Il sogno della Sportiva, una azienda che fabbrica abbigliamento e attrezzatura da montagna, con oltre 200 dipendenti a Ziano di Fiemme, è svanito. Un sogno ostacolato dalla miopia dei nostri politici (il governatore Ugo Rossi e l’assessore Michele Dallapiccola), dagli operatori turistici del Primiero, dal silenzio mantenuto dal Parco naturale di Paneveggio. Una miscela di opportunismo, clientelismo, debolezza culturale, timori verso l’innovazione, ha deciso che il Primiero rimarrà ai margini dello sviluppo turistico delle Alpi.

In questi ultimi vent’anni il Passo Rolle ha subito una decadenza incredibile: gli impianti sciistici, privi di collegamenti con zone più appetibili, hanno accumulato debiti sempre più insostenibili, gli investimenti sono stati irrisori, sempre limitati dalla persistente conflittualità che ha animato gli attori decisionali dello sci, divisi in più società incapaci di costruire una strategia unitaria. Dal punto di vista paesaggistico la pigrizia e l’incapacità degli operatori del passo ha portato le strutture alberghiere alla decadenza, alcuni oggi sono fatiscenti. La Scuola di Finanza di Predazzo ha imposto sul passo un edificio fuori misura, oggi in gran parte in disuso. Sono rimaste attive e produttive solo tre realtà: i laghi di Colbricon (salvati nella loro integrità dagli ambientalisti), Baita Segantini e la passeggiata del Cristo Pensante (l’orrenda statua fuori contesto). Tre attività estive.

Per provare e risolvere qualche problema del Primiero la Provincia di Trento è sempre intervenuta con proposte estremamente invasive: prima il collegamento di San Martino di Castrozza con passo Rolle attraverso i laghi di Colbricon, poi con la follia metroland, che partiva proprio da qui con una cremagliera da 40 milioni di euro su 3800 metri di percorso, più altri 25 milioni che servivano per collegare le diverse stazioni sciistiche in paese, infine con la fusione imposta alle Casse Rurali del Primiero con Fassa e Agordino. La Cassa Rurale del Primiero aveva accumulato uno spaventoso deficit, insolvibile, causa finanziamenti privi di sostenibilità offerti agli impiantisti locali, agli immobiliaristi di San Martino, come accaduto a Folgaria. L’unico modo per impedire il disastro e provocare un danno irreversibile ai risparmiatori seri era rappresentato dalla avvenuta fusione (settembre 2017).

La provincia qualche tentativo per salvare la valle, seppure maldestro e sopra le righe, lo ha sempre tentato, ma liti storiche fra le varie minuscole società sciistiche, l’abbandono del territorio, l’aver impedito fino dagli anni ’90 ogni intervento di riqualificazione dell’area del Rolle (il piano parco era teso solo allo sviluppo incondizionato), l’aver utilizzato il parco come veicolo di marketing e privandolo di ogni valore più significativo, ha portato San Martino alla totale marginalità, sia nel turismo estivo, che in quello invernale. Il potenziamento degli impianti sul versante Cavallazza, con il devastante inserimento dell’innevamento artificiale, ha dato il colpo di grazia definitivo al paesaggio, alla fauna selvatica: la zona era il regno delle pernici e coturnici, oggi scomparse, l’area di svernamento dei camosci.

La proposta innovativa: basta sci e turismo green
Lorenzo Delladio, l’amministratore delegato della società La Sportiva, nella primavera è sceso in campo proponendo l’acquisto e poi il conseguente smantellamento degli impianti SITR srl. Avrebbe ripristinato l’area per investire nel passo con un’area “La Sportiva Outdoor Paradise”. Il lancio dell’intera zona in veste green si basava su obiettivi semplici, trekking, sci alpinismo, ciaspole, area salute, riflessione, natura, cultura e riqualificazione paesaggistica: un turismo sviluppato 12 mesi su 12. Il vero protagonista del lancio dell’area diventava così il patrimonio paesaggistico: siamo ai piedi del Cervino delle Dolomiti, il Cimon della Pala. L’imprenditore metteva sul piatto 700 mila euro per l’acquisto di impianti che lavoravano in media due mesi all’anno, lo scorso anno erano rimasti chiusi per non accumulare debito, impianti tecnicamente superati. A questo sarebbe seguito un investimento quantificabile in circa 3 milioni e 200 mila euro. Si trattava infatti di mettere mano ai locali della conca Ferrari e ad altri edifici oggi impresentabili, riordinare il sistema dei parcheggi, ritornare all’armonia originaria del passo. Ma a Rossi e Dallapicola la prospettiva non è piaciuta, il PD ha mantenuto la sua proverbiale assenza dal confronto risvegliandosi solo a frittata conclusa, e così Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef, (la confindustria degli impiantisti), albergatori, e specialmente gli immobiliaristi di San Martino, cioè tutti i soggetti protagonisti del fallimento economico del passo Rolle, hanno comprato gli impianti, ripianato i debiti: 900 mila euro in tutto. 300 mila di questi provengono dalla società, pubblica, ACSM, società idroelettrica del Primiero, che invece di devolvere aiuti in settori più qualificanti ormai da tempo sperpera idee e utili nel sostegno dello sci. Non è un caso che il presidente della società sia un albergatore, amministratore pubblico, vicesindaco del comune San Martino – Primiero, Paolo Secco. La frase che riassume la visione sociale su quanto è avvenuto è sintesi dei maestri di sci locali: «Smantellare gli impianti è condizione non trattabile per la realizzazione di un parco outdoor». Assieme alla presidente di Anef hanno ribadito in ogni sede che «Lo sci è radicato nelle nostre Dolomiti, e per ancora tempi lunghi sarà il focus del turismo invernale».
Fallito un sogno si ritorna alla bassa politica: si aprono i giochi verso la provincia, subito sollecitata a intervenire pesantemente. Gli operatori turistici chiedono l’apertura del protocollo “3 Step” e si rivolgono a Trentino Sviluppo, sempre accondiscendente nel distribuire soldi pubblici: si vuole il collegamento di San Martino con il Passo Rolle, qualunque esso sia, deve essere realizzato senza più perdere tempo scrivono nei loro comunicati. Questi imprenditori (ha ancora senso definirli in tal modo?) sanno di essere entrati in un periodo delicato, un anno nel quale tutti i politici diventano deboli e sensibili alle necessità dei poteri forti. Le elezioni provinciali sono sempre più vicine: Rossi e Dallapiccola vogliono consolidare la loro poltrona. A loro dire i cambiamenti climatici sono una barzelletta, la siccità ormai cronica, due anni, e un inverno senza neve, si supera con la devastante costruzione di bacini di innevamento, pagati sempre con soldi pubblici. Questo nonostante in Austria (in Carinzia e non solo) si acceleri la corsa a smantellare aree sciabili a bassa quota o divenute marginali.
Nel tanto pubblicizzato “verde Trentino” non si è pensato a sufficienza quale impatto mediatico avrebbe avuto, nel profilo internazionale, una zona liberata da impianti e riconvertita alla natura. La proposta La Sportiva era già oggetto di discussione in convegni importanti, fin dentro il segretariato della Convenzione delle Alpi, in CIPRA International (Innsbuck, 28 settembre). Non si è voluto investire su una visione turistica e ambientale innovativa, nonostante i proclami, sempre più sterili, inseriti nei documenti della Fondazione Dolomiti UNESCO (siamo ai piedi di uno dei patrimoni delle Dolomiti e nel cuore di un parco naturale). Nelle valli di Fiemme e Fassa abbiamo raccolto diffusa derisione rivolta agli imprenditori del Primiero. Nel Primiero invece prevale lo sconcerto, l’incredulità. La Sportiva non aveva imposto il progetto: aveva presentato le sue idee in partecipate assemblee pubbliche, nei tavoli dei diversi assessori provinciali, agli operatori turistici delle due valli. Poche volte si è assistito ad un investimento da parte di privati tanto partecipato. Oggi si ricade nella rassegnazione. Lorenzo Delladio si ritira definitivamente. Da noi sollecitato a riflettere, a prendersi una pausa di riflessione in attesa del vicino fallimento della nuova società “Impresa e Territorio s.r.l.”, ci ha dichiarato che sono assenti le premesse per la realizzazione del progetto: chi ha contribuito a gettarlo nel cassetto infatti è pronto a boicottare ogni passaggio burocratico, partendo dai comuni per arrivare ai pochi soggetti che ne hanno impedito lo sviluppo. Dieci persone che si sono imposte su una intera vallata, come accade in Primiero da oltre 30 anni.
Luigi Casanova
(articolo inviato alla redazione di “Questo Trentino”)