Quando ero studente universitario e vivevo in Liguria, in una città di mare, spesso e volentieri, specialmente nella stagione invernale e pronto al weekend di festa, aspettavo il mio leopardiano “venerdì del villaggio”. Ripercorro oggi quel mio immaginario sulle montagne: luogo innevato e maestoso ma allo stesso tempo panoramico e tranquillo, ambiente di incontri, anche tra terra e cielo, dimensioni e forme distanti dalla visuale appenninica o dalla linea orizzontale blu… anch’essa tra terra e cielo. Nelle più comuni interpretazioni dei sogni e della cabala “scalare una vetta e raggiungere una cima” significa speranza di punti di vista migliori o raggiungere un obiettivo, ma “dimensioni e forme delle montagne” indicano quantità di difficoltà e sforzi necessari per superare gli ostacoli.
Sono passati quasi ventinove anni, oramai, dalla mia scelta di vivere a 1100 mt sopra il livello del mare nelle stupende e contraddittorie montagne dell’Alta Valle di Susa, terra di itineranti che attraverso il Monginevro passavano dalla pianura del Rodano a quella del Po, luogo di incontro tra le genti, centro di scambi con “culture di passaggio”. Augusto, Caligola, Costantino: un’occupazione romana che fece di Oulx un centro con edifici pubblici per i servizi, un corpo di polizia attrezzato per la vigilanza stradale, piccoli cenobi per pellegrini e missionari, un osservatorio per combattere il brigantaggio e poi… Goti, Unni, Longobardi e Franchi fino ad arrivare al grande Escarton, a Carlo VIII e saltando di oltre 200 anni al Trattato di Utrecht… una storia che a conoscerla bene rischia di ripetersi ciclicamente.
E’ una storia fatta di rapporti tra montagna e luoghi di pianura dove i temi del benessere e della ricchezza poco si coniugavano con la reciprocità degli scambi, erano anzi finalizzati al tema del “consumo”. Un rapporto e delle relazioni ancora fortemente sbilanciate che oggi non riescono completamente a declinarsi attraverso un principio di pari opportunità.
L’antropologo Bateson può aiutarci in questa riflessione se facciamo riferimento al modello cibernetico studiato negli anni ‘50, all’idea di descrizione delle interazioni umane, quindi tra popoli e genti anche di territori differenti attraverso i concetti di comportamento “simmetrico” o “asimmetrico” (detto anche “complementare”). I modelli di società da lui analizzati (per noi i territori) ruotavano intorno a due tipi di forze: una che spingeva verso schemi di progressivo antagonismo (per noi la contrapposizione tra montagna e città) mentre l’altra sosteneva adattamento, compromesso e coesione sociale (per noi il modello solidaristico con politiche convergenti di sviluppo condiviso). Se noi proviamo a sposare questo secondo percorso montagna e città possono essere visti come una “totalità” (termine coniato dalla scuola di Palo Alto) e non come l’unione di due “entità differenti”.
Oggi è molto difficile concretizzare questa “totalità” perché avremo un vero cambiamento di paradigma solo nel momento in cui i punti di partenza saranno resi adeguatamente equivalenti secondo parametri condivisi. Nel rapporto tra montagna e città, la montagna è perdente nel momento in cui le statistiche, le analisi con curve di gradimento su beni e servizi tengono conto solo dei numeri riferiti alle popolazioni e non partono anche dalle specificità dei territori, dalle densità di popolazioni, dalla valorizzazione dei piccoli numeri.
Un passo in avanti viene sicuramente fatto nel momento in cui si provano a decostruire i luoghi comuni e gli stereotipi presenti nelle nostre “entità differenti”: il turista è un agrume da spremere, il turista è solo un consumatore di suolo, la montagna sfrutta i flussi monetari della città e la città ruba l’acqua alla montagna… e così via!
Un ulteriore passo in avanti viene fatto quando si riconoscono le peculiarità dell’entità “altra”. I flussi di mobilità sono indicatori di valorizzazione dei territori: le frequentazioni dei turisti torinesi, le forniture di beni di funzionamento e di servizi resi da parte della città, la monetizzazione dei flussi idrici per i paesi di montagna, la ricerca e lo sviluppo di nuove architetture di montagna o economie di montagna su modelli già sperimentati e ripetibili.
Lo scambio è alla pari o meglio è simmetrico nel momento in cui tutti i soggetti attori vengono messi in condizioni adeguate per partecipare attivamente al sistema “totalità” ed in questo la montagna ha ancora tanta strada da fare ma soprattutto alcuni servizi essenziali da riconquistare. C’è quindi bisogno di una forte inversione di tendenza proprio sul tema dei servizi al cittadino: trasporti, sanità, istruzione e cultura non devono rimanere degli slogan da declinare in lunghi e noiosi convegni. La vita della montagna e la forza della montagna nel rapporto con la città passano prioritariamente attraverso il presidio solidale fatto di una banda ultra larga distribuita su tutti i territori frazionali e borgatali oltre che sulle piste da sci. Le risorse investite sui territori montani devono necessariamente coprire le situazioni di mobilità critica (via terra o satellitare) nel campo dei collegamenti con strutture ospedaliere, uffici postali, luoghi di aggregazione, centri di connessione con trasmissione dati.
Abbiamo ormai passato più di metà del cammino tracciato dall’ex ministro Barca, referente per la coesione territoriale, firmatario del progetto 2014-2020 per lo sviluppo dell’Italia dove si coniugavano contestualmente il tema della città e dei territori montani, i primi come centri di propulsione per l’innovazione produttiva ed i secondi come centri di riscatto della qualità dell’azione pubblica in un sistema di politiche rivolte a cercare produttività per reciproci vantaggi.
Ma la strada è ancora lunga, buon lavoro a tutti noi.
Paolo De Marchis, Sindaco di Oulx (To)