Martine Rebetez, Le Alpi sotto serra. L’esempio della Svizzera di fronte ai cambiamenti climatici, Casagrande, Bellinzona 2009, 124 pagine, 18 euro

Il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai colpisce duramente le Alpi, intaccando senza scampo anche i luoghi storici del glacialismo e della glaciologia come l’Aletschgletcher, l’immenso fiume di ghiaccio dell’Oberland.
La climatologa svizzera Martine Rebetez, docente presso l’Università di Neuchâtel, è certa che il fenomeno sia legato al riscaldamento globale; lo dimostra concentrando l’analisi sulle montagne della Svizzera, che, in quanto territorio sensibile, diventano indizio e conferma delle mutazioni in corso a livello planetario: «Il ghiacciaio di Aletsch rimane il più grande dell’Europa continentale, nonostante oggi si ritiri di diverse decine di metri all’anno… La storia della capanna Konkordia, che permette di accedere al ghiacciaio, illustra molto bene il ritiro dei ghiacci. La capanna è stata costruita nel 1877, prudentemente ancorata alla roccia circa cinquanta metri più in alto del ghiaccio. Nel caso di un’avanzata glaciale rimaneva in questo modo un buon margine di sicurezza per l’edificio. Ma lo spessore del ghiaccio è diminuito al punto da rendere problematico l’accesso alla capanna. Il sentiero è stato spostato e in seguito sono state aggiunte delle scalette di legno. Nel 1975 è stata costruita una scaletta di metallo, prolungata nel 1996, poi di nuovo nel 1999. Attualmente la capanna si trova a oltre centro metri sopra il ghiacciaio, il cui spessore continua a diminuire ogni stagione».
La Svizzera è il paese più colpito dai mutamenti climatici, o almeno il più preoccupato. Di recente le stazioni turistiche dell’Oberland settentrionale hanno commissionato all’Università di Berna una ricerca sulle prospettive economiche delle loro valli e dei loro villaggi. Nel marzo del 2007 è arrivato il responso, sospeso tra realismo e pragmatismo, in stile elvetico.
Il rapporto sostiene che l’impatto sulla regione sarà tale da danneggiare l’industria turistica, ma non in modo irreparabile. Entro il 2030 si prevede una riduzione di circa il 30 per cento dei profitti della stagione invernale, con la scomparsa di oltre un terzo delle piste da sci. La buona notizia è che l’aumento delle temperature attrarrà più visitatori in estate, andando così a compensare parte delle perdite.
«Significa che il paesaggio naturale cambierà e di conseguenza anche la vegetazione spontanea  – continua la Rebetez –. Per le colture questo può rappresentare un vantaggio, poiché gli abitanti delle Alpi hanno sempre dovuto lottare contro un clima troppo freddo e un’estate troppo breve. Con l’aumento delle temperature, si allungherebbe il periodo utile per le semine e le coltivazioni. Una conseguenza negativa potrà tuttavia derivare dalla maggior frequenza dei periodi di siccità».
Il libro analizza i vari ecosistemi verificando tendenze e mutazioni in corso, e rilevando infine che le conoscenze acquisite dalla scienza devono ancora essere trasformate in decisioni politiche, per «agire in una prospettiva a lunga scadenza e curare gli interessi della società». Anche perché il problema dei cambiamenti climatici non fa che aggravare altre emergenze declarate come la pressione demografica, l’inquinamento dell’aria, la crisi dell’acqua, l’abuso del suolo e l’esaurimento delle risorse. Mai problema fu più globale e transnazionale.
Enrico Camanni