Sauris, piccolo paese della Carnia friulana, in Valle Lumiei, a 1200 metri di altitudine, è una sorpresa che non ti aspetti.
Da Ampezzo, lungo una strada impervia, a picco su forre di centinaia di metri, attraverso spettacolari gallerie lastricate in pietra, si arriva alla diga di Sauris e poco dopo alla conca verdeggiante dell’omonimo paese: 419 abitanti e alcune attività economiche di tutto rispetto, tra cui il famoso prosciuttificio Wolf, il Birrificio Zahre Beer, un caseificio. E poi ancora una segheria, imprese edili, un laboratorio di tessitura e tanto altro.
A Sauris, persino le piste da sci, d’estate, sono verdi, e si fatica a individuare i tralicci degli impianti di risalita. Ora, a Sauris, capita che tutte le mattine, lungo la “temuta” strada, autoarticolati carichi di insaccati scendano verso i mercati del fondovalle, facendo lo slalom tra le auto degli oltre 50 pendolari “al contrario” che salgono per lavorare nel piccolo paese montano.
E non è tutto perché, a Sauris, unico comune della zona ad avere un andamento demografico positivo, la vera “rivoluzione” è l’albergo diffuso: 125 posti letto distribuirti in 27 alloggi, a disposizione dei numerosi turisti in arrivo in tutti i mesi dell’anno. Ma nemmeno l’albergo diffuso è “normale”, perché invece di essere nato dalla spinta di alcuni residenti interessati, con un processo bottom up, è stato imposto ai suoi cittadini dall’amministrazione comunale oltre 20 anni fa, con un processo top down, che meglio di qualsiasi altro indizio rivela l’origine “teutonica” dei suoi abitanti.
Stefano Lucchini, da 15 anni sindaco del piccolo comune, rivendica orgoglioso i risultati ottenuti dalla sua giunta. E dalle giunte prima della sua: «La nostra forza è stata quella di non abbandonarci alla “sindrome del faraone”– spiega il primo cittadino –. Nel senso che il Progetto Sauris, cominciato grosso modo negli anno ’80, è stato portato avanti dai vari sindaci che si sono succeduti, senza che a nessuno sia venuto in mente di “distruggere” il lavoro del suo predecessore».
Tutto comincia dopo il terribile terremoto del Friuli del 1976, che colpì duramente anche l’abitato di Sauris. Quando l’amministrazione del piccolo comune alpino decise di realizzare, per l’appunto, il Progetto Sauris, partendo dalla realizzazione di uno “strumento urbanistico”. «A partire dal 1982 il comune ha censito tutti gli edifici istituendo un “vincolo di destinazione d’uso”». In pratica l’amministrazione di allora si “arrogò il diritto” di decidere le sorti dello sviluppo locale. Il proprietario dell’immobile infatti, una volta dichiarata la cubatura dell’alloggio residenziale, per l’utilizzo della parte rimanente della proprietà deve sottostare alle indicazioni fornite dal comune. Che ha individuato alcune aree votate ad attività artigianali, altre commerciali, una quota massima del 15% di seconde case, e il resto albergo diffuso. Con severe limitazioni per quanto riguarda ad esempio l’apertura di finestre supplementari o l’utilizzo dei materiali per le ristrutturazioni.
«Inizialmente qualche problema c’è stato – ammette il sindaco – perché si è trattato di una vera e propria “ingerenza sulla proprietà privata”. Con tanto di divieto di vendita degli immobili a persone intenzionate a comprare seconde case. Ma il Progetto Sauris va avanti da oltre 25 anni, e oggi se ne vedono i risultati. I miei cittadini, ormai, hanno la piena consapevolezza di quello che abbiamo realizzato».
Sauris rispetto al 2001 ha incrementato i suoi residenti di 5 unità (da 414 a 419), un + 1,2% che segnala una sostanziale tenuta nella popolazione a fronte del calo costante dei comuni limitrofi. L’anno scorso le sue aziende hanno fatturato 24 milioni di euro, e in paese vive una comunità rumena di 34 persone. Tutte impiegate. A sottolineare come, nonostante la posizione geografica, Sauris sia riuscito a diventare una realtà dinamica, perfettamente inserita nel “villaggio globale”.
Maurizio Dematteis