La sigla Dop designa un prodotto originario di un territorio le cui qualità e caratteristiche siano essenzialmente, o esclusivamente, dovute all’ambiente geografico. La produzione, la trasformazione e l’elaborazione del prodotto devono avvenire nell’area delimitata. Da oltre 25 anni, a Entracque c’è una produzione che sfrutta le risorse naturali presenti sul posto il cui areale di distribuzione si spinge fino al Mar Ligure. Il prodotto non ha una sagra dedicata né lo si trova in vendita nei negozietti del paese. Viaggia lungo i cavi dell’alta tensione e per averlo basta un clic.
Si chiama elettricità e se non possiede etichetta né caratteristiche che ne denuncino la provenienza, non di meno i suoi luoghi di produzione sono stati fortemente caratterizzati dalla costruzione e dall’attività degli impianti Enel. Gli esempi sull’arco alpino sono tanti. La centrale idroelettrica “Luigi Einaudi” di Entracque, in servizio dal 1982, sfrutta le acque di tre bacini situati nell’alta valle Gesso. Con i suoi 1200 MW è il maggiore impianto d’Italia nel suo genere e uno dei più potenti in Europa.
La scelta di presentare l’elettricità come un prodotto tipico di Entracque, accanto alle più famose patate e ai bodi, permette di affrontare due argomenti distinti e ugualmente interessanti. Da un lato la costruzione dell’identità aziendale a cui l’Enel sta lavorando sul piano nazionale e internazionale da almeno un decennio. Finita l’era dei grandi espropri e delle grandi opere, si punta a creare un profondo legame con il territorio e una forte sinergia con le comunità locali, che si traduce in itinerari culturali, escursionistici o ciclistici e in percorsi di visita situati all’interno delle centrali. Anche la centrale di Entracque è visitabile da cittadini, villeggianti e turisti di passaggio (18.000 presenze all’anno), a cura dell’apposito Centro Informazioni della centrale.
D’altro lato è in gioco la questione del mutamento del volto di un paese. La centrale costituisce infatti uno dei capitoli chiave della storia di questa valle e di Entracque: in piena fase di spopolamento la sua costruzione coinvolse 35 imprese e richiese 13 milioni di ore lavorative e quasi 15 anni. Diede lavoro nei cantieri e portò maestranze forestiere in valle. Alimentò dialettiche interne e mise il paese al centro di una delle prime battaglie ambientaliste dell’Italia del boom, quella contro i cosiddetti canali di gronda. Destò dinamiche e tensioni ancora ben vive nel ricordo degli abitanti di un paese oggi a vocazione turistica e commerciale-artigianale.
Definire “tipica” la produzione di energia idroelettrica significa iniziare a leggere il paesaggio alpino nel suo divenire storico e nella sua interezza, oltre le lenti bucolicizzanti dei pieghevoli turistici, tenendo conto non solo dei pascoli e delle amene cascate, ma anche dei tralicci, segni – a volte cicatrici – del rapporto in divenire tra il territorio e chi lo abita.
Irene Borgna