Quattro anni fa, mentre la propaganda politica snocciolava cifre milionarie da capogiro indicando col dito i boschi sulle pendici delle valli alpine piemontesi, il Consorzio forestale Alta Val Susa si trovava a un bivio: chiudere o rilanciare. Con una quarantina di dipendenti, tra fissi e stagionali, e un passato glorioso di oltre sessant’anni di attività, partito sulla spinta ideale dell’eredità dell’Escartons di Oulx, quando nel secondo dopoguerra aleggiava in valle un’idea solida di gestione autonoma di valle, il Consorzio si trovava ad affrontare un periodo dal futuro incerto, pur essendo una tra le principali risorse occupazionali e lavorative dell’Alta Valle di Susa.
Con la fine della retribuzione ai membri del Cda, il Consiglio si stava lentamente sciogliendo come neve al primo sole primaverile, abbandonando l’ente di proprietà di 14 comuni dell’Alta valle, ormai divenuta Azienda speciale, a un destino incerto, senza prospettive sicure.
L’“uomo della provvidenza” viene individuato in Massimo Garavelli, già presidente del Parco del Gran Bosco di Salbertrand, il quale si prende una settimana di tempo per decidere se accettare la sfida e diventare il Presidente del Consiglio di amministrazione del Consorzio, con il rischio di essere ricordato come un “tagliatore di teste”, o defilarsi: «Si trattava semplicemente di capire – spiega Massimo Garavelli – se c’erano i presupposti per tenere a galla la struttura in un periodo in cui tutto ciò che era pubblico faceva “pluf”…». Passati i sette giorni il verdetto è positivo, e Garavelli si rimbocca le maniche: «Ho cominciato a garantire una presenza fissa quotidiana in azienda. Per poi cercare di razionalizzare le spese e trarre maggiore reddito dalle commesse, fino ad arrivare a un vero e proprio tariffario», per evitare “prezzi ad personam”…
Oggi il Consorzio forestale Alta Val Susa si sostenta esclusivamente con il proprio lavoro. Grazie alle competenze dei suoi lavoratori progetta, dirige e realizza direttamente gli interventi in campo agro-silvo-pastorale, ambientale di gestione del territorio fino a occuparsi addirittura di viabilità ed edilizia pubblica. «Capita spesso di venire incontro alle esigenze dei comuni – continua Garavelli – e lavorare in sostituzione dei loro uffici tecnici, che ormai sono ridotti al lumicino». Ma non basta. Perché attraverso la “risorsa legno” il Consorzio per “fare cassa” ha in progetto di «passare dalla vendita del legno a quella del calore – spiega il Presidente –. Pensiamo alla realizzazione di tre o quattro centrali a cippato in alta valle da rifornire attraverso gli scarti della nostra produzione, o con il taglio dei nostri lotti di essenze, come ad esempio il legno di pino, che diversamente hanno poca possibilità di andare sul mercato se non sotto forma delle poco pregiate cassette». Il primo dei tre progetti dovrebbe partire proprio con la sede del Parco del Gran Bosco di Salbertrand, con un meccanismo tanto semplice quanto efficace: una società cooperativa privata investe nella costruzione della centrale, il Parco gli garantisce il rifornimento di energia per almeno 20 anni (con un risparmio del 15% rispetto all’energia oggi acquistata), e il Consorzio garantisce la fornitura di cippato. Felici e contenti, e il cerchio si chiude.
Tutto bene quindi? E un futuro florido e sicuro? Non proprio, perché i “terremoti” nell’assetto dell’amministrazione territoriale, che hanno recentemente investito le valli alpine, rischino di fare più danni del dissesto idrogeologico. «Stiamo lavorando per ottenere un accordo con le due nuove unioni di comuni – spiega Massimo Garavelli – che dovrebbero sostituire la vecchia Comunità montana alla quale facevamo riferimento». Le due unioni di comuni nelle quali sono stati sparpagliati i 14 municipi dell’Alta valle titolari dell’Azienda speciale. Perché “traghettare le Alpi oltre la crisi”, per chi si occupa di “cose di montagna”, significa anche questo: trovare gli assetti territoriali appropriati per affrontare le sfide del XXIesimo secolo.
Maurizio Dematteis