Per capire la realtà attuale di molte aree del nostro Paese dobbiamo considerare il crollo del modello policentrico dell’Italia dei campanili avvenuto dal Dopoguerra ad oggi che ha indebolito il tessuto dei borghi e delle terre alte a vantaggio di coste e centri urbani, e contribuito alla crescita esponenziale delle disuguaglianze tra territori coinvolgendo persino gli stessi diritti di cittadinanza, provocando un serio deficit di democrazia.
L’Italia oggi è solcata da fratture territoriali sempre più ampie, come lungo la dorsale appenninica, una vera e propria faglia di marginalità, caratterizzata da rarefazione dei servizi, mancanza di opportunità occupazionali ed emorragie demografiche, aggravate in centro Italia dall’ultimo sisma del 2016.
Per invertire questo fenomeno di sperequazione territoriale e di depauperamento delle comunità non urbane è oggi più che mai urgente l’apertura di una fase di modernizzazione, sia istituzionale che economica. Serve infatti un nuovo modello istituzionale che ricucisca la cesura che c’è stata nella relazione con i centri urbani anche perché quel ricco sistema di relazioni ancora esistente o che si sta costruendo tra città e campagne, su cui oggi sono basati molti dei cosiddetti servizi ecosistemici, ancora non ha trovato adeguato riconoscimento nonostante alcuni primi passi realizzati nel dimenticato collegato ambientale alla legge di Bilancio del 2015.
E’ necessario dunque costruire un modello di governance che aiuti a rafforzare quelle aree indicando percorsi premianti di rigenerazione sociale e recupero territoriale che passino prioritariamente per la manutenzione e la prevenzione dal dissesto idrogeologico, valorizzando la multifunzionalità dell’agricoltura, la gestione delle selvicoltura e dei bacini idrici, il ciclo ottimale dei rifiuti e delle acque. Funzioni fondamentali che con la precipitosa e incompiuta messa al bando delle province si trovano spesso senza un intestatario istituzionale.
In questo non aiuta infatti la monca riforma realizzata dal ministro Del Rio con il dl. 56/2014 che a un lustro di distanza resta uno strumento di mancata innovazione istituzionale che non è affatto riuscita nella sua funzione fondamentale che avrebbe dovuto essere quella di guidare la parallela innovazione delle filiere produttive e delle economie e dei servizi territoriali. Anzi ha ostacolato il possibile contributo che quei territori avrebbero potuto portare per superare la crisi strutturale demografica ed economica, ma anche la sfida climatica per aprire una nuova stagione di costruzione di società a basse emissioni e a basso consumo di suolo, energia e materia, già per altro in atto come risposta alla scarsità di risorse.
Solo un’idea diversa di innovazione del paese guidata da una forte policy nazionale e dal rafforzamento delle governance locali può dar vita a specifiche politiche attive – che incoraggino moderne scelte di pianificazione, dal maggiore controllo del consumo di suolo, al recupero edilizio e energetico, allo sviluppo di moderne infrastrutture telematiche – e produrre una maggiore qualità della vita e servizi diffusi.
Per realizzare questa innovazione serve l’urgente attuazione della Legge 158/2017 sostenuta fortemente da Legambiente e dall’onorevole Ermete Realacci che, legata a un azione diffusa di capacity building, potrebbe restituire ad amministratori e comunità una bussola capace di individuare anche le misure concrete, le istruzioni alla base di percorsi amministrativi, imprenditoriali e sociali di superamento della marginalità.
Segnali positivi arrivano intanto da importanti aziende di servizi universali come Poste Italiane e Openfiber – operatore della banda ultralarga in Italia – che hanno messo al centro della loro mission rispettivamente la diffusione di servizi dedicati ai piccoli comuni e alle aree a fallimento di mercato proprio in un azione di recupero dell’offerta di servizi e di conquista di mercati prossimi venturi.
Una ulteriore sfida importante si gioca per questo anche in Europa, con la prossima stagione di programmazione dei fondi strutturali che metterà a disposizione risorse aggiuntive per orientare le policy e sostenere i processi di innovazione anche sociale. La fase di discussione in atto sull’utilizzo delle risorse comunitarie del ciclo di programmazione 2021-2027 rappresenta una grande occasione per affrontare e dare risposte concrete alle grandi emergenze del Paese ed avviare processi virtuosi e lungimiranti.
Se è infatti vero che il nuovo modello di sviluppo che la crisi sta delineando impone economie a basse emissioni, manutenzione del territorio per la sicurezza dei cittadini e delle imprese, un’equa ridistribuzione territoriale e un decongestionamento dei centri urbani, allora i centri rurali e l’Italia dei borghi si prestano come laboratorio di eccellenza per sperimentare politiche innovative che rigenerino i tessuti sociali e le economie locali.
Alessandra Bonfanti, Responsabile Piccoli comuni e Mobilità dolce Legambiente Onlus