La prossima estate risuonerà il consueto ritornello dei vacanzieri italiani: «La montagna è bella, ma in Trentino è tutta un’altra cosa!».
Si tratta di un luogo comune, e come tale va smontato senza pietà. Innanzitutto il Trentino e l’Alto Adige sono due realtà molto diverse, anche se condividono le bellezze delle Dolomiti. Il Trentino è pieno di seconde case e le località più frequentate come Campiglio e Fassa si gonfiano a dismisura durante le settimane calde e si sgonfiano nei mesi morti. In questo assomigliano alla Valle d’Aosta e alla Valle di Susa, mentre in Alto Adige o Sudtirolo il turismo è quasi completamente controllato dai locali attraverso l’offerta alberghiera e le “zimmer”, camere in affitto. Il vantaggio è duplice: niente letti freddi nei condomini deserti e salutari scambi tra cittadini e montanari, abituati ad alloggiare gli ospiti nei masi o nelle abitazioni restando padroni a casa propria.

Veniamo alla qualità ambientale: le Dolomiti sono un meraviglioso caleidoscopio di cime, colli, valli, strade, rifugi e funivie, dove il territorio è stato sfruttato senza tanti scrupoli. Se non ci fossero stati i parchi naturali a smorzare la pressione antropica e turistica, mai e poi mai le Dolomiti avrebbero potuto candidarsi a Patrimonio mondiale dell’Umanità. E l’Unesco le sta tenendo sotto controllo! Anche dal punto di vista architettonico ed estetico, famose valli come la Badia e la Gardena soffrono di quel livellamento da “stube” dorata e rustico di lusso che fa preferire a numerosi turisti tedeschi e olandesi la straordinaria creatività contadina delle “povere” valli piemontesi come la Maira, dove in inverno e in estate si dirigono carovane entusiaste di sciatori alpinisti ed escursionisti d’oltre Brennero. In montagna il troppo stroppia come da qualunque altra parte, e forse di più, anche se il turismo di massa non concede alternative.

Dunque non sono poche le ombre e i lati grigi dell’offerta dolomitica, che in Piemonte ci vede senz’altro favoriti sul piano della varietà e della “naturalità” e dovrebbe fugare i complessi di inferiorità quanto a maestosità delle montagne (la fama di una cima dipende solo da operazioni di marketing: pensate alle potenzialità del Monviso) e a bellezza degli ambienti d’alta quota. Ma il confronto troppo spesso finisce lì, perché da noi manca la professionalità. Il piatto va prima ben preparato e condito, e poi offerto con garbo e professionalità a chi viene da fuori. Il turismo è fatto di gentilezza e mestiere. L’ospite deve sentirsi sempre rispettato e apprezzato, anche se non ha la minima idea di dove si trova e tende a scambiare le capre con i camosci. In questo senso l’offerta trentina e altoatesina è infinitamente superiore alla nostra: nel farti sentire al tuo posto. Se sei digiuno di carte ti spiegano dove andare, se non conosci i nomi delle montagne trovi chi te li racconta, se adori i tramonti ma ti sfugge che il rosa del Catinaccio si chiama enrosadira, pazienza: ti perdonano anche quello. I ladini delle Dolomiti sanno che l’ospite viene prima di tutto, anche della loro voglia di rispedirlo in città.
Enrico Camanni