La ricerca novalp, “Nuovi abitanti nelle Alpi”, portata avanti dall’associazione Dislivelli nel corso del 2012 e in questi primi mesi del 2013, sta per giungere alla sua conclusione. Per dare un primo ritorno agli interessati, in attesa di presentare i risultati finali, attesi per l’estate, i ricercatori di Dislivelli offrono alcuni assaggi dei risultati da loro ottenuti attraverso la ricerca sul campo.
Vale però la pena, prima di presentare questi primi risultati del lavoro, ripercorrere la strada che ci ha portato a indagare il fenomeno migratorio, analizzando la situazione all’interno delle Alpi italiane, al fine di comprenderne e descriverne i protagonisti, cioè i cosiddetti “nuovi abitanti della montagna”.

Una prima indagine su quattro comunità montane del Piemonte (pubblicata nel volume “Montanari per scelta”, a cura di G. Dematteis, ed. F. Angeli, 2011), condotta dalla nostra Associazione nel 2010 e 2011, ha rivelato l’ampiezza del fenomeno dei nuovi insediati in ambiente montano e la sua rilevanza per le politiche di rinascita delle aree marginali alpine.
L’interesse suscitato da questa prima indagine ha suggerito di estendere la ricerca ad altre regioni dell’arco alpino, in particolare in aree che hanno subito processi di spopolamento, abbandono e  degrado che minacciano la conservazione e la fruizione del patrimonio di risorse primarie, ambientali, culturali e paesaggistiche. Così nasce l’idea della nuova ricerca, Novalp, che grazie a un contributo dalla Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino, si propone di analizzare il fenomeno dei nuovi insediati (famiglie, imprese, comunità) negli ultimi anni in alcune aree-campione, distinguendoli in base alle loro caratteristiche  (provenienza, età, attività svolta,  motivazioni ecc) e a quelle delle località di insediamento (accessibilità, dimensioni demografiche, servizi, risorse territoriali, ruolo delle istituzioni locali ecc).
La ricerca, di tipo esplorativo, è finalizzata ad ottenere una conoscenza preliminare, ma sufficientemente documentata, del fenomeno, suscettibile poi di eventuali approfondimenti. Essa tiene presenti le indicazioni derivanti dalla letteratura internazionale sul tema e si avvale di un’analisi empirica del fenomeno, realizzata a partire dai dati demografici e di contesto disponibili da fonti ufficiali a livello comunale per tutto l’arco alpino.
Lo studio si è concentrato sostanzialmente sull’arrivo recente di nuova popolazione insediata, la cui scelta residenziale si è confermata essere di lungo periodo e proprio per questo ha favorito l’innescarsi di relazioni con i vecchi abitanti, la realizzazione di nuova imprenditorialità o l’inserimento nel mondo lavorativo locale, la partecipazione alla vita sociale e lo scambio culturale.

Il primo passo della ricerca è stato quello di individuare, attraverso i dati demografici, 10 aree alpine “interessanti” dal punto di vista delle dinamiche demografiche. Dopodichè, un volta individuati alcuni “testimoni locali privilegiati”, si è proceduto alla raccolta di informazioni e materiale sulle aree individuate. Terzo step, l’incontro di alcuni “nuovi abitanti”, selezionati sulla base delle categorie maggiormente rappresentative.

Per dare un primo ritorno agli interessati, in attesa di presentare i risultati finali della ricerca, i ricercatori di Dislivelli offrono la sintesi di alcuni risultati da loro ottenuti attraverso la ricerca sul campo. Cominciamo dalla Val di Susa, dove si legge tra gli appunti: “Le analisi demografiche condotte in valle di Susa mostrano come negli ultimi dieci anni la valle registri un tendenziale aumento della popolazione intorno al 6%. Questo valore complessivo si differenzia però molto all’interno del territorio stesso: nei centri principali di alta e media valle si registra un sensibile aumento della popolazione (Bardonecchia, Oulx e Susa), stesso segno positivo anche nei comuni di bassa valle più a contatto con la metropoli torinese ma dove si può già godere di uno stile di vita diverso, a contatto con la natura. Interessante, anche se ancora circoscritta nei numeri, la tendenza in positivo che si registra in alcuni comuni di media e alta valle, nei quali, pur rimanendo fuori dai tradizionali circuiti turistici, la presenza di specifiche risorse territoriali locali è risultata in grado di attrarre nuova popolazione.
Nei territori interni di media valle, invece, meno connessi e più difficilmente raggiungibili, si evidenzia un continuo calo demografico.
In relazione a questa situazione si può evidenziare, in linea generale, un mutamento demografico correlato a due movimenti: un primo movimento interno alla valle, dovuto allo spostamento di popolazione verso i centri che offrono maggiori servizi in termini culturali, sociali, economici in rapporto a un costo della vita più contenuto; un secondo movimento determinato dall’arrivo di nuovi abitanti provenienti da territori “altri”: in primo luogo, territori urbani, essenzialmente quelli della vicina corona metropolitana di Torino, in secondo luogo da paesi extraeuropei o recentemente entrati a far parte dell’Unione europea”. (Federica Corrado)

Situazione differente per quanto riguarda la Valle Gesso, una valle in cui: “Oggi l’emorragia di popolazione sembra essersi arrestata o quantomeno aver rallentato di molto. Sembra. Infatti per ottenere una fotografia reale della situazione, occorrerebbe sottrarre, dal numero dei residenti che risultano iscritti all’anagrafe, la cifra degli intestatari di seconde case, piuttosto numerosi in tutti e tre i comuni della valle (basti pensare che Entracque conta un 80% di seconde case disabitate per buona parte dell’anno – dato fornito dal Sindaco del paese). Inoltre alcuni dei residenti riportati dall’anagrafe hanno semplicemente ereditato una casa in paese, ma in realtà vivono altrove. Come ha efficacemente sintetizzato una signora di Roaschia: ‘Qui gli abitanti aumentano solo sotto terra: i roaschini muoiono lontano e vogliono essere seppelliti in paese. Così al comune tocca pure spendere per ingrandire il cimitero’. In base a quanto appena detto, va dunque assunto con un occhio critico il numero degli effettivi dei tre comuni, omogenei anche sotto l’aspetto della marginalità (molto debole), dell’isolamento (debole), dell’autonomia funzionale per attività minime (standard) e dell’autonomia funzionale per attività superiori (in tutti e tre i casi, debole). Volendo riassumere in poche righe la situazione di Roaschia, Valdieri e Entracque si può dire che si tratta di tre paesi tuttora in fase di leggero decremento demografico, con una significativa differenza: Valdieri e Entracque, insieme, riescono a mantenere (a fatica e per il momento) i numeri minimi per tenere aperte le scuole dell’infanzia, elementari e medie, due uffici postali, due farmacie e un certo numero di esercizi e servizi legati al settore turistico. Solo la posta è invece presente a Roaschia, paese con un’età media molto più elevata degli altri due (59 anni contro i 46 Valdieri e i 47 di Entracque) che si configura come una località ‘dormitorio a basso prezzo’ per chi lavora altrove, un paese che nemmeno in estate riesce a offrire impiego ai residenti nel settore turistico: la frequentazione dei villeggianti è infatti diventata irrisoria a Roaschia, il cui paesaggio è stato irrimediabilmente compromesso dall’avanzare dei lavori delle cave della Buzzi Unicem. […] I nuovi abitanti per scelta sono i soggetti più propositivi nel panorama locale, sia dal punto di vista economico che culturale. Hanno un approccio critico e innovativo nei confronti del luogo che hanno eletto a loro dimore. Infatti la scelta consapevole di trasferirsi “fa problema” a chi la intraprende, che è messo continuamente di fronte ai motivi che lo hanno mosso e lo spingono a rimanere in montagna. Tutti gli intervistati vengono da città di pianura o di mare: trasferirsi in Valle Gesso ha consentito loro di fare un “giro largo” e di confrontare le proprie realtà d’origine, alle quali spesso tornano, con la destinazione alpina scelta come tappa o come fermata definitiva della loro vita. Questo continuo raffronto è uno stimolo a interpellare la montagna, per cavarne sempre nuovi spazi di significato e d’esistenza. L’occhio del forestiero riesce a meravigliarsi di ciò che vede e che ai locali sembra ordinario e a trasformarlo in opportunità: riesce a immaginare nuove gestioni di vecchi esercizi (al di là delle interviste, numerose attività commerciali e ricettive sono state aperte in valle da forestieri o con la partecipazione di forestieri) oppure a vedere in aspetti consueti del paesaggio e della cultura locale elementi da valorizzare. Come il poeta dallo sguardo duplice, in limine tra realtà e immaginazione, del Leopardi dello Zibaldone, anche il nuovo abitante per scelta, venuto da fuori per restare, «vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono di una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono”. (Irene Borgna)

In Val Tanaro e nelle Valli dell’imperiese: “Partendo dall’analisi dai dati demografici e di contesto disponibili da fonti ufficiali, sono stati individuati due comuni in Valle Tanaro (Bagnasco e Garessio) e uno nelle valli dell’Imperiese (Chiusavecchia), selezionati in base al loro trend demografico significativamente positivo.
La Valle Tanaro, da una prima analisi di dati e informazioni raccolte, si caratterizza per l’attrazione di un alto numero di Necessitati (persone la cui scelta insediativi non è legata ad alcuna particolare specificità dell’ambiente naturale, produttivo, sociale o culturale della montagna, ma è soprattutto dettata dalla necessità di ridurre i costi della casa e della vita e di raggiungere facilmente un posto di lavoro qualsiasi nei dintorni), e in specifico immigrati che arrivano da paesi non europei. Segue, ma a forte distanza, la classe degli integrati, e nello specifico degli anziani originari che ritornano una volta finita la carriera professionale in città. Sono praticamente assenti le categorie dei Produttori e quella degli Innovatori (per la definizione delle classi vedi “Montanari per scelta”, a cura di G. Dematteis, ed. F. Angeli, 2011).
Per quanto riguarda le valli dell’Imperiese, accanto a una forte presenza di Necessitati (in specifico anche qui immigrati che arrivano da paesi non europei), si segnalano dei numeri non irrilevanti di Abitanti giovani (spesso pendolari che lavorano in riviera), Produttori e Innovatori”. (Maurizio Dematteis)

Per quanto riguarda invece le aree venete di Val Morel, Agordino, Zoldano e Cadore, “il primo approccio, a partire dal bellunese, è quello di un sistema, nella sua complessità, problematico. Così come indicato da alcuni amministratori locali la crisi sistematica del sistema dell’occhialeria e del turismo, legati a storie differenti, contraddistinguono i diversi luoghi per grandi problematiche legate al lavoro (occupazione e imprenditoria). Il sistema economico per molti anni è stato, ed è tuttora, contraddistinto da mono-economie, che hanno segnato il destino dei territori nelle ultime decadi al punto di rendere oscuro un percorso di uscita. A questo si associa la crisi del sistema amministrativo locale: una Provincia commissariata distante dal territorio, le politiche regionali carenti di ‘montagna’, la debolezza delle amministrazioni locali, il refrain delle Comunità Montane (qui avviate in un percorso di trasformazione verso l’unione di comuni).
Ma interessanti segnali di cambiamento emergono proprio dall’oggetto di studio di NovAlp: il carattere del nuovo abitante. L’ambivalenza del termine ‘carattere’ in questo caso è molto efficace, in quanto, oltre alla diversità delle esperienze dei nuovi abitanti, dall’allevamento in Val Morel, ai servizi del Comelico, un aspetto comune degli interessati è proprio l’entusiasmo e il carattere da cui deriva. Tutto riflesso nell’invenzione e la proposizione di lavori nuovi, neanche sempre ‘tradizionali’, basati spesso su settori anticiclici o aggrappati a nicchie di mercato, valide alternative ai settori prevalenti in crisi. Questo entusiasmo deriva sia dai cambiamenti radicali degli stili di vita, sia dalle possibilità di realizzazione delle proprie idee progettuali, in alcuni casi difficilmente realizzabili in una grande città o al di fuori dell’ambiente alpino. Le esperienze di vita (e di lavoro) delle diverse persone sono molto diverse tra loro, dall’appassionato sportivo oggi gestore di rifugio a liberi professionisti e intellettuali impiantatisi in montagna, ma c’è un punto di contatto di questo entusiasmo ed è proprio raffigurato dalle possibilità  finora offerte dalla montagna. Ci si potrebbe chiedere se tale entusiasmo non sia frutto di ingenuità derivata dallo scarso radicamento, se non di inesperienza. Ma così non è, perché ci sono i casi di persone già radicate da tempo e ci sono casi recenti con occupazioni ed attività già piuttosto ramificate sul territorio, o il multilavoro (e multiresidenza alla Perlik).
Nell’agordino incontriamo un gestore di rifugio, giovane sportivo non di professione, da Treviso ha trovato lì la sua dimensione ideale, riflessa nello stretto contatto con la montagna, le attività che propone per il rifugio, le innovazioni pensate e progettate (l’osservatorio astronomico e le attività per turisti scoperti astrofili), la necessità di impegnarsi anche fisicamente per la riuscita del progetto di vita.
Casi molto diversi in Val Morel, in cui è molto radicato il settore primario (allevamento e settore lattiero caseario), in cui alcuni nuovi abitanti portano idee nuove nella trasformazione dei settori tradizionali: dai capi di allevamento e la biodinamica, all’agriturismo gestito da intellettuali, inseriti nella rete slow food per la coltivazione del fagiolo Giàlet.
Un particolare che accomuna queste prime esperienze è anche il relativo carattere di connessione con le zone urbane di pianura: per niente isolati dal contesto che li circonda, il caso della Val Morel – a 15 minuti d’auto da Belluno – è esemplificativo di come si possa vivere fuori dalla città senza fare a meno della città e delle sue attività. Anzi: tutto sommato vivendo ancora meglio tale rapporto, avendo a disposizione mondi di diverso tipo.
Classici innovatori nello Zoldano, amenity migrants che – con forme di multi-residenza e multilavoro – affrontano il tema della trasformazione delle realtà locali da più punti di vista. Dai corsi di lingua associati alle attività di alpinismo in una società gestita da una coppia di stranieri (lei ex-architetto di Londra, lui ex-guida alpina in Catalogna), allo sfruttamento ed il recupero della borgata di Colcerver, qui si piuttosto isolata, disabitata negli ultimi trent’anni, tornata a vivere con 6 nuovi residenti,villeggiatura estiva, un bed and breakfast inserito nei circuiti internazionali, gestito da persone che pur vivendo lì hanno attività in altre grandi città. E la borgata potrebbe trasformarsi, nel tempo, in nucleo abitato con l’aumentare della popolazione, la costruzione dell’acquedotto e la fornitura di servizi di base.
Il tema della nuova occupazione, della riconversione imprenditoriale e dei servizi – e l’assistenza sociale – accomuna i casi individuati nel Comelico delle Regole, in cui compare il caso emblematico dei nuovi abitanti immigrati africani della primavera araba, i problemi posti dall’integrazione con le persone ma anche la versatilità del territorio – e degli amministratori locali – ad assorbire l’evento all’interno delle dinamiche locali. Si formano alcune nuove famiglie, si plasma una nuova realtà non tanto prova di identità, quanto di coesione e capacità di saper costruire, dall’interno, un futuro. (Alberto Di Gioia e Erwin Durbiano)