La Convenzione delle Alpi è un trattato per il territorio. Anzi è il primo trattato internazionale al mondo per una regione di montagna. Nei suoi primi vent’anni di esistenza, sull’onda dell’entusiasmo per la sua nascita, molto è stato fatto. Sono stati approvati otto protocolli tematici, relativi alla pianificazione territoriale, all’agricoltura, alle foreste, alla natura e al paesaggio, all’energia, al suolo, al turismo, ai trasporti. Nel 2003, poi, è stato istituito un Segretariato permanente con il compito, fra le altre cose, di rappresentare la “voce” delle Alpi e di stimolare l’attuazione della Convenzione. Nel tempo sono stati istituiti molteplici gruppi di lavoro , i quali hanno prodotto importanti relazioni scientifiche e linee guida su alcuni dei principali temi di interesse per lo sviluppo sostenibile nelle Alpi, come ad esempio la recente Relazione sullo stato delle Alpi dedicata allo sviluppo rurale e all’innovazione e le linee guida sul piccolo idroelettrico.
Tuttavia, molto resta ancora da fare. E, in questo ambito, non si può non menzionare quella che appare oggi essere la debolezza principale della Convenzione delle Alpi, cioè l’ancora insufficiente radicamento sul territorio, specialmente in alcuni paesi (fra cui Italia, Francia e Svizzera). Le ragioni sono molteplici: la mancata ratifica dei protocolli da parte di alcuni paesi (Svizzera e Italia), ma soprattutto il fatto che si tratta di un trattato fra stati, che ne detengono la principale responsabilità, e come tale è spesso visto con circospezione o sospetto dagli enti regionali e locali. Il che è paradossale, per tre motivi: primo, perché gli ambiti di applicazione della Convenzione e dei protocolli toccano molteplici materie di competenza regionale e locale; secondo, perché tutti i protocolli impongono agli stati di coinvolgere attivamente gli enti territoriali nella definizione e messa in opera delle misure di attuazione e nella valutazione della loro efficacia; o prevedono misure di compensazione per i servizi di interesse generale offerti nel territorio di montagna. Gli enti territoriali, pertanto, possono trarre indubbi vantaggi da questa Convenzione; terzo,  perché le problematiche affrontate dai protocolli sono proprio quelle che più toccano da vicino gli interessi sostanziali del territorio e della sua gestione (cambiamenti climatici, cambiamenti demografici, turismo, mobilità, energia, ecc).
Conscio di questa situazione, ma anche di questi paradossi, il Segretariato permanente ha individuato nella “territorializzazione” della Convenzione delle Alpi, intesa come “appropriazione” delle finalità e delle disposizioni dei protocolli da parte degli enti regionali e locali, la propria principale priorità. Ciò si è concretizzato in alcune iniziative concrete, fra cui, ad esempio, l’invio a tutti i comuni alpini e alle Comunità Montane di un “manuale per l’attuazione della Convenzione delle Alpi” ; il progetto Superalp!, la traversata annuale delle Alpi con mezzi di trasporto sostenibili; il concorso che prevede il supporto finanziario a idee per lo sviluppo sostenibile nelle Alpi.
Perché destinare 45.000 euro a tali idee? Perché riteniamo che siano molteplici le idee di progetti di attuazione della Convenzione e dei suoi protocolli che necessitano di un aiuto per “decollare”; perché riteniamo che la possibilità di accedere a un sostegno finanziario permetterà di accrescere il numero degli enti che oggi seguono con interesse i lavori della Convenzione; perché un “Premio” Convenzione delle Alpi permetterà di facilitare lo scambio di informazioni sulle idee premiate e quindi delle buone pratiche per il territorio.
Marco Onida

Info: www.alpconv.org