Le Aree Interne sono quella vasta parte del territorio italiano, pari a circa il 60 per cento del totale, che per carenza di servizi, opportunità, degrado ambientale e paesaggistico, stanno subendo un calo o invecchiamento della popolazione. Un grosso problema per il nostro Paese, soprattutto in questi anni contraddistinti da una crisi profonda del modello urbanocentrico, incapace ormai di fare da volano, ammesso che l’abbia mai fatto in maniera adeguata, anche per le aree marginali. L’ex Ministro per la coesione territoriale e attuale Dirigente generale del Ministero dell’Economia e delle finanze Fabrizio Barca, per contrastare tale declino si è fatto promotore di una strategia, adottata dal Piano Nazionale di Riforma 2014-2020, denominata per l’appunto Strategia Aree Interne, da portare avanti attraverso i fondi ordinari della Legge di stabilità e i fondi comunitari in capo alle regioni.
Per capire meglio come funziona questa strategia e cosa comporta in specifico per il territorio montano piemontese, a buon titolo compreso nelle Aree interne, abbiamo raggiunto il sociologo dell’ambiente Giovanni Carrosio, uno dei dieci “missionari delle aree interne” incaricati proprio da Fabrizio Barca di percorrere in lungo e in largo i territori marginali dello stivale.
«La Strategia aree interne non è né una politica top down ne bottom up», spiega Carrosio. «Si tratta di un approccio place based». Ah, interessante. Detto in altre parole? «Si tratta di un disegno nazionale unitario per sviluppare relazioni multilivello nelle varie regioni che arrivino fino al territorio». Già meglio. In pratica la Strategia, ci ha spiegato Carrosio armandosi di pazienza, si promette di portare competenze esterne a collaborare con gli attori locali per individuare una serie di linee strategiche da proporre alle regioni su cui concentrarsi nel futuro sviluppo sostenibile di quell’area. Ma la Strategia non si è attivata in tutte le aree interne, non ne avrebbe avuto le forze, ha piuttosto scelto, con l’aiuto delle stesse regioni, una serie di aree pilota su cui concentrarsi per un primo esperimento, quelle porzioni di territorio montano problematiche ma non ancora “perdute”. In Piemonte, regione di cui si occupa proprio Giovanni Carrosio, la Strategia si concentra su: Val Maira, Val d’Ossola, Valli di Lanzo e Alta Val Bormida. «In Val Maira siamo a buon punto – ci spiega Carrosio -, in Val d’Ossola partiamo adesso e nelle altre due aree non abbiamo nemmeno ancora cominciato».
E allora concentriamoci sulla Val Maira, per capire come funziona la strategia e cosa è stato fatto fino ad ora. «L’area interessata ci ha fornito una bozza di strategia preliminare – spiega ancora Carrosio -, un documento con il quale individuava i suoi fabbisogni principali. Successivamente siamo partiti con un’azione di scouting per coinvolgere una serie di attori rilevanti del territorio, pubblici e privati, a discrezione nostra e dei nostri interlocutori locali». In modo da scardinare le logiche clientelari dei “cacicchi locali”, come direbbe Fabrizio Barca. «Insieme agli attori rilevanti abbiamo analizzato le azioni della Regione sul territorio cercando di far coincidere gli obiettivi regionali con quelli locali. Infine, e siamo a oggi, stiamo per licenziare un documento preliminare di strategia con le scelte e i risultati attesi». Un documento interessante, che in estrema sintesi parte dal presupposto che l’indotto turistico creato in questi anni in Val Maira, anche se riconosciuto, studiato e con reti di ospiti lunghe che arrivano persino da paesi esteri, non è stato sufficiente a spostare i numeri demografici della valle. Con buona pace delle giovani famiglie con bambini, e ce ne sono un certo numero, che hanno deciso di investire sulla valle. Per invertire tale tendenza, suggerisce il documento, ci vogliono servizi alle famiglie e alle imprese, altrimenti è tutto inutile. Come crearli? Investendo nell’utilizzo delle risorse naturali locali: centraline idroelettriche e piano forestale per lo sfruttamento sostenibile del bosco. Il tutto per generare utili nel prossimo futuro da poter investire in servizi, a partire da istruzione e trasporti. La Val Maira vorrebbe ristrutturare il sistema scolastico chiudendo i vecchi convitti e aprendo un centro polivalente per elementari e medie a Prazzo. E “rottamare” i vecchi bus da 50 posti per varare un sistema di trasporti più flessibile, con pulmini piccoli che collegano il fondovalle e servizi a chiamata nelle valli laterali, da gestire in proprio con un progetto sperimentale. Un programma innovativo e interessante che cerca di mettere insieme ministero, regione e territorio. Sempre che la Regione prenda seriamente in considerazione l’accordo di programma licenziato dai territori.
Maurizio Dematteis