Il 15 dicembre 2019 quattordici valli delle province di Cuneo, Torino e Imperia hanno festeggiato il ventennale dell’approvazione della legge 482/99 che ha inserito la lingua occitana tra i dodici idiomi storici presenti sul suolo italiano. La legge, richiamandosi all’articolo 6 della Costituzione che tutela le minoranze linguistiche, ha reso legale l’insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali di minoranza nelle scuole del territorio, sostenendo iniziative per il suo rilancio. La sua approvazione è stata l’esito di mobilitazioni autonomiste che hanno accompagnato buona parte degli anni Settanta, spinte soprattutto dall’azione politica di François Fontan, fondatore nel 1967 del Movimento Autonomista Occitano che vedeva nell’antica lingua d’òc l’elemento unificante le quattordici vallate.
Nei decenni seguenti la mobilitazione occitanista è stata compromessa da un forte spopolamento: Macra in val Maira è passata dai 1048 abitanti del 1901 ai 55 del 2010; Argentera in valle Stura è passata in un secolo da 912 a 78; Rittana in val Grana da 1411 a 140; Oncino in valle Po da 1699 a 81. Qualcosa è cambiato grazie al sostegno dalla legge 482/99: si sono infatti sviluppati un turismo e una cultura “di minoranza” che hanno reimpiegato anche gli stessi militanti occitanisti trasformandoli in ristoratori, rifugisti, musicisti, guide. Questi hanno avviato un’opera di recupero, reintroduzione e in alcuni casi anche di parziale creazione di un’identità occitana unitaria capace però di restituire un “noi” a una popolazione pressoché scomparsa e ai suoi figli e nipoti emigrati altrove. Simboli e iniziative culturali oggi sono diffusissimi sul territorio e in molti casi sono una presenza recente in cui però la maggior parte degli abitanti storici sembra riconoscersi. Anche se i tempi del Movimento Autonomista Occitano sono lontani se non tramontati per sempre, l’Occitania italiana regala una legittimità forte, disegnando un paesaggio alpino nuovo e allo stesso tempo antico, capace di generare un orgoglio di appartenenza diffuso e transgenerazionale che si afferma attraverso bandiere, simboli, feste, processioni, danze in piazza, musiche, iniziative culturali lontane dal semplice folklore per i turisti di Ferragosto. E in molti paesi, come per esempio a Ostana in valle Po, la popolazione ha ripreso lentamente a crescere, trainata da un recupero urbanistico che ne ha fatto un esemplare laboratorio di architettura alpina contemporanea. Nuovi montanari, spinti dal desiderio di allontanarsi dai centri urbani, di cambiare vita e forse anche dalle difficoltà seguite alla pandemia da coronavirus, sembrano oggi affacciarsi nelle quattordici vallate alpine dell’Occitania italiana.
E in tempi di “piccole patrie” e sovranismi il mito occitano può forse rappresentare una via diversa per ricostruire una comunità e restituire dignità a uno dei tanti territori “del margine” di cui l’Italia è composta, invertendo la tendenza all’abbandono delle terre. Un paradosso alpino.
Emiliano Negrini
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Da ladino di origini, complimenti
Belle foto