Ires Piemonte, Le valli di Lanzo. Scenari di sviluppo, Torino, 2015, 81 pp.

Lo studio è stato effettuato nell’ambito del Progetto europeo AlpBC (Interreg Spazio Alpino) con lo scopo di individuare prospettive di sviluppo locale. A un’introduzione metodologica fa seguito una dettagliata analisi di contesto, da cui viene poi derivato uno scenario per lo sviluppo, mentre un’ultima parte è dedicata a come realizzarlo. L’analisi di contesto, condotta utilizzando fonti statistiche e ufficiali è stata integrata da sopralluoghi e indagini sul posto. Se ne è ricavata un’analisi SWOT (punti di forza, di debolezza, opportunità, minacce) che, nel corso di un convegno e di un workshop tenutisi a Lanzo, è stata sottoposta alla discussione degli amministratori pubblici, degli attori economici locali e dei cittadini. In seguito a ciò i ricercatori dell’Ires Piemonte hanno potuto delineare uno scenario evolutivo e propositivo per lo sviluppo delle valli.
Le premesse metodologiche si discostano in parte da quelle di altre operazioni del genere, condotte con visioni e procedure imposte dall’esterno, poco sensibili alle specificità locali, o chiuse in una logica settoriale. Qui si parte invece dall’idea che «i caratteri propri delle aree montane vadano interpretati come elementi oggettivi, e solo all’interno di un quadro di senso più ampio possano essere letti come punti di forza o criticità» (p. 9). Si punta quindi a una visione strategica, cioè sistemica, che metta in relazione tra loro amministrazioni locali (intercomunalità), imprese (reti, filiere, consorzi) e associazioni locali (programmi comuni), Gal ecc., senza nascondersi le resistenze che si incontrano e gli ostacoli che occorre superare. Così se tra i punti di forza troviamo già embrioni di queste connessioni, uniti ad altri fattori positivi come il saper fare in settori tradizionali, l’accessibilità, le dotazioni di patrimonio ambientale e storico-culturale, i punti di debolezza rivelano una società e un’economia locale che riesce a trarre vantaggi limitati da queste potenzialità e dalle opportunità che ne possono derivare. Preoccupa gli estensori del rapporto la “persistenza di comportamenti non cooperativi e campanilistici (fra piccoli comuni, fra valli, fra imprese)” e la “discontinuità/inefficacia delle politiche pubbliche”, caratteri che essi considerano giustamente come minacce.
Lo scenario finale propone quattro obiettivi principali: rafforzare le filiere produttive (specie legno e agroalimentare), riqualificare ambiente, insediamenti e paesaggio, riqualificare l’offerta turistica, migliorare la vivibilità e l’attrattività del territorio agendo in particolare sui servizi. Il marketing territoriale sarebbe affidato al marchio trasversale “Valli di Lanzo”.
Qualcuno potrebbe chiedersi se meritava tanta fatica per arrivare a conclusioni come queste, facilmente prevedibili, oltre che riferibili a molte delle nostre valli alpine. In realtà il valore dello studio, più che in queste indicazioni, che comunque sono ben documentate e possono stimolare un dibattito locale capace di arricchirle, sta nel fatto di mettere gli abitanti di quest’area montana (e anche quelli del pedemonte ciriacese e torinese) di fronte a una realtà oggettiva che sovente sfugge – nelle sue sfaccettature come nel suo insieme – a chi vive e opera sul posto. Riuscire a vedersi dal di fuori, posizionarsi in un contesto di competizione europea o addirittura globale, li aiuta a capire in che modo «la propria identità e unicità è il principale atuot che essi possono giocare» (p. 10). L’ultima parte del rapporto (”Dare corpo allo scenario”) tratta delle condizioni e delle regole di questo gioco e ci fa capire che tutto dipenderà dalla partecipazione attiva degli attori locali e dal supporto che essi potranno avere dagli enti sovraordinati: Città metropolitana, Regione, Stato e Ue.

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