Chivasso, 19 dicembre 1943: i rappresentanti delle popolazioni alpine siglano un documento in cui rivendicano, al tramonto della “triste compagine fascista”, forti istanze autonomiste, incentrate sul federalismo interno e sull’autonomia linguistica e culturale. In pratica, se da una parte si rivendica il rispetto delle minoranze, dall’altra viene espressa un’esigenza di autonomia nel campo economico e sociale, con riflessi rilevanti anche sotto il profilo fiscale.
Sono passati ormai quasi 70 anni da quel giorno. E dal momento che per le popolazioni delle vallate alpine del Piemonte è peggiorata la situazione di emarginazione politica, economica e culturale, alcuni dei suoi rappresentanti si ritrovano per una nuova proposta da condividere con tutte le persone e realtà a cui sta a cuore il futuro della montagna.
Si chiama “Patto delle Alpi piemontesi”, ed è un breve documento, conciso e diretto, con cui i proponenti (elenco dei firmatari) chiedono il riconoscimento di alcuni diritti.
Partendo dal presupposto che in Piemonte la pianura quasi completamente antropizzata è circondata da un territorio alpino che si sta sempre più desertificando. E che l’approccio liberal imperante in pianura ha dimostrato tutti i suoi limiti per i territori montani, portando per l’appunto allo spopolamento e, in alcune valli, un modello di sviluppo turistico non sostenibile. Il documento si auspica che le valli alpine e la pianura, che negli ultimi tre secoli si sono allontanate, superino questa frattura nell’interesse di tutta la Regione.
Come? Con alcune ricette ben precise: sussidirietà e ridefizione dei collegi elettorali montani. Gestione del territorio affidata e riconosciuta come una delle funzioni della popolazione alpina. Un livello minimo di servizi come leva per far ripartire il volano dell’economia alpina.
Ma il “Patto delle Alpi piemontesi”, lanciato nel 2006, non è solo “affar pedemontano”. A causa dell’attuale crisi economica infatti, che non risparmia certo le terre alte, trova oggi un rinnovato vigore, suscitando l’interesse delle valli di altre regioni come la Lombardia, il Veneto e il Trentino.
Maurizio Dematteis

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