L’avvio dei lavori sulla strategia di gestione della Macroregione alpina (Eusalp) ci permette di svolgere osservazioni importanti da sottoporre ai decisori, nazionali e europei, che stanno lavorando sul tema. La Macroregione alpina andrà ben oltre il territorio delineato nella Convenzione delle Alpi e interesserà i vasti spazi delle grandi pianure, bavarese, francese, la padana e le metropoli quali Monaco, Vienna, Lione, Milano, Torino. 70 milioni di abitanti. Non vi è dubbio alcuno che le Alpi corrano il rischio di essere travolte dal potere politico ed economico di queste terre abitate da decine di milioni di abitanti, di trovarsi marginalizzate e private di potere reale nella discussione delle linee strategiche che saranno adottate. Nel suo ultimo libro “Kill Heidi. Come uccidere gli stereotipi della montagna e compiere finalmente scelte coraggiose”, Sergio Reolon, un amministratore pubblico recentemente scomparso, ci invita a costruire un nuovo patto sociale che ripensi i rapporti fra le aree urbane e quelle rurali, fra la città e la montagna, anche arrivando ad uccidere Heidi, afferma.
Tutti insieme, con grande assunzione di responsabilità, anche da parte di chi vive le aree urbane, dobbiamo ripensare la montagna al di fuori degli stereotipi di Heidi, con cruda realtà. La qualità del territorio alpino e della vita di chi lo abita ha ripercussioni dirette sulla qualità del vivere e sulla sicurezza nelle grandi metropoli. Una montagna curata, ben gestita, ricca di biodiversità, offre servizi strategici a chi vive nelle pianure: ricreazione e aria pulita, diversità naturale e paesaggistica, prodotti genuini ma anche sicurezza e tenuta del territorio. Ma chi li svolge questi lavori? E qualora svolti sono sufficientemente remunerati?
Se dalle città si impongono, come sta avvenendo, ragionamenti puramente ragionieristici, basati sul taglio delle spese dei servizi, è evidente che la montagna è destinata a soccombere e votata all’abbandono. Una montagna viva, capace di offrire identità, cultura, innovazione, sviluppo di economie forti deve presentare ai suoi residenti, specialmente ai giovani, servizi efficienti e sicuri sui temi della mobilità, della formazione scolastica e professionale, dell’offerta di salute. Certo, questi servizi offerti a territori scarsamente abitati e diffusi nelle vallate hanno costi di gestione alti. Ma se vogliamo che le connessioni culturali e sociali fra abitanti delle montagne e dei grandi centri urbani abbiano un futuro dobbiamo portare equilibrio nei diritti di cittadinanza propri anche di chi sceglie di vivere le terre alte. Chi conosce la montagna appenninica comprende queste riflessioni, ha presente cosa significhino chilometri quadrati di spazi montani abbandonati dallo Stato e vissuti dai cittadini solo come svago dei fine settimana. Mille tragedie, dalle alluvioni in Liguria a quanto sta avvenendo nell’Italia centrale stanno a dimostrare il fallimento delle politiche statali rivolte alla montagna. Grazie alla Macroregione le Alpi hanno ancora un’opportunità per sottrarsi ad un destino tanto fragile.
Perché questo avvenga è necessario che il mondo politico investa in umiltà e capacità di ascolto, che sappia investire in modo diffuso su progetti di integrazione delle diverse economie che caratterizzano le terre alte, turismo, agricoltura, specificità, ambienti naturali. E’ anche necessario, in tempi brevi, ritornare a potenziare i servizi sui territori. In assenza di servizi primari anche il turismo è destinato a fallire. Lo dimostrano spazi di bellezze incredibili come le Dolomiti bellunesi, la Valtellina. La montagna, se si esclude la strategica banda larga, non ha bisogno di connessioni veloci: né ferroviarie né stradali. Chi vive in montagna si riappropria di lentezze strategiche ricche di qualità, di tempi adeguati al vivere e al pensare, all’osservare per comprendere le mille complessità della natura che abita. Ha bisogno di certezze, di coordinamento, ha bisogno di attenzioni specifiche e di investimenti che creino nuove opportunità lavorative. Questo appello non è una richiesta di isolamento, anzi. Ne siamo consapevoli, un simile progetto lo si costruisce insieme, condividendone i passaggi con chi abita le metropoli, con le esigenze di una agricoltura ormai industrializzata e di chi nei fine settimana deve scappare, per ritornare a respirare naturalità. C’è bisogno di una politica del confronto che abbatta le scelte imposte nel secolo scorso: speculazioni, case turistiche, grandi infrastrutturazioni ed un consumo di suoli pregiati, anche nelle vallate più periferiche, oggi insostenibili. C’è bisogno di investimenti nel riportare vita ai corsi d’acqua e gestioni più lungimiranti dei beni forestali, di superare le rapine dei suoli, di reinvestire in paesaggi che non possono andare perdute, si pensi ai terrazzamenti, ma non solo. Tutti assieme possiamo quindi rivedere il ruolo delle montagne, partendo dalla responsabilità di chi le abita per incrociare i desideri di chi vive le pianure europee. Il percorso deve essere reciproco: le scelte politiche delle città non possono più erodere le culture, i beni comuni e le forme di vita presenti nelle Alpi.
Luigi Casanova