Alberto Di Monte, “Sentieri migranti. Tracce che calpestano il confine”, Mursia 2021, pp. 166, 15 euro

Cinque rotte per attraversare le Alpi, cinque sentieri che a seconda delle epoche storiche cambiano la loro funzionalità. Hanno visto passare eserciti, pastori, stagionali in cerca di lavoro, contrabbandieri. E nei periodi più recenti camminatori, climber, tutine, runner, ciclisti e migranti stranieri. Si, anche migranti in fuga dal loro paese d’origine, in cerca di una nuova dimensione oltre il crinale delle nostre montagne, per poi scendere giù, giù verso altri paesi europei: la Francia, la Svizzera, l’Austria, la Germania, persino l’Inghilterra. Un passaggio spesso pericoloso, al limite delle possibilità di chi lo intraprende, che si trova ora ad affrontare freddo e neve mal equipaggiato, ora il pericolo di cadere in un precipizio a causa della mancanza di tecniche alpinistiche, ora di perdersi e finire in bocca alle guardie a causa dell’inesperienza. Un racconto diverso della montagna, né eroico di sfida, né adrenalinico di performance e nemmeno di fuga interiore, ma molto umano, di necessità, dove tal volta si incontra la solidarietà di chi tende una mano o indica la strada alle persone in fuga verso il loro futuro.
Alberto di Monte, autore attento e appassionato, dopo una prima parte che affronta il fenomeno generale delle migrazioni, entra nel vivo del libro con la parte più originale, dove racconta delle sue missioni lungo i cinque sentieri della speranza, dalle Alpi Marittime al Carso triestino.
Maurizio Dematteis