Ormea è una piccola cittadina dell’Alta Valle del Tanaro, in Provincia di Cuneo ai confini con la Liguria di Ponente, che da alcuni anni sta attraversando una profonda crisi dovuta alla chiusura della cartiera, azienda insediata sul territorio dall’inizio del ‘900 e che ha avuto per decenni alcune centinaia di dipendenti, oltre che di altre importanti attività produttive. Oggi i residenti sono ridotti a 1650 e l’attività con il maggior numero di dipendenti è la casa di riposo, che ne ha venti. Il resto dell’economia è costituito dalla presenza di un istituto scolastico superiore a indirizzo forestale con il convitto e il relativo indotto e dalle attività ricettive, commerciali, di ristorazione e di servizio.
All’inizio di agosto di quest’anno il proprietario di un albergo situato al primo piano di un palazzo che si affaccia sulla piazza principale della Città ha proposto alla Prefettura di Cuneo la sua struttura, in difficoltà di gestione, per ospitare una trentina di cittadini stranieri richiedenti asilo. Appena la notizia è diventata di dominio pubblico si sono avute decise reazioni e opposizioni, inizialmente dai residenti nel condominio che ospita l’albergo, dove ci sono un’ottantina di alloggi ai piani superiori e alcune attività commerciali e di servizio al piano terreno, e poi in modo più diffuso dalla comunità locale. In una affollatissima assemblea pubblica organizzata il 31 agosto un gruppo di operatori commerciali locali ha addirittura proposto un’assunzione collettiva della gestione dell’albergo, sollecitando l’adesione e il sostegno della popolazione a questa operazione. La notizia di questa proposta è stata rapidamente diffusa, inizialmente dai giornali e dalle pagine locali e immediatamente dopo da quelle nazionali dei quotidiani e dalle varie reti televisive, ed è stata anche commentata nella rubrica della prima pagina de “La Stampa”, nello stesso giorno in cui veniva pubblicata la fotografia del bimbo siriano morto sulla spiaggia di un’isola della Grecia, da Massimo Gramellini, sotto il titolo “Ormea culpa”.

L’Amministrazione Comunale ha espresso la sua contrarietà alla collocazione di un gruppo consistente di rifugiati nell’albergo, per il contesto condominiale e per l’inadeguatezza degli spazi collettivi del locale, e ha avanzato alla Prefettura una sistemazione alternativa: abbiamo proposto di accoglierli nell’edificio che, fino a tre anni fa, ospitava gli anziani della casa di riposo locale, che sono stati trasferiti in una nuova struttura. L’edificio si trova sulla strada statale nel centro storico della città ed è di proprietà dell’Ipac “Casa di riposo Renzo Merlino”, ente totalmente pubblico gestito da un Consiglio di Amministrazione nominato dall’Amministrazione Comunale. La proposta è stata avanzata per mettere a disposizione una struttura più ampia e adeguata e per garantire una gestione pubblica dell’accoglienza, di regola gestita da cooperative o da privati proprietari di strutture ricettive, motivati da legittime aspettative esclusivamente economiche.
L’Amministrazione Comunale ha ritenuto che la gestione dell’ospitalità da parte di un ente pubblico possa portare a risultati migliori sia per la convivenza con la comunità locale che per una miglior qualità e funzionalità dell’accoglienza di persone che arrivano da situazioni di conflitti o di povertà e delle iniziative di integrazione. E’ stata stipulata una convenzione con la Prefettura per la gestione dell’ospitalità di 36 cittadini stranieri richiedenti asilo per due anni e l’Ipac, oltre a garantire tutti i servizi di ospitalità previsti dai protocolli, ha assunto, a seguito di bando pubblico, sette persone, di cui tre a tempo parziale, impegnate esclusivamente nelle attività di assistenza e di accompagnamento. Il coordinatore del gruppo, dottor Paolo Ferraris, è dotato di una importante esperienza in diversi paesi dell’Africa e dell’Asia con organismi e associazioni umanitarie. L’Amministrazione della Casa di Riposo sta investendo tutto quello che potrebbe essere definito “utile di impresa” in assunzioni di personale aggiuntivo a quello impegnato a fornire i servizi di ospitalità, che ha l’esclusivo compito di assistere e accompagnare i giovani stranieri durante la giornata e di impegnarli in attività di pubblica utilità, ricreative o di formazione.
E’ già stato predisposto un Protocollo d’Intesa fra la Prefettura di Cuneo, l’Amministrazione Comunale, la Casa di Riposo e un gruppo di associazioni di volontariato locale, per consentire ai rifugiati di svolgere lavori di pubblica utilità per la comunità locale.
Nei giorni scorsi sono arrivati i primi rifugiati, provenienti dalla Nigeria e dal Mali, che, dopo qualche giorno di adattamento, hanno avviato rapporti con persone del paese, sono stati accompagnati a conoscere la realtà in cui si trovano e hanno già iniziato a impegnarsi in attività e lavoretti. La maggioranza della popolazione locale, che ha un’età media vicina ai 60 anni, guarda con attenzione e un po’ di preoccupazione a queste nuove presenze, ma ci sono stati significativi atti di generosità e di disponibilità, nonostante alcuni attivisti della Lega abbiano promosso una raccolta di firme contro questa accoglienza che è stata sottoscritta da più di 400 cittadini. Sarebbero utili e importanti, sia per i rifugiati che per le comunità locali, modifiche della normativa sull’accoglienza che consentano, già nel periodo di attesa dei permessi di soggiorno che si protrae ben oltre i tempi stabiliti dalla legge, la possibilità di impiegare i giovani rifugiati in corsi di reale formazione professionale e in attività lavorative non soltanto di volontariato, attraverso apposite convenzioni, come il recupero e la coltivazione di terreni abbandonati e la pulizia dei boschi, pubblici e privati
Giorgio Ferraris, Sindaco di Ormea