Giannandrea Mencini, “Pascoli di carta. Le mani sulla montagna”, Kellermann Editore
2021, 208 pp., 16 euro

Ingenti sussidi della Pac (Politica agricola comune) sono assegnati ogni anno agli allevatori della pianura e dei fondovalle a discapito dell’allevamento di montagna e della qualità dei pascoli alpini. Accade in Italia dal 2003 e, sebbene negli anni abbia acquisito dimensioni preoccupanti, è un problema pressoché ignorato dal grande pubblico. Ci sono le truffe della “mafia dei pascoli” ai danni della UE dei Nebrodi, che vedono coinvolte oltre cento persone tra mafiosi e colletti bianchi; e ci sono le vicende dei “Pascoli d’oro” in valle d’Aosta, dove ad esempio un allevatore della provincia di Brescia percepiva ingenti aiuti pubblici dalla Regione Lombardia per portare il proprio bestiame in Vallée, pur non essendosi mai fatto vedere da quelle parti.
Un’indagine a tutto campo su temi scottanti è quanto emerge dal racconto del giornalista Giannandrea Mencini nel suo ultimo libro “Pascoli di carta. Le mani sulla montagna”, edito da Kellermann, recentemente classificatosi secondo nel Premio Letterario Leggimontagna 2021. Un libro d’inchiesta su un fenomeno che, seppur con connotazioni differenti, è diffuso in tutto il Paese. Con il suo viaggio nelle montagne italiane Mencini ci racconta di preoccupanti fenomeni speculativi, se non malavitosi, a discapito della conservazione e del miglioramento dei pascoli e delle strutture connesse, di un vero e proprio attacco alla sostenibilità nel lungo periodo di questi complessi e delicati sistemi territoriali. L’inghippo sta nell’uso distorto dei fondi europei della Pac che con la riforma del 2003 sono gestiti diversamente rispetto al passato. Attraverso il cosiddetto “disaccoppiamento” degli aiuti diretti all’agricoltura, i contributi di sostegno al reddito ora vengono assegnati direttamente al produttore e non al prodotto. Tutto ciò accade in base ad un astruso metodo di conteggio dei “diritti all’aiuto” o meglio “titoli” posseduti dagli agricoltori. Un fatto in sé apprezzato in un primo tempo dal mondo ambientalista per la possibilità di sostenere coltivazioni e allevamenti estensivi, a discapito dell’intensivo. A prima vista pareva un contributo a tutto vantaggio della difficile permanenza degli allevatori in montagna, ma negli anni ha mostrato come sia possibile usare i fondi europei in modo surrettizio, per compiere raggiri al limite del legale se non addirittura vere proprie truffe ai danni dello Stato.
Le perversioni innescate dalla Pac tramite gli aiuti diretti agli agricoltori hanno avuto come conseguenza che certi allevatori di montagna si sono ritrovati con titoli che non valevano niente, ma non solo. Negli anni quegli stessi allevatori si sono trovati senza pascoli sui quali appoggiare i loro crediti finendo per perdere i relativi contributi,  costretti ad osservare inerti gli allevatori di pianura che alcune volte portano in vacanza qualche manza dopo un lungo viaggio in camion. La grande molteplicità di situazioni raccontate da Mencini è una pacata, ma chiara denuncia di una situazione che in molti abbiamo provato a contestare ma che al momento non vede prospettive di cambiamento, così come sarebbe necessario.
Vanda Bonardo