Torretta di osservazione faunistica del Parco del Gran Paradiso
Luogo: Piano dell’Azaria, Valprato Soana (To), Parco nazionale Gran Paradiso
Progetto: Servizio tecnico e pianificazione del Parco nazionale Gran Paradiso, Politecnico di Torino – Facoltà di Architettura II – sede di Mondovì
Coordinamento progetto didattico: arch. Luca Barello con arch. Rachele Vicario, Andrea Delpiano, Paolo Mana
Studenti: Sara Ambrosoli, Andrea Catalano, Andrea Fogliatto, Eleonora Gagliardi, Elena Massa, Alessandro Ponzo, Francesca Roggero, Massimiliano Salzotto, Samuele Usai, Andrea Vivian
Consulenza strutturale: ing. Innocente Porrone, ing. Alberto Iacomussi
Sponsor e coordinamento cantiere didattico: Barbirato Danilo s.r.l., Cossato (Bi)
Fotografia: Sisto Giriodi
Cronologia: progetto 2003/04, lavori 2005

Belvedere, Torrette e piattaforme di osservazione non rappresentano certo una novità nel campo delle architetture dei parchi naturali: la pubblicistica corrente è ricca di progetti e costruzioni di “macchine percettive”, particolarmente diffuse nel Nord Europa.
Ciò che tuttavia rende particolarmente interessante l’altana per l’osservazione faunistica di Valprato Soana è l’originale percorso che ha portato alla sua realizzazione. L’opera nasce infatti dalla collaborazione tra il Servizio tecnico e pianificazione del Parco Nazionale Gran Paradiso e la Sede di Mondovì della Facoltà II di Architettura del Politecnico di Torino, che ha generato un inconsueto intreccio tra didattica e pratiche ordinarie di costruzione. Gli studenti sono stati dapprima coinvolti in un laboratorio annuale di progettazione architettonica mirato alla definizione di idee e proposte attraverso un continuo confronto con l’Ente parco. Una volta definito il prototipo finale si è poi passati all’esecuzione vera e propria delle opere all’interno di un cantiere didattico estivo coordinato e sponsorizzato da un’impresa edile del Biellese.
La scelta è caduta su un solido ligneo dalle geometrie irregolari – i più snob direbbero “frattali” – completamente rivestito di scandole di larice, rialzato da terra attraverso una palizzata e reso accessibile da una corta rampa inclinata. Una scatola che, una volta raggiunta, rende totalmente invisibile il visitatore permettendo l’osservazione anche della fauna più sospettosa.
Posizione, forma e materiali non sono casuali ma esito di un lungo processo di concertazione tra parco e studenti.
I tecnici del Parco hanno individuato come luogo ideale per la realizzazione dell’altana una zona di terreno sopraelevata a fianco di un alto larice isolato e di un roccione affiorante al Piano dell’Azaria, nel comune di Valprato Soana, a circa 1500 m di quota. La collocazione verso la fine di un ampio vallone e la relativa vicinanza al bosco di larici sul versante occidentale la rendono posizione ideale per non risultare troppo evidente alla percezione degli animali, mentre tutto il versante orientale del vallone, generalmente attraversato dagli animali in cerca di cibo, si apre alla vista dei guardiaparco.
In risposta ai temi considerati prioritari dal Parco – attenzione al contesto ambientale, scelta di volumi e materiali, ricerca della mimesi con la natura, facilità di montaggio e di manutenzione –, gruppi di studenti hanno elaborato una serie di progetti in cui l’altana è stata considerata come un’addizione da confrontare con il paesaggio circostante, costituito da vaste aree omogenee (boschi, torrente, fasce rocciose) ed elementi isolati di forte impatto visivo. La fase di cantierizzazione ha infine irrobustito l’opera, obbligando gli studenti a confrontarsi con i nodi critici del loro progetto e mediare tra idee e capacità realizzative.
Come sottolineato dal coordinatore del progetto didattico, Luca Barello, «l’altana è il risultato della mescolanza tra un’architettura “colta” che guarda a modelli geometrici complessi e ricerca finiture raffinate, obiettivo della fase di studio, e un’architettura spontanea, “montanara”, che dà forma alle proprie esigenze adattandosi ai materiali a disposizione e a una necessaria economia costruttiva, scaturita dal lavoro di cantiere. Perdendo una parte della leggerezza di disegno, l’altana ha acquisito in cantiere concretezza e solidità: è un’architettura montana che mescola la ricerca formale di dialogo con il paesaggio circostante con la semplicità degli elementi che la compongono e dei metodi d’assemblaggio utilizzati. Sfuggendo ai cliché vernacolari o delle installazioni “da parco” ovunque omogenee, è diventata parte del luogo in cui è stata costruita, trasformandosi già nei primi giorni in vero “rifugio”, luogo di sosta per i camminatori sorpresi dai temporali estivi».
Mattia Giusiano e Roberto Dini