In rete circolano da alcuni mesi gli allarmi dei sostenitori delle medicine alternative e naturali riguardo alla direttiva dell’Unione Europa (European Directive on Traditional Herbal Medicinal Products – direttiva 2004/24/CE) che diventerà operativa il prossimo primo aprile dopo sette anni di transizione, con l’intento di regolamentare l’uso delle piante medicinali, ammettendo la commercializzazione solo delle sostanze che fanno parte di una lista ufficiale, stilata dalla stessa Ue su proposta di produttori e coltivatori.
Secondo decine di pagine web e di messaggi allarmanti che circolano su Facebook ed altri social network, questo provvedimento sarebbe guidato dalle grandi industrie farmaceutiche, che vorrebbero controllare anche questo settore di mercato, uccidendo le medicine tradizionali e – sempre secondo quando si legge su internet – mettere in discussione la nostra libertà di scegliere come curarci.
La produzione di erbe officinali, anche per usi terapeutici, è uno dei settori in maggiore crescita nell’economia montana contemporanea, spesso rappresentato da imprese giovani, con alti livelli di innovazione e creatività. Per questo abbiamo cercato di capire se questi allarmi siano fondati e se ci possa essere una ripercussione sul lavoro delle aziende agricole (o di raccolta) che utilizzano i saperi tradizionali della montagna, rileggendoli in chiave moderna, per la produzione di erbe officinali e medicinali.
Secondo Luca Fasano, fondatore della cooperativa Valverbe, che produce erbe officinali ed aromatiche biologiche in Val Varaita, gli allarmismi sono in gran parte ingiustificati: «Secondo i nostri consulenti scientifici non ci saranno problemi per chi, come noi, produce erbe che si rifanno alla tradizione, ma con alle spalle una solida ricerca scientifica, secondo il principio del ‘primum non nocere’. Invece verranno fermati certi fanfaroni, che lanciano sul mercato prodotti nuovi privi di una ricerca adeguata».
Sullo stesso tono è il comunicato ufficiale della Federazione Italiana degli Erboristi, che sembra ridimensionare gli allarmismi: «Tutto ciò non significa che non dobbiamo vigilare ed eventualmente mobilitarci, affinché la Commissione europea legiferi in maniera da salvaguardare il settore erboristico e quella professionalità che ha distinto soprattutto l’Italia e ha permesso che certe tradizioni fossero tramandate e tutelate» si legge sul comunicato. «Per questo è importante informarsi e muoversi di conseguenza, ma con cognizione di causa e competenza, con informazioni corrette e appropriate».
Se la produzione di erbe officinali tradizionali da parte dei piccoli produttori montani sembra essere salva, diverso è il caso di pratiche terapeutiche naturali, altrettanto tradizionali, ma appartenenti a culture diverse dalla nostra, come la medicina ayurvedica o quella cinese.
Altrettanto problematico sembra il futuro delle erbe medicinali tradizionali meno diffuse, per le quali non esiste un bacino di mercato sufficiente da spingere grandi produttori a intraprendere il costoso percorso di iscrizione nella lista delle piante medicinali permesse.
Giacomo Pettenati