Lo stereotipo, cioè il tipo con lo stereo appoggiato tra spalla e orecchio, non l’ho ancora incontrato, ma credo sia un abitante del luogo comune, territorio vastissimo tra i panorami della mente, popolatissimo, nonostante che quasi tutti, in gioventù, fossero stati ammoniti a non caderci dentro.
Tentando di elevarne topografia, mi pare che il luogo comune sia fatto a imbuto. È un vorticoso mulinello, un gorgo che inghiotte i relitti della mente, ma sui monti assomiglia a una conca, una placida dolina per chi conosce il fenomeno carsico; è un posto comodo, protetto dal vento, chiuso alla fantasia di guardare oltre il bordo. Lì han ragione tutti e l’eco suscitato lo conferma.
L’intenzione di approfondirsi c’era stata, ma ormai s’è intasata di fango comune rendendo il fondo solido di consenso, propizio a chi ci vuole campeggiare, vendere panini e ascoltare la musica in voga. Ogni scopo si fa vago, girando nel luogo comune.
Dov’è l’opposto del luogo comune?
Va cercato nel rischio? Nell’eccezionale, lo straordinario? Forse un tempo, quando in montagna allignavano lo yeti e il superuomo. Ma ormai è un ricordo, il logo comune “no limit” l’ha spianato alla comunicazione; si fa spesso finta di parlare inglese nei luoghi comuni arrembanti, quando senti scampanellare “Ing! Ing!” scansati che il luogo comune sta arrivando, travolgerà anche te, tra uccelli, canyon e sentieri.
Le lotte fra luoghi comuni sono eterne, ottuse, estenuanti e non indicano la via per uscire né dall’uno né dall’altro. A tal scopo suggerisco piuttosto l’attenzione per i luoghi scomunicati. Luoghi non proibiti, ma mai incoraggiati che danno una leggera orticaria a chi gestisce le liturgie pensate per grandi masse di fedeli. Giocare alla morra è un luogo scomunicato.
In montagna lo è sciare con la luna piena, al riparo dalle fotografie, e altrettanto vale interessarsi alle tracce dell’antichità, della sua cultura, normalmente avvolte da rovi e cespugli, o nelle nebbie dei ricordi lontani.
Luogo scomunicato è stato arrampicare con le scarpette quarant’anni fa col Circo volante e oggi continua a esserlo il voler ragionare in parete di intelligenza motoria anziché di forza. Chi li cerca finisce per trovare questi luoghi; per mia disavventura, ancora imberbe, caddi nella speleologia che resta la madre di tutte le scomuniche, luogo lontano dal sole e dai soldi, dove per diventare un luogo comune una stalattite deve gocciolare per diecimila anni e chi la guarda se ne meraviglia pure, come d’un fuoco artificiale.
Andrea Gobetti
Limpido croccante tagliente e pericoloso, come un lago ghiacciato.
Bellissimo
Andrea, sei forte! L’idea dei luoghi scomunicati è formidabile. Me ne è venuto in mente uno: non salire mai sulle vette, a meno che ti porti dietro una gomma da camion… (ricordi?) o per altri motivi altrettanto nobili.
Non accettare droga da uno sconosciuto: potrebbe offrirti un passaggio o farti mangiare una caramella. Ciao Andrea, guardale, ma non toccarle le stalattiti sennò smettono di crescere e stai attento ai pipistrelli che si attaccano ai capelli, gli speleo che conosco sono quasi tutti calvi, quelli bravi.