E’ scontro sulla proposta di una nuova legge quadro dei parchi. Dopo 26 anni dall’approvazione della rivoluzionaria legge n. 394/91 che istituiva in Italia i parchi nazionali e le aree protette, il 15 marzo la Commissione Ambiente della Camera ha licenziato per il dibattito alla Camera una nuova proposta di riforma.
Da più parti si chiedeva una profonda revisione della legge quadro che, seppur giudicata da tutti un provvedimento di grande respiro, necessitava sicuramente di vari aggiustamenti. Le modifiche approvate dal Senato lo scorso anno hanno però visto la fortissima opposizione del movimento ambientalista, che ha ritrovato l’unità con il coinvolgimento di ben 16 associazioni e la pubblicazione del documento “Aree protette, tesoro italiano”. «Il rilancio del sistema – si legge nel documento – non può che avvenire riponendo al centro il tema della conservazione della natura nel contesto delle sfide globali contemporanee, al quale anche le aree protette sono chiamate a contribuire». E tutto questo è compito dello Stato. Al contrario, le modifiche già apportate alla legge spingono le aree protette sempre di più sotto il controllo degli enti territoriali e quindi, inevitabilmente, delle politiche e degli interessi che li governano. Non v’è dubbio che gli Enti locali debbano attivamente partecipare alla gestione di un’area protetta, ma allo stesso tempo lo Stato non deve recedere rispetto alle sue competenze costituzionali».

Tale documento riportava diversi suggerimenti per una buona riforma della legge, solo in piccola parte presi in considerazione dalla proposta varata dalla Commissione Ambiente della Camera. Secondo Ermete Realacci, presidente della Commissione, tra i punti qualificanti la proposta c’è la reintroduzione del piano triennale, uno strumento di programmazione nazionale per tutto il sistema, la selezione pubblica per la nomina dei direttori dei parchi nazionali e requisiti più rigorosi per la scelta dei presidenti, l’entrata nei consigli direttivi degli enti parco nazionali di un rappresentate delle associazioni scientifiche e uno degli agricoltori o dei pescatori, il divieto di trivellazioni e della pratica dell’eliski nei parchi.

Completamente diverso il giudizio del Wwf che sottolinea come «mentre la legge 394/91 nasceva da una visione e dalla necessità di garantire un futuro ai parchi nazionali, il disegno di legge licenziato consegna i parchi in mano ai poteri locali, esponendoli al rischio di politiche clientelari che potrebbero portare alla subordinazione della natura a logiche di corto respiro». Dello stesso parere Carlo Alberto Graziani, già presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, secondo cui «stiamo assistendo a una progressiva banalizzazione del ruolo delle aree protette… Si rischia così di annullare il loro autentico ruolo, che è quello di esprimere e di tradurre in concreto una visione alta dei problemi che riguardano il territorio e la conservazione della natura».
Vedremo quale sarà l’iter parlamentare. Certo è che in questi decenni si è perso completamente il respiro innovatore e di grande lungimiranza che all’inizio degli anni novanta ha visto nascere politiche e indirizzi per il futuro del patrimonio naturale e del nostro territorio.
Stefano Camanni