono elencate le proprietà dell’abbazia, tra le quali figurano vasti oliveti nel Vallese e in Val d’Aosta.
Con l’irrigidirsi del clima, l’ulivo era sparito dalle vallate alpine e la sua diffusione arrivava a lambire le montagne solo intorno ai grandi laghi del Nord Italia. I cambiamenti climatici degli ultimi anni, però, hanno reso gli inverni alpini più miti, convincendo alcuni agricoltori della possibilità di reintrodurre la coltivazione dell’ulivo nelle valli piemontesi.
Così, nel 2005, è partito un progetto dell’amministrazione di Cumiana e della Coldiretti di Torino che ha portato alla piantumazione di migliaia di ulivi (nel 2009 erano 12.000) sui terreni di alcune aziende agricole della fascia pedemontana che va dalla Val di Susa alla Val Po, passando per il Pinerolese.
Nonostante le difficoltà dovute al gelo dell’inverno scorso, l’esperimento sembra essere riuscito e, anche se agli inizi, la produzione di olive e olio sta diventando parte dell’economia e della cultura del Pinerolese. Nel 2008 l’amministrzione di Cumiana e il Museo del Gusto di Frossasco hanno organizzato la manifestazione “Olive e Olio”, prima nel suo genere nel territorio, che ha attirato in piazza centinaia di persone, invitate a partecipare in prima persona alla frangitura delle olive raccolte sui pendii e sui terrazzamenti delle montagne pinerolesi.
Nel 2009, poi, è nata l’Assoap, Associazione Olivicoltori Piemontesi, che riunisce una quarantina di produttori e aiuta i soci nella trasformazione del raccolto in olio, attraverso i tre frantoi (anche mobili) presenti sul territorio.
Le finalità della reintroduzione dell’ulivo nei territori di montagna sono numerose e tutte positive per l’economia delle valli. Da un punto di vista agricolo, l’olivicoltura permette infatti di utilizzare porzioni di terreno abbandonate e difficilmente adatte ad altre coltivazioni e di creare una valida alternativa agli agricoltori in caso di necessità di riconvertire le produzioni dell’azienda.
Ma la diffusione dell’ulivo ha delle ricadute positive anche per quanto riguarda la valorizzazione e la promozione del territorio in chiave turistica. Insieme ai vigneti, gli ulivi producono infatti un paesaggio molto apprezzato nell’immaginario turistico, che aumenta la propria suggestione grazie alla vicinanza di alte montagne.
L’ultimo importante vantaggio della reintroduzione dell’ulivo nelle vallate torinesi e pinerolesi si scopre visitando il sito internet del Museo del Gusto di Frossasco: nella sezione dedicata ai prodotti tipici del territorio, infatti, insieme a formaggi, gofri e patate di montagna, si trova – insospettabile novità – proprio l’olio.
Giacomo Pettenati