«La foresta è innanzitutto un’idea, perché in Italia come in gran parte del mondo non le abbiamo più. Abbiamo queste creature, questi manufatti enormi che gli uomini nell’arco dei secoli hanno scolpito. Per conoscere una realtà un po’ più prossima all’idea di foresta devi andare altrove: nord e sud America, Sudest Asiatico, certe zone della Scandinavia o nel nord delle Russia. Lì vedi ancora foreste vere, dove l’attività antropica è stata estremamente ridotta. Per questo la foresta è un’idea, a cui ti avvicini abbandonando le certezze: la sicurezza, la casa, gli oggetti di cui ci circondiamo, i rapporti. E chi ci va da solo, forse cerca di perdere proprio quelle parti di sé che di solito sono così determinanti».
Per Tiziano Fratus, scrittore e cercatore d’alberi, foreste e boschi sono la culla della sua dimensione poetica. Un percorso cominciato mentre si trovava a Big Sur, in California, luogo d’elezione di grandi personaggi della letteratura. «Ho incontrato un parco che includeva quel che rimane di una piccola foresta di sequoie: uno spazio molto piccolo ma sufficiente a far scoccare una scintilla. Ho scritto una serie di parole che poi sono diventate una poesia, e poi ha preso forma la definizione di quello che ho chiamato homo radix: ovvero una persona che attraversa il paesaggio e cerca di creare delle connessioni di carattere spirituale, naturalistico, culturale, con gli elementi naturali».

E’ stato un nuovo inizio, racconta Fratus, una sorta di rifondazione della propria identità e l’apertura di uno spazio interiore da scoprire e riempire. Da allora, e sono passati più di 10 anni, è questa la bussola della sua avventura di uomo e di autore: cresciuta attraversando boschi, cercando e fotografando alberi, scrivendo libri, blog e rubriche su quotidiani, tra convegni, festival e viaggi. Come quello in Giappone, paese la cui cultura ha affascinato Fratus fin da ragazzo: dalla letteratura ai manga, passando attraverso il cinema e la musica.
«A quella voglia di addensare visite, conoscenze, incontri si è accompagnato un altro percorso molto più profondo che riguarda la meditazione. Questo meditare in natura che faccio quasi tutti i giorni mi aiuta a… rimpicciolire, a ridimensionare. Perché dentro di noi si agita lo spirito dell’uomo del proprio tempo che invece vuole emergere, essere considerato. E’ stata una svolta importante perché è come se avessi imboccato un piccolo sentiero senza sapere dove andavo e mi fossi trovato in una foresta molto grande: un paesaggio che comincio a intravvedere, a capire e conoscere, ma c’è sempre qualcos’altro da scoprire».
Il bosco per Fratus è fonte di pace e di benessere. «C’è una cosa che ogni tanto provo a  dire quando partecipo a convegni tecnici, ma né i botanici né i forestali né i contadini ti ascoltano, presi dalle loro tabelle, dai loro dati. Il motivo per cui dobbiamo difendere i boschi che abbiamo non è solo la protezione dell’ecosistema, ma perché i boschi sono le più grandi cattedrali che l’uomo ha a disposizione, luoghi di preghiera laica o religiosa, a seconda del proprio sentire. L’uomo si ristora quando ci va: sei in un bel bosco e stai bene, ed è stato scientificamente dimostrato che è una questione fisica, gli alberi emettono ioni negativi che quando attraversano il corpo ti snervano, ti alleggeriscono».

Uno zainetto, una borsa, la macchina fotografica: è l’equipaggiamento minimalista del cercatore d’alberi, geloso della sua solitudine.
«Mi diletto di fotografia soprattutto in bianco e nero, ma non mi considero un fotografo. Ma lo direi di me quasi in tutto. Amo molto la poesia, le mie intuizioni fondamentali nascono sempre in versi, ma faccio fatica, pensando ai grandi poeti, a considerarmi della stessa specie». Negli anni in cui viviamo il viaggio a piedi non è più esperienza individuale di qualche adito ma addirittura un modo per fare le vacanze: c’è una grande offerta di itinerari organizzati, che ripercorrono anche antichi cammini. «Ma in certe aree protette, in certi giorni, l’impatto è impressionante: mi vengono in mente alcune mete del Gran Paradiso, o la Valle di Rabbi, in Trentino dove c’è la scalinata dei larici monumentali: cammini tra la gente come se fossi in città, e questo rappresenta un serio problema ecologico». I numeri non sono certo quelli degli Stati Uniti, dove le 59 riserve naturali statali sono visitate da quasi 65 milioni di persone concentrate tra giugno e agosto, ma il rischio c’è. «Come fa la montagna a sopportare la presenza di moltitudini di persone che vanno a vedere lo stesso sentiero, lo stesso bosco? Quel luogo decadrà. Bisogna porsi il problema che verrà il giorno in cui alcune delle nostre foreste non saranno più attraversabili liberamente come sono oggi, perché sennò le perderemo. Se non sarà il cambiamento climatico a mangiarsele saremo noi a condannarle».
Il 2019 è un anno particolare per Tiziano Fratus, in cui raccoglie i frutti di anni di lavoro. E’ arrivato da poco in libreria “Poesie creaturali” edito dalla Libreria della Natura – fa impressione vedere 20 anni di poesia racchiusi in un libro, commenta Fratus. E a giugno sarà pubblicato da Bompiani “Giona delle sequoie”: «Non è solo un diario di viaggio ma il frutto di una lunga ricerca sui luoghi e sulle persone.  E’ una storia molto avventurosa quella della California, dove sono nati i primi parchi nazionali e hanno vissuto personaggi quasi mitologici, come John Muir, esploratore, divulgatore, uno dei fondatori del Sierra Club, Walt Whitman, Henry David Thoreau, e Galen Clark, il primo ranger del parco di Yosemite. Un’epica che andava raccontata».
Claudia Apostolo, Legambiente Alpi