«Le montagne sono l’anello debole del sistema. Se si tolgono quelle olimpiche, o del Nord est, e in parte le Alpi Marittime, tutto il resto dell’arco alpino non è che abbia grandi chance». Sono le dure parole di Cesare Emanuel, Rettore all’Università del Piemonte orientale, di commento all’indagine condotta nell’ambito del progetto Interreg Strattour, avviata dalla Regione Piemonte attraverso Sviluppo Piemonte Turismo e realizzata in partnership con le università piemontesi e Ca’ Foscari di Venezia. Oltre 5000 questionari somministrati ad altrettanti turisti, da 15 intervistatori in 77 località rappresentative per prodotto e stagione turistica, nell’arco temporale luglio 2010-giugno 2011.
I risultati dell’indagine sono raccolti nel volume “Impatto economico, ricadute e redditività del turismo in Piemonte”, Conti Editore 2012, presentato a Torino lo scorso 16 luglio in occasione del convegno “Piemonte: turismo e ricadute economiche”.
Non è un caso che la Regione abbia per la prima volta attuato una rilevazione di così ampio raggio sul tema del turismo. Dal momento che dal 2000 i flussi turistici nella regione sono cresciuti del 58,7 per cento e nel 2011 si sono registrate oltre 12.845.000 presenze. Il 66% dei flussi proviene dal mercato domestico e i principali mercati esteri sono: Germania, Paesi Bassi, Francia, Svizzera, Regno Unito e Usa. Complessivamente la ricchezza prodotta dal turismo in Piemonte pesa per il 4,4% del Pil regionale.
«La parte riguardante l’identikit del turista è significativa – spiega Emanuel, curatore di questa parte di analisi dati – perché rivela che quando i turisti non sono piemontesi, e quando non sono esclusivamente pensionati, presentano requisiti significativi: hanno interessi culturali, capacità di spesa, motivazioni che vanno al di là della semplice vacanza relax, e sono dei ‘vagabondi’». Parecchi gli stranieri, soprattutto attirati dai laghi e da Torino. In crescita anche le Langhe.
Per quanto riguarda le Alpi, «c’è un turismo di forte attrazione endogena a Torino e nelle valli olimpiche, con componenti evidentemente giovani – continua Emanuel –. L’altra area forte del Piemonte, come appare da queste inchieste, è il Nord est, ai margini dell’agglomerazione milanese. Parlo della Valsesia». Qui la regione Piemonte ha fatto investimenti non indifferenti. Come nel caso del comprensorio sciistico del Monterosa Ski, che collega Alagna alla Valle d’Aosta. «Alagna si configura come porta d’accesso verso un grande comprensorio sciistico, che in Piemonte si ritrova solo sulle montagne olimpiche», sottolinea il Rettore.
Interessante è inoltre l’interazione del Sud Piemonte con la Liguria, l’arco marittimo. «Il retroterra costiero, mentre una volta era di 10 km, adesso sta diventando di 100 – spiega Emanuel -. L’utenza turistica in arrivo dalla Liguria è caratterizzata da un livello di istruzione alto, interessi culturali e buone disponibilità finanziarie».
Ma se le montagne olimpiche hanno come bacino d’utenza Torino, i laghi gli stranieri, le montagne del Nord-est Milano e le montagne marittime incrociano il turismo ligure, stando ai risultati di questa indagine campionaria, il resto dell’arco alpino piemontese sembra essere un territorio di second’ordine. «Dove non ci sono i comprensori turistici, dove non c’è un’attrezzatura ricettiva, la montagna è in sofferenza», afferma il Rettore. Le montagne del Cuneese e la montagna torinese non olimpica, sono identificate come luoghi di relax, incarnando il tradizionale e obsoleto soggiorno climatico alpino. I frequentatori di queste aree hanno un livello socio demografico basso. Età avanzata, e propendono per un soggiorno lungo con famiglia in abitazione di proprietà o in affitto, in controtendenza rispetto alla media di permanenza nel resto del Piemonte di tre-sette giorni.
«I problemi che già erano conosciuti per la montagna marginale, si possono intravedere anche da questa indagine – spiega Emanuel –. Per scoprire se in alcuni di questi posti esistano aree dinamiche, bisognerebbe fare indagini molto più mirate e geograficamente circoscritte. Indagini che potrebbe realizzare un’associazione dedicata come Dislivelli», abbastanza capillari da svelare progetti di sviluppo locale con forte attrattiva turistica.
Si ripropongono dunque i soliti dubbi sulle ricadute economiche delle seconde case in territori montani. «Portano una marea di camere vuote – sottolinea Emanuel –. Non si riesce a integrarle dentro una filiera di prodotto. Costano ai proprietari, non vengono utilizzate adeguatamente, e costano alle amministrazioni locali». Un progetto su come valorizzarle secondo Cesare Emanuel non è ancora stato realizzato in Piemonte. In Nord Europa per esempio esiste la pratica dello scambio casa. In alcune regioni italiane, soprattutto in montagna, è in atto l’esperienza felice dell’albergo diffuso. «In Valsesia so che si è cercato di lavorare a questi tipi di progetto, pratica che darebbe in termini di moltiplicatore di valore risultati significativi».
Dall’indagine emerge anche un altro dato significativo che accomuna pressoché l’intera regione. Il 61 per cento degli intervistati ha raggiunto le località in auto, percentuale che sale al 96% sulle montagne torinesi e al 92% sulle montagne del Cuneese. «Quello che manca è l’intermodalità nei trasporti, sinergie tra aereo-treno-trasporto pubblico. Questo sarebbe un vantaggio non solo per il turista, ma anche per la popolazione residente. Con i tagli della Regione Piemonte sui trasporti, quelli già fatti e quelli paventati, la situazione è destinata ad aggravarsi», conclude il Rettore.
«I dati scaturiti dalla ricerca saranno alla base della stesura del Programma Strategico del Turismo 2013-2015 che vogliamo costruire con la collaborazione degli operatori turistici piemontesi», ha sottolineato l’Assessore Alberto Cirio il 16 luglio.
Per questo motivo è nato il blog di discussione e partecipazione www.piemonte-turismo.it
Marcella Rodino