«Abito qui da dieci anni e a un certo punto ho cominciato a provare un po’ di fastidio se non di rabbia verso questa filosofia degli intellettuali per cui la montagna è un ritiro, anche dalla vita pubblica, anche dall’impegno. In questa montagna vengono un sacco di persone insospettabili: editori, giornalisti, intellettuali. Ma qui non fanno nulla, perché questo è il posto in cui si riposano. E a me tutto questo sembrava molto ingiusto. Anche io ho avuto veramente tantissimo da questa montagna, non ultimo il libro che ho scritto e che mi ha cambiato in meglio la vita. Ho pensato di darle qualcosa in cambio. Ho pensato che quello che potevo fare era portare qui qualcosa di bello».
Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017 con “Le otto montagne” (Einaudi), racconta così la nascita dell’idea di realizzare la tre giorni del Festival “Il richiamo della foresta”, capace di portare più di tremila persone nei prati e nei boschi di Estoul, piccola frazione di Brusson, in Val d’Ayas, dal 21 al 23 luglio di quest’anno. Un pubblico di amanti della montagna e dell’ambiente, affascinati dalla “decrescita” e dal chilometro zero che grazie all’impegno di Comune e Proloco di Brusson, Regione Valle d’Aosta e Associazione Urogalli, piccola realtà nata nel gennaio di quest’anno dall’incontro di interessi di cinque amici, due torinesi, due milanesi e un valdostano, hanno animato le montagne valdostane con tende, bambini, cani e tanta voglia di capire la montagna, tra dibattiti nella tensostruttura, balli e concerti all’aperto, attorno al grande palco allestito per l’evento.
Nella mattinata di sabato 22 luglio, nella radura del Pian dell’Orgionot, l’Associazione Dislivelli ha organizzato il partecipato incontro su “I nuovi montanari”, con Federico Chierico, biellese di nascita, che insieme a tre amici (due valligiani e un biellese) ha messo in piedi un’azienda agricola in alta valle del Lys, dove si coltivano varietà antiche di ortaggi, con una accurata ricerca e tutela di decine di patate “in via d’estinzione”, provenienti da diverse aree alpine; Bruno Morella, originario di Genova e laureato in agraria a Torino, che ha deciso di andare a vivere in Valle Varaita con la sua compagna, e prendere in gestione un nuovo rifugio, tutto da inventare, il Meira Paula, frutto del recupero di un edificio rurale abbandonato; Doris Femminis, di Cavergno, nella ticinese Val Bavona: infermiera psichiatrica che ha allevato capre in montagna per otto anni, raccogliendo testimonianze e racconti della civiltà contadina che ha fatto confluire nel suo intenso romanzo “Chiara cantante e altre capraie”; Aliou Barça Sabaly, senegalese diplomato in lingue e fuggito dalla deriva integralista in atto nel suo Paese: arrivato come richiedente asilo in Val di Lanzo due anni fa, in seguito a ricollocazione provvisoria in attesa del riconoscimento come rifugiato, oggi una delle voci del Coro Moro, ensemble di immigrati stranieri che cantano in piemontese, con una originale contaminazione tra ritmi africani e tradizione canora alpina.
Un incontro importante e partecipato, che ha mostrato come il fenomeno dei nuovi abitanti della montagna sia una realtà complessa e con molte sfumature.
Maurizio Dematteis