C’è chi la definisce la “stazione maledetta”: in provincia di Cuneo, a una decina di chilometri da Paesana, porta d’accesso alla Valle Po, gli impianti di risalita di Pian Munè, rinomata terrazza panoramica sul Monviso, sono da un paio d’anni al centro degli incubi di amministratori, sciatori e frequentatori della montagna invernale cuneese.
La piccola stazione sciistica che, con una seggiovia biposto e due skilift, ha segnato l’inizio della carriera di molti piccoli e piccolissimi sciatori della pianura circostante, da due anni ha chiuso i battenti. All’inizio della scorsa stagione un provvedimento del comune di Paesana, proprietario della stazione, aveva vietato l’apertura degli impianti di risalita per lavori di messa a norma delle cabine elettriche e di revisione della teleferica: interventi per un totale di circa 450 mila euro che la Regione (400 mila) e il Comune (50 mila) non sono riusciti a garantire neppure per la stagione invernale alle porte.
Abbandonata dall’amministrazione e dimenticata da valli e comuni vicini, Pian Munè è passata a miglior vita incrociando l’entusiasmo e la passione di Marta Nicolino e Walter Bossa, ex dipendenti della società che gestiva gli impianti e oggi titolari di Baita Pian Croesio, il rifugio in punta alla seggiovia che negli ultimi mesi ha risollevato le sorti di una stazione sciistica quasi dimenticata. «Il provvedimento comunale dello scorso anno ci ha colti di sorpresa – racconta Marta – ma noi ci siamo re-inventati l’inverno. Il boom dello scialpinismo e delle ciaspole e la messa in sicurezza del percorso che porta in un’ora e mezza alla baita, hanno risollevato quella che si prefigurava come una stagione difficile da superare. La gente non chiede altro che una pista tracciata e un posto dove rifocillarsi: battendo la traccia per le ciaspole e mettendo a disposizione i servizi igienici e una terrazza dove sedersi a prendere il sole abbiamo tenuto in vita Pian Munè, facendone una nuova stazione di turismo invernale».
La Garitta Nuova e la Testa di Cervetto alle spalle, mete classiche dello scialpinismo, e itinerari per le racchette da neve di varia difficoltà hanno ispirato la Dodonix, società creata da Marta e Walter, che, organizzando ciaspolate sotto la luna piena, cene in rifugio e giornate gastronomiche, creando un sito web aggiornato su meteo ed eventi e distribuendo volantini dalla grafica accattivante dalla Granda fino a Torino, ha fatto registrare numeri di passaggi superiori a quelli che si contavano con gli impianti aperti. «Nei fine settimana di alta stagione a Pian Munè sono passate circa 800/1000 persone tra scialpinisti, ciaspolatori e famiglie interessate a vivere la montagna anche al di fuori dello sci da discesa – prosegue Marta –. Negli ultimi anni non mi è capitato spesso di vedere così tanto movimento, anche con gli impianti aperti. Nonostante ciò, lo sci di discesa assicurava passaggi anche durante la settimana, periodo in cui si tenevano i corsi di sci per i bambini. Ormai, visto il successo della nostra gestione, molti pensano a Pian Munè come a una stazione di turismo dolce, aperta a scialpinisti e ciaspolatori e chiusa allo sci di discesa. Noi invece crediamo che queste diverse realtà possano coesistere: gli impianti di risalita devono riaprire, intanto perché assicurano degli introiti maggiori, ma anche perché genererebbero un buon indotto nel comune e nella valle, che, con i soggiorni degli sciatori, respirerebbero un po’ di aria nuova».
A detta di Marta e Walter sono bastati una buona dose di lungimiranza, un po’ di voglia di fare e la giusta promozione per riscrivere il destino di Pian Munè: «Ci troviamo in una posizione strategica: a poca distanza dai centri abitati della pianura, si raggiunge in brevissimo tempo un luogo unico, affacciato sull’intero arco alpino», precisa Walter, col tono appassionato del maestro di sci. Sommando skipass e abbonamenti delle scolaresche del saluzzese ai risultati ottenuti dalla gestione Dodonix si può ottenere, almeno a livello ideale, un piatto succulento per molti palati. Ma da qualche anno lo sci sta perdendo le stazioni più piccole, ormai troppo costose nonostante gli sforzi delle amministrazioni pubbliche e dei gestori. Che siano destinate a rispondere alle esigenze di un altro tipo di turismo?
Daria Rabbia